Numeri, tipologie e funzioni delle misure alternative

Numeri, tipologie e funzioni delle misure alternative

Misure alternative

In alternativa. Numeri, tipologie e funzioni delle misure alternative

La costituzione parla di pene al plurale, perché oltre al carcere ci sono anche le pene e le misure alternative. Ma che scopi si prefiggono? E funzionano?

Daniela Ronco

Il carcere non è l’unica forma di esecuzione di una pena e non dovrebbe essere neanche la principale. È questo il messaggio che negli ultimi anni il Consiglio d’Europa ha inviato agli stati membri, in particolare attraverso varie raccomandazioni volte a promuovere l’uso di misure alternative al carcere (su tutte, si veda la Raccomandazione R(2010)1 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sulle Regole in materia di probation, approvata il 20 gennaio 2010). In tale cornice, molti paesi europei hanno approvato norme e riforme volte ad incrementare il ricorso alle alternative alla detenzione. Nel caso italiano, come vedremo, un forte input è arrivato anche dalla Corte EDU attraverso la sentenza Torreggiani del 2013, in risposta alla quale il governo italiano è intervenuto con una serie di misure per riportare le condizioni detentive entro parametri di legalità, anche attraverso un potenziamento delle misure alternative.

In particolare, la legge 94 del 9 agosto 2013 ha rimosso alcuni ostacoli nell’accesso alla detenzione domiciliare e alla semi-libertà per i recidivi (introdotti dalla ex-Cirielli nel 2005) e ha ridotto la possibilità di applicare la custodia cautelare, mentre la legge 67 del 28 aprile 2014 ha istituito la messa alla prova, ossia la possibilità di richiedere la sospensione del procedimento penale per reati considerati di minore gravità.1

Gli obiettivi che in genere si intende perseguire implementando le misure alternative al carcere sono la deflazione della popolazione detenuta e la riduzione della recidiva. Dal primo punto di vista, tali misure si porrebbero propriamente come alternative all’imprigionamento, in una sorta di gioco a somma zero che tuttavia in molti casi si rivela illusorio, in quanto l’implementazione delle pene eseguite sul territorio può tradursi talvolta nel noto fenomeno del net widening (M. Aebi, 2015; S. Cohen, 1979), inteso come complessivo ampliamento del controllo penale per cui le alternative vanno ad aggiungersi ai numeri della detenzione. Sul secondo obiettivo, la scarsità di accurati studi sulla recidiva nel nostro paese non impedisce di sviluppare riflessioni sulla relazione diretta tra il modo in cui si sconta una pena e la commissione di nuovi reati.

è ben noto quanto,
la possibilità di scontare la pena lontani
dal carcere sia di gran lunga più efficace

Pur in assenza di analisi sistematiche sul tema, infatti, è ben noto a tutti gli attori che operano o ruotano attorno al sistema penitenziario quanto il carcere sia recidivante e quanto, all’opposto, la possibilità di scontare la pena in una maniera altra e restare il più possibile lontani dal carcere sia di gran lunga più efficace in termini di riduzione della recidiva

Tra vecchie e nuove misure alternative

L’Ordinamento Penitenziario individua tre tipi di misure alternative: l’affidamento in prova al servizio sociale, la semi-libertà, la detenzione domiciliare. Il grafico che segue presenta le evoluzioni di tali misure negli ultimi vent’anni.

DatiMisure alternative alla detenzione, 1997-2016

affidamento in prova

semi-libertà

detenzione domiciliare

9.063

3.593

23.424

2006

20

Viene concesso

l’indulto

15

10

5

0

‘97

‘99

‘01

‘03

‘05

‘07

‘09

‘11

‘13

‘15

affidamento in prova

semi-libertà

detenzione domiciliare

9.063

3.593

23.424

2006

20

Viene concesso

l’indulto

15

10

5

0

‘97

‘99

‘01

‘03

‘05

‘07

‘09

‘11

‘13

‘15

affidamento in prova

semi-libertà

detenzione domiciliare

9.063

3.593

23.424

2006

20

Viene concesso

l’indulto

15

10

5

0

‘97

‘99

‘01

‘03

‘05

‘07

‘09

‘11

‘13

‘15

Fonte: DAP
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L’affidamento in prova è la misura che ha sempre presentato i numeri assoluti più alti, ma vediamo che a partire dal 2010 i numeri della detenzione domiciliare hanno cominciato a crescere in misura ben maggiore, tanto da avvicinarsi di molto a quelli dell’affidamento. È l’effetto in gran parte prodotto dalla Legge 199 del 2010, che ha previsto la possibilità di scontare l’ultimo anno di pena (limite poi esteso a 18 mesi) presso la propria abitazione o altro luogo privato o pubblico di cura e accoglienza. Vediamo come la semi-libertà sia invece la misura meno adottata e i cui numeri sono lievemente scesi nel tempo.2 Il picco del 2006 è chiaramente legato all’approvazione dell’indulto che ha inciso sugli ultimi 3 anni di pena e pertanto ha di fatto quasi azzerato le esecuzioni in misura alternativa.

La misura più utilizzata resta, come detto, l’affidamento in prova al servizio sociale, ossia quella sanzione penale che consente al condannato di espiare la pena detentiva inflitta o residua in regime di libertà assistita e controllata, sulla base di un programma di trattamento.

È importante sottolineare che la maggioranza degli affidati in prova al servizio sociale non transita dal carcere, bensì viene sottoposto a tale misura da una condizione di libertà, nel caso in cui la pena non superi i 4 anni. Se analizziamo la serie storica degli ultimi vent’anni, notiamo tuttavia che negli ultimi anni la forbice si è ristretta ed è aumentato più rapidamente il numero di affidamenti concessi dallo stato di detenzione.

DatiAffidamento in prova al servizio sociale, 1997-2016

Fonte: DAP
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Altra misura che presenta numeri di rilievo è la detenzione domiciliare, che consiste nella possibilità di scontare la condanna nella propria abitazione o in altro luogo di pubblica o privata dimora. La legge 199/2010, si diceva, ha introdotto la detenzione domiciliare per pene non superiori ai 18 mesi, facendo impennare in proporzione i casi di accesso dallo stato di detenzione e, in tal senso, si conferma quale misura essenzialmente deflattiva.

Negli ultimi anni i lavori di pubblica utilità, sanzione penale che consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività, hanno iniziato a rappresentare una quota significativa delle misure alternative. Nella stragrande maggioranza dei casi, 6146 su 6558, tale misura viene applicata nei casi di violazione del codice della strada.

DatiLavori di pubblica utilità e messa alla prova

Valori: % su lavori di pubblica utilità concessi e % messe alla prova su misure richieste

lavori di pubblica utilità

Messe alla prova concesse

93,7

75,5

Lavori di pubblica utilità

concessi per violazione

cod. stradale

Messe

alla prova

concesse

lavori di pubblica utilità

messa alla prova

93,7

75,5

Lavori di pubblica utilità

concessi per violazione

cod. stradale

Messe

alla prova

concesse

lavori di pubblica utilità

messa alla prova

93,7

Lavori di pubblica

utilità concessi per

violazione cod.

stradale

75,5

Messe

alla prova

concesse

Fonte: DAP
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L’ampio ricorso ai lavori di pubblica utilità è legato al fatto che sono venuti a configurarsi come una modalità di riparazione del danno collegata all’esecuzione di diverse sanzioni e misure penali eseguite nella comunità, in particolare la messa alla prova, i cui numeri sono tutt’altro che insignificanti. Al 31 Gennaio 2017 erano in corso 9207 misure di messa alla prova e 12190 indagini sociali preliminari alla concessione della misura.

Tale istituto, cui si può accedere in caso di reato punibile con un massimo di 4 anni di reclusione, consiste nella sospensione del procedimento e nello svolgimento di un programma di trattamento sotto la supervisione dell’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna che prevede l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità, il risarcimento del danno e la riparazione, oltre all’osservanza di una serie di obblighi relativamente a dimora, libertà di movimento, divieto di frequentare certi luoghi, ecc.

Con l’introduzione della messa alla prova il nostro paese si è allineato a una tendenza diffusa in molti paesi europei ad utilizzare strumenti di sospensione della fase processuale. Tale dispositivo, tuttavia, pone degli interrogativi in un’ottica di garantismo penale nel momento in cui si traduce in programmi a vocazione rieducativa/trattamentale rivolti a (presunti) innocenti (cfr. O. Firouzi et al., 2016).

Ribaltare la prospettiva carcero-centrica

Un’ultima riflessione è rivolta alle funzioni svolte dalle misure alternative. Si è detto, in apertura, che quelle generalmente attribuite alle misure alternative sono la funzione deflattiva rispetto alla popolazione detenuta e la riduzione della recidiva.

Per quanto riguarda il primo aspetto, i dati sull’esecuzione penale in Italia degli ultimi vent’anni tendono a confermare l’ipotesi del net widening. Come si può vedere confrontando i dati presentati nel primo grafico con l’andamento della popolazione detenuta in questi anni (v. “Il ritorno del sovraffollamento”), in linea generale i numeri complessivi dei detenuti e delle persone sottoposte a misura alternativa tendono a procedere lungo binari paralleli (quasi sempre in salita).

la funzione deflattiva attribuita all’estensione delle misure alternative risulta spesso illusoria

Al crescere delle misure alternative, tende a crescere anche la percentuale della popolazione detenuta, a dimostrazione che la funzione deflattiva attribuita all’estensione delle misure alternative risulta spesso illusoria. L’unica eccezione è rappresentata dall’intervallo di anni compresi tra il 2010 e il 2015, quando, a fronte dell’aumento delle misure alternative, cala il numero di detenuti. Si tratta degli anni successivi alla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per il sovraffollamento delle carceri da parte del Governo nel 2010, e della sentenza Torreggiani, del 2013, che ha dichiarato illegale il sistema penitenziario italiano. Da allora, una serie di provvedimenti a forte impronta deflattiva hanno contribuito ad invertire la tendenza al net widening. Ma a partire dal 2015 tale tendenza ha cominciato a riaffermarsi e occorrerà monitorare i prossimi mesi e anni per capire se quella tra il 2010 e il 2015 è stata soltanto una parentesi positiva in un quadro piuttosto desolante di espansionismo penale.

Un dato che invece ci dà una misura dell’efficacia delle misure alternative in generale in termini di riduzione della recidiva è quello relativo alle revoche. Come possiamo vedere nel grafico sottostante, infatti, i numeri sono estremamente bassi (il 5,92% nel complesso), soprattutto se consideriamo le revoche per commissione di nuovi reati (0,71%).

DatiRevoche sul totale delle misure per tipologia
di misura alternativa

Valori in %

Media

andamento negativo

3,2

nuova posiz. giur. o assenza di requisiti giuridico-penali previsti

0,9

commissione di reati durante la misura

0,8

irreperibilità

0,7

altri motivi

0,5

Affidamento in prova

Semi-libertà

Detenzione domiciliare

4,8%

8,9%

6,8%

Totale

revoche

4,5

5

4

3,2

3,1

3

1,7

1,5

2

1,1

0,8

0,7

0,7

0,7

0,7

1

0,4

0,3

0,3

0,2

0

Media

andamento negativo

3,2

nuova posiz. giur. o assenza di requisiti giuridico-penali previsti

0,9

commissione di reati durante la misura

0,8

irreperibilità

0,7

altri motivi

0,5

Affidamento in prova

Semi-libertà

Detenzione domiciliare

4,8%

8,9%

6,8%

Totale

revoche

4,5

5

4

3,2

3,1

3

1,7

1,5

2

1,1

0,8

0,7

0,7

0,7

0,7

1

0,4

0,3

0,3

0,2

0

Media

andamento negativo

3,2

nuova posiz. giur.

o assenza di requisiti

giuridico-penali previsti

0,9

0,8

commissione di reati

durante la misura

0,7

irreperibilità

0,5

altri motivi

Affidamento in prova

4,8%

Totale revoche

5

4

3,2

3

2

0,7

1

0,3

0,3

0,2

0

Semi-libertà

8,9%

Totale revoche

4,5

5

4

3

1,7

1,5

2

0,7

1

0,4

0

Detenzione domiciliare

6,8%

Totale revoche

5

4

3,1

3

2

1,1

0,8

0,7

0,7

1

0

Fonte: DAP
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Certo sarebbe importante monitorare in maniera sistematica e accurata i dati sulla recidiva anche nel nostro paese, ma i dati sulle revoche, insieme alle poche ma concordi ricerche sul tema condotte a livello nazionale o locale (cfr. E. Santoro, S. Tucci, 2006; F. Leonardi, 2007; L. Manconi, G. Torrente, 2015; D. Ronco, G. Torrente, 2015), consentono di corroborare con forza l’idea della funzione di riduzione della recidiva in caso di condanna scontata in misura alternativa anziché in carcere. La sfida è quella di porre il riconoscimento della maggior efficacia delle alternative quale presupposto per una reale politica deflattiva in controtendenza all’espansionismo penale figlio dell’egemonica visione carcero-centrica.

  1. Per una presentazione della situazione delle community sanctions in Europa cfr. O. Firouzi et al. (2016) e, all’interno di tale cornice, della situazione specifica italiana, cfr. S. Marietti (2015).
  2. Si tratta peraltro di una misura alternativa impropria, in quando il condannato continua a passare parte della propria giornata all’interno di un istituto penitenziario.

Bibliografia

AEBI M. F. (2015), Have Community Sanctions and Measures Widened the Net of the European Criminal Justice Systems?, in Punishment & Society, 17, 5, pp. 575-597

COHEN S. (1979), The Punitive City: Notes on the Dispersal of Social Control, in Crime, Law and Social Change, 3, 4, pp. 339-363

TABAR O. F., MIRAVALLE M., RONCO D., TORRENTE G. (2016), Reducing prison population: does community justice work?, Edizioni Antigone, Roma

LEONARDI F. (2007), Le misure alternative alla detenzione tra reinserimento sociale ed abbattimento della recidiva, in Rassegna penitenziaria e criminologica, 2, pp. 7-26

MANCONI L., TORRENTE G. (2015), La pena e i diritti. Il carcere nella crisi italiana, Carocci, Roma

MARIETTI S. (2015), Alternatives to prison in Europe Italy, Antigone Edizioni

RONCO D., TORRENTE G. (2015), Dovevo nascere prima ed essere un operaio fisso. Il processo Logos tra esclusione sociale e carcere, in Antigone, 1, pp. 43-72

SANTORO E., TUCCI R. (2006), L’incidenza dell’affidamento sulla recidiva: prime indicazioni e problemi per una ricerca sistematica, in Rassegna penitenziaria e criminologica, 1, pp.