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XV rapporto sulle condizioni di detenzione

Sanzioni disciplinari e isolamento

Sanzioni disciplinari e isolamento

Sanzioni disciplinari e isolamento

1024 561 XV rapporto sulle condizioni di detenzione

 

La violazione delle regole in carcere

Esplodono le infrazioni disciplinari e le sanzioni, cresce in particolare l’isolamento e si consolida la prassi dei trasferimenti a seguito di infrazioni disciplinari.

“Negli ultimi cinque anni (2013-2018) gli atti di aggressione sono passati da 2.168 a 3.821 (+76%) e gli atti di aggressione fisica verso le forze dell’ordine sono passate da 387 (nel 2014) a 628 (+75%)”

Sanzioni disciplinari
Le sanzioni disciplinari sono regolate dagli articoli 39 e 40 O.P.. In particolare il primo enumera le sanzioni che i detenuti possono ricevere quando commettono un’infrazione disciplinare: richiamo del direttore; ammonizione, esclusione da attività ricreative e sportive per non più di dieci giorni; isolamento durante la permanenza all’aria aperta per non più di dieci giorni; esclusione dalle attività in comune per non più di quindici giorni. L’esclusione dalle attività in comune è anche conosciuta come isolamento disciplinare ed è la sanzione disciplinare più severa nel nostro sistema penitenziario.
I dati sugli atti di aggressione e sulle sanzioni disciplinari, e in particolare sull’isolamento, presentano un quadro molto allarmante: negli ultimi cinque anni (2013-2018) gli atti di aggressione sono passati da 2.168 a 3.821 (+76%) e gli atti di aggressione fisica verso le forze dell’ordine sono passate da 387 (nel 2014) a 628 (+75%). Non è chiaro cosa influisca sull’aumento degli episodi di violenza, ma è plausibile che l’aumento della tensione che stiamo rilevando in tutte le carceri italiane possa essere una causa dell’aumento delle violenze.

Andamento di aggressioni, infrazioni ed isolamento disciplinare

Fonte: nostra elaborazione su dati del Garante Nazionale, Relazione al Parlamento 2019 e Relazione al Parlamento 2018

Eventi critici 2013 2014 2015 2016 2017 2018
Atti di aggressione 2168 2039 2520 3296 3664 3821
Aggressioni fisiche al personale di polizia penitenziaria 387 421 543 587 680
Infrazione disciplinare 974 1127 2574 4817 6754 8577
Isolamento disciplinare 207 238 590 2194 1946 2367

Fonti: Garante Nazionale, Relazione al Parlamento 2019 e Relazione al Parlamento 2018

“Il dato più preoccupante in assoluto rimane quello legato all’uso dell’isolamento disciplinare, aumentato di 10 volte negli ultimi 5 anni”

Se da una parte si riscontra un aumento preoccupante dei casi di violenza, dall’altro si osserva un aumento vertiginoso e sproporzionato di infrazioni disciplinari e di isolamenti disciplinari.
In particolare le infrazioni sono passate da 974 a 8.577 negli ultimi 5 anni, il che corrisponde a un aumento di quasi 8 volte, mentre gli isolamenti disciplinari sono passati da 207 a 2367 nello stesso periodo. Questo significa un vertiginoso aumento di più di 10 volte negli ultimi 5 anni.
Comparando il numero delle aggressioni con quello delle infrazioni disciplinari si osserva che se a ogni atto di aggressione corrispondesse un’infrazione disciplinare, gli atti di aggressione costituirebbero il 44% delle infrazioni disciplinari. Tuttavia, il dato più preoccupante in assoluto rimane quello legato all’uso dell’isolamento disciplinare, aumentato di 10 volte negli ultimi 5 anni. A causa della sua durezza e sull’impatto che può avere sulle condizioni mentali di un detenuto, l’isolamento disciplinare dovrebbe essere utilizzato come extrema ratio e soltanto per le violazioni più gravi. Per il 2018 osserviamo che se a tutte le infrazioni disciplinari corrispondesse a una sanzione, l’isolamento equivarrebbe a quasi un terzo di tutte le infrazioni. Un numero che non sembra mostrare affatto un uso parsimonioso di questa sanzione. D’altro canto non sembra essere utilizzato ogni qual volta vi sia un’aggressione, preferendo probabilmente altre forme di punizione.

Trasferimenti “disciplinari”
Esiste tuttavia un’altra sanzione per i detenuti che commettono aggressioni verso personale dell’Amministrazione penitenziaria o verso altri detenuti, che danneggiano i beni dell’Amministrazione o che commettono qualsiasi altra violenza. Si tratta di una sanzione extra legem: i trasferimenti disciplinari. Questi trasferimenti non sono inseriti nell’ordinamento come vere e proprie sanzioni disciplinari (e infatti sono chiamati trasferimenti per motivi di sicurezza). La loro legittimità è fondata sull’articolo 42 O.P. che permette che venga disposto il trasferimento di un detenuto “per gravi e comprovati motivi di sicurezza”. I motivi di sicurezza elencati sopra sono contenuti nella circolare GDAP 0316870.U del 10/10/20181)http://www.sinappe.it/wp-content/uploads/2018/10/CIRCOLARE-GDAP-0316870.U-del-10102018-Trasferimenti-dei-detenuti-per-motivi-di-sicurezza.pdf. Il documento, prendendo atto dell’aumento di aggressioni verso il personale penitenziario che producono “un’insidiosa alterazione degli equilibri” che governano gli istituti minandone quindi la sicurezza, dispone che i detenuti che commettono gli atti sopra elencati vengano immediatamente trasferiti verso un altro istituto. Il documento sottolinea che il trasferimento in questo caso non vuole avere una finalità punitiva bensì preventiva (viene infatti citato l’art. 14bis O.P.). Di fatto questo significa che quando viene compiuto un atto violento (che potrebbe anche essere il mero danneggiamento di una cella) il detenuto viene trasferito non per punizione, ma perché il suo comportamento mina la sicurezza dell’istituto. Ma la norma rischia di legittimare una prassi preesistente e consolidata, ovvero quella appunto del trasferimento in caso di infrazioni disciplinari. Quella prassi comportava l’interruzione del trattamento penitenziario, la moltiplicazione delle traduzioni e l’allontanamento del detenuto dalla propria famiglia. Oggi l’automaticità della disposizione e la sua immediatezza impediscono inoltre che la situazione venga valutata caso per caso, come invece sarebbe richiesto nel caso di gravi e comprovati motivi di sicurezza.
Fra il 9 ottobre 2018 e il 5 marzo 2019 sono stati trasferiti 1829 detenuti, 520 persone in più rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente2)Ministero della Giustizia, Ufficio Stampa, Detenuti violenti: in cinque mesi più di milleottocento trasferimenti, https://www.gnewsonline.it/detenuti-violenti-in-5-mesi-piu-di-milleottocento-trasferimenti/.

“Questo tipo di isolamento è il più delle volte interpretato come un’esclusione dalle attività in comune. Ciò comporta quindi un isolamento continuo di fatto”

Isolamento diurno
L’isolamento diurno è una sanzione penale contenuta nell’articolo 72 del Codice Penale. Può avere una durata da pochi mesi fino a tre anni ed è applicato agli ergastolani. Si tratta di un isolamento diurno perché durante la notte il detenuto potrebbe anche essere ospitato in una cella a più posti, tuttavia solitamente, vista anche la lunghezza della pena, gli ergastolani sono alloggiati in celle singole. Non si ritiene che questo tipo di isolamento sia contrario al senso di umanità in quanto il detenuto può partecipare alle attività in comune (lavoro, istruzione, attività religiose) e il trattamento penitenziario deve aver luogo (anche se in forma attenuata3)Come ricordato dalla Circolare GDAP-0103308-2009 del 18 marzo 2009), tuttavia, come si evince anche dalla Relazione al Parlamento 2017 del Garante Nazionale, questo tipo di isolamento è il più delle volte interpretato come un’esclusione dalle attività in comune4)Garante Nazionale dei Diritti delle Persone Detenute e Private della Libertà Personale, Relazione al Parlamento 2017, p. 71.. Ciò comporta quindi un isolamento continuo di fatto.

Effetti dell’isolamento
Negli Stati Uniti, dove i detenuti sono posti in isolamento continuo per anni e con un regime fra i più duri, sono stati molti gli studi che hanno affrontato le ricadute della privazione di contatti umani per più di 23 ore al giorno.5)Per una lettura iniziale sull’argomento si consiglia: Smith, P. S., ‘The Effects of Solitary Confinement on Prison Inmates: A Brief History and Review of the Literature’, Crime and Justice, 2006, Vol. 34, No. 1, pp. 441-528. È interessante notare come gli effetti dell’isolamento siano rilevabili solo dopo una o due settimane, tuttavia è importante sottolineare che ogni individuo risponde in maniera diversa e con diversa intensità alla privazione di contatti umani. Fra gli effetti dell’isolamento si possono riscontrare: nervosismo e ansia, mal di testa, letargia e fatica cronica, difficoltà a dormire, palpitazioni, sudorazione delle mani, tremori, mancanza di appetito, giramenti di testa e svenimenti. A questi si aggiungono: pensieri ossessivi, rabbia irrazionale, ipersensibilità agli stimoli, pensieri confusi, isolamento sociale (incapacità di interagire con gli altri), depressione cronica, incapacità di provare emozioni, sbalzi d’umore, fantasie violente, alterazione delle percezioni fisiche, allucinazioni, pensieri suicidi. Per avere un metro di misura, molti di questi sintomi sono simili ai sintomi del disturbo post-traumatico da stress. Fortunatamente, una volta rimosso il detenuto dall’isolamento, i sintomi tendono a recedere con il tempo.

Le Mandela Prison Rules proibiscono l’isolamento continuo (ovvero l’isolamento per oltre 22 ore al giorno per più di quindici giorni senza contatti umani significativi) e ne proibiscono l’utilizzo come sanzione penale.

References   [ + ]

1. http://www.sinappe.it/wp-content/uploads/2018/10/CIRCOLARE-GDAP-0316870.U-del-10102018-Trasferimenti-dei-detenuti-per-motivi-di-sicurezza.pdf
2. Ministero della Giustizia, Ufficio Stampa, Detenuti violenti: in cinque mesi più di milleottocento trasferimenti, https://www.gnewsonline.it/detenuti-violenti-in-5-mesi-piu-di-milleottocento-trasferimenti/
3. Come ricordato dalla Circolare GDAP-0103308-2009 del 18 marzo 2009
4. Garante Nazionale dei Diritti delle Persone Detenute e Private della Libertà Personale, Relazione al Parlamento 2017, p. 71.
5. Per una lettura iniziale sull’argomento si consiglia: Smith, P. S., ‘The Effects of Solitary Confinement on Prison Inmates: A Brief History and Review of the Literature’, Crime and Justice, 2006, Vol. 34, No. 1, pp. 441-528.