Antigone/Matei: Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia ha riportato il caso di Doina fuori dai circoli viziosi del populismo penale

doina-matei-675-630x257COMUNICATO STAMPA - Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia ha espresso parere favorevole al ritorno in semilibertà di Doina Matei. Questa è veramente una bella notizia, segno di una magistratura forte e non dipendente dalla pancia e dagli umori popolari. Contro di lei sono state espresse parole in libertà, parole pesanti, parole che fanno male, che hanno prodotto un danno sociale, politico, umano e culturale incalcolabile.
Doina Matei era una ragazzina quando è stata condannata a sedici anni di carcere. Una enormità che è più o meno il massimo della pena in quei Paesi che hanno abolito l’ergastolo.  

Il reato contestatole è stato omicidio preterintenzionale (il che significa che si è andati oltre l’intenzione ovvero si voleva ferire ma si è invece ucciso). Ha ucciso una giovane ragazza con un ombrello a seguito di una lite futile. Una morte terribile ma pur sempre una morte esito di un delitto non doloso, ossia non intenzionale. Dopo nove anni di carcere Doina Matei esce per qualche ora al giorno e, forse contravvenendo a una prescrizione formale del magistrato di sorveglianza, posta su facebook una sua foto vicino al mare. A Doina è contestato dunque che ha sorriso al mondo, che non può essere pubblicamente felice.  

La misura alternativa le fu sospesa.  

E’ questo un caso classico di populismo penale che dovrebbe essere studiato nelle università, raccontato nelle scuole di formazione di avvocati e magistrati. Con Doina in quei giorni si è prodotto il circolo vizioso mediatico giudiziario. La giustizia in quelle ore ha rinunciato a essere razionale, lucida. Con la decisione di oggi del Tribunale di Sorvegilanza di Venezia ha invece ripreso a essere ferma e razionale.  

Così come ha affermato papa Francesco, nel suo discorso ai penalisti dell’ottobre del 2014, la giustizia penale degrada spesso a giustizia selettiva, razzista giustificando se stessa sulla base di una patina formale. Il Pontefice ha usato la parola ‘patina’. Mai termine è più appropriato. È quella patina che spesso produce e legittima formalmente ordinanze di custodia cautelari altrimenti evitabili (di cui tanto si parla anche in questi giorni) o mancate concessioni di misure alternative. Contro la patina si è espressa invece la Suprema Corte di Cassazione giustificando con lo stato di necessità il furto da parte di un homeless di un pacco di wurstel in un supermercato.  

Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia ha riportato il caso di Doina fuori dal circoli viziosi del populismo penale.    

Roma, 05/05/2016