“Sotto organico”: il personale degli istituti penitenziari

“Sotto organico”: il personale degli istituti penitenziari

operatori

“Sotto organico”:
il personale degli istituti penitenziari

Chi lavora in carcere. Quanto “pesa” il personale di sicurezza? Quanto le altre figure professionali?

Alessandro Maculan

Chiunque sia entrato in carcere almeno una volta avrà sicuramente notato una delle principali caratteristiche di questo particolare ambiente, vale a dire la grande presenza di operatori di polizia penitenziaria se paragonata sia al numero di educatori sia alla popolazione detenuta. Queste figure professionali corrispondono, infatti, all’89,36% del personale presente negli istituti di pena italiani (gli educatori solo il 2,17%) ed il rapporto fra detenuti ed agenti è di 1,67, vale a dire poco più di un detenuto e mezzo per poliziotto.

1,67 Rapporto fra detenuti e agenti

Il confronto con alcuni dati a livello europeo1 ci può essere di grande aiuto per comprendere il peso numerico che gli operatori di polizia penitenziaria hanno nel nostro paese. Il rapporto fra detenuti ed operatori addetti alla sicurezza degli istituti in Francia è, per esempio, 2,5, in Spagna 3,7, in Inghilterra e Galles 3,9.

DatiRapporto tra detenuti e agenti in Europa

Numero di detenuti per addetto alla sicurezza al 1.9.2015

operatori addetti alla sicurezza

detenuti

Svezia

Norvegia

Belgio

Austria

Spagna

Romania

Danimarca

Italia

Francia

Portogallo

Ingh./Galles

Russia

1,3

1,4

1,5

1,6

2

2,5

3

3,5

3,7

3,9

6,7

11,2

operatori addetti alla sicurezza

detenuti

Svezia

Norvegia

Belgio

Austria

Spagna

Romania

Danimarca

Italia

Francia

Portogallo

Ingh./Galles

Russia

1,3

1,4

1,5

1,6

2

2,5

3

3,5

3,7

3,9

6,7

11,2

operatori addetti

alla sicurezza

detenuti

1,3

Svezia

Danimarca

1,4

Norvegia

1,5

Italia

1,6

2

Belgio

2,5

Francia

Austria

3

Spagna

3,5

3,7

Portogallo

3,9

Ingh./Galles

Romania

6,7

Russia

11,2

Fonte: Council of Europe Annual penal Statistics SPACE I
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La media europea dei poliziotti penitenziari rispetto alle altre figure professionali è, invece, del 68%, un valore decisamente più basso rispetto a quello italiano.

DatiRipartizione del personale presente negli istituti di pena

Valori in %

italia

media europea

Operatori

P.P.

68

89,36

3,5

Educatori

2,17

8,47

28,5

Altro

25

50

75

100

italia

media europea

Operatori

P.P.

68

89,36

3,5

Educatori

2,17

8,47

28,5

Altro

25

50

75

100

italia

media europea

89,36

3,5

68

2,17

8,47

28,5

25

50

75

100

Fonte: DAP, Council of Europe Annual penal Statistics SPACE I
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È a partire da tutto questo che qui di seguito analizzeremo e commenteremo i dati che ci sono stati forniti dal DAP2 relativi ai “numeri” del personale penitenziario.

Gli operatori penitenziari

Si prenda in considerazione il grafico che segue, che descrive la carenza di polizia penitenziaria in servizio presso gli istituti di pena italiani per adulti.

DatiPersonale di polizia penitenziaria:
divario tra organico previsto e organico in forza

Valori e % al 30.11.2016

Divario tra organico previsto

e organico in forza

Divario del personale per genere, %

Uomini

Donne

33.082

41.253

organico

in forza

organico

previsto

-19,77

-21,47

Divario tra organico previsto

e organico in forza

Divario del personale per genere, %

Uomini

Donne

33.082

41.253

organico

in forza

organico

previsto

-19,77

-21,47

Divario tra organico previsto

e organico in forza

41.253

organico previsto

33.082

organico

in forza

Divario del personale

per genere, %

Uomini

Donne

-19,77

-21,47

Fonte: DAP
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Risulta evidente la discrepanza presente fra l’organico previsto e quello in forza, una carenza che si avvicina di molto al -20%. La carenza d’organico fra il personale femminile è leggermente più alta, andando a superare seppur di poco, il -20%. La scarsità d’organico del personale di polizia penitenziaria che registriamo in questo periodo è del tutto simile a quella che era stata evidenziata fra il 2011 ed il 2012 (cfr. Maculan, Santorso, 2012). Si tratta di un elemento caratteristico dell’universo carcerario italiano che pare essere il risultato di due principali fattori: da un lato i numerosi distacchi (parliamo, in particolare, di distacchi extra moenia presso altri servizi: GOM, USPEV, DAP etc..)3, dall’altro le nuove assunzioni di personale che sembrano non essere in grado di controbilanciare i distacchi ed i pensionamenti degli operatori più anziani.

Le differenze regionali

Il grafico che segue ci offre uno sguardo d’insieme sulla situazione in Italia evidenziando come la carenza d’organico cambi da regione a regione.

DatiPersonale di polizia penitenziaria:
divario tra organico previsto e organico
in forza per regione

Valori in % al 30.11.2016

  • 0>-10%
  • -11>-20%
  • -21>-30%
  • -31>-40%
Italia

Fonte: DAP
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Anche in questo caso (ivi.) l’impressione che abbiamo è che percorrendo la penisola da Sud verso Nord, tenuto ovviamente conto di alcune eccezioni, la carenza d’organico tenda a crescere, raggiungendo dei livelli particolarmente alti nel Trentino Alto Adige (-32,20%), in Liguria (-28,07%), in Lombardia (-27,87%), in Piemonte (-26,88%), in Toscana (-26,72%) ed in Sardegna (-25,95%). Possiamo provare a proporre alcune interpretazioni circa la maggiore carenza di personale presso le regioni del Nord Italia. Nonostante non sia semplice fornire dei dati a proposito, possiamo affermare che la maggior parte dei poliziotti penitenziari italiani provenga dalle regioni centro-meridionali ed insulari nel nostro paese4. Per molti di questi operatori l’assegnazione in un istituto del Centro-Nord Italia significa abbandonare il proprio luogo d’origine per vivere in un’altra città, non sempre scelta da loro, che dista anche centinaia di chilometri. Per molti di loro il “ritorno a casa” può rappresentare un obiettivo dopo alcuni anni di lavoro “fuori sede” trascorsi vivendo magari presso la caserma dell’istituto nel quale si è impiegati. La carenza di personale negli istituti del Nord Italia può essere interpretata, dunque, da un lato come causata dalla scarsità di personale “autoctono” nelle regioni settentrionali, dall’altro, dal fatto che la maggioranza degli operatori provenienti dalle regioni centro-meridionali che lavora al Nord Italia desidera dopo alcuni anni essere riassegnato o distaccato presso gli istituti ubicati vicino ai propri luoghi d’origine (prevalentemente dell’Italia centro-meridionale).

Commentare, tuttavia, solamente la carenza d’organico senza confrontarla con i tassi di sovraffollamento e il rapporto detenuti/agenti consegnerebbe però una fotografia parziale e fuorviante della situazione. In primo luogo possiamo osservare come in alcune regioni una notevole carenza d’organico pare essere “controbilanciata” da un tasso di sovraffollamento basso (si vedano per esempio il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta), in altri casi, invece, ad alti tassi di sovraffollamento osserviamo una considerevole carenza d’organico. Non sempre però in situazioni simili il rapporto fra detenuti ed agenti risulta essere elevato. È il caso, per esempio, della Basilicata, caratterizzata da una carenza d’organico di -18,51% ed un tasso di sovraffollamento di 124,28%. Ci si aspetterebbe, probabilmente, un rapporto detenuti/agenti fra i più alti nel nostro paese o, quantomeno, decisamente superiore alla media italiana. Nulla di tutto ciò: 1,535. Un altro caso interessante è il Molise (carenza d’organico: -6,01; sovraffollamento: 130,80%) dove il rapporto fra detenuti ed agenti è di 1,16, vale a dire quasi un agente per detenuto. Alla luce di tutto ciò una domanda sorge in maniera spontanea: come vengono pensate, dunque, le piante organiche della polizia penitenziaria in ogni regione? In base a quali parametri? Possiamo ipotizzare che vengano decise non solo in base alla capienza degli istituti ma anche in base ad altri fattori (architettura e tipologie degli istituti, etc..). Ci chiediamo, tuttavia, se esistano anche altri parametri, magari di natura organizzativo-logistica, se non addirittura strategica, che noi, purtroppo, ignoriamo.

Si prenda in considerazione, infine, il grafico che segue:

DatiFunzionari giuridico pedagogici (educatori):
divario tra organico previsto e organico
in forza per Provveditorato

Valori in % al 30.11.2016

organico in forza

organico previsto

Divario %

57

92

-38,04

Puglia, Basilicata

67

113

-40,71

Emilia Romagna, Marche

44

66

-33,33

Sardegna

44

66

-33,33

Calabria

74

136

-45,59

Toscana, Umbria

82

149

-44,97

Lombardia

89

127

-29,92

Campania

58

87

-33,33

Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Trentino Alto-Adige

143

112

-21,68

Sicilia

173

246

-29,67

Lazio, Abruzzo, Molise

94

151

-37,75

Piemonte, Liguria, Val d’Aosta

organico in forza

organico previsto

Divario %

57

92

-38,04

Puglia, Basilicata

67

113

-40,71

Emilia Romagna, Marche

44

66

-33,33

Sardegna

44

66

-33,33

Calabria

74

136

-45,59

Toscana, Umbria

82

149

-44,97

Lombardia

89

127

-29,92

Campania

58

87

-33,33

Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Trentino A.-Adige

143

112

-21,68

Sicilia

173

246

-29,67

Lazio, Abruzzo, Molise

94

151

-37,75

Piemonte, Liguria, Val d’Aosta

organico in forza

organico previsto

Puglia, Basilicata

Divario %

-38,04

57

92

Emilia Romagna, Marche

67

113

-40,71

Sardegna

66

44

-33,33

Calabria

-33,33

44

66

Toscana, Umbria

74

136

-45,59

Lombardia

-44,97

82

149

Campania

127

89

-29,92

Veneto, Friuli Venezia-Giulia,

Trentino Alto-Adige

-33,33

58

87

-21,68

Sicilia

112

143

-21,68

-29,67

Lazio, Abruzzo, Molise

173

246

Piemonte, Liguria, Val d’Aosta

94

151

-37,75

Fonte: DAP
Scarica i dati

Come possiamo osservare, la carenza d’organico non è una condizione che colpisce esclusivamente la polizia penitenziaria. Tra gli educatori il divario fra organico previsto e organico in forza è molto più accentuato e si attesta intorno ad un valore medio di -35,03%, toccando in alcuni provveditorati dei livelli particolarmente drammatici (Toscana e Umbria: -45,59%; Lombardia: -44,97%; Emilia Romagna e Marche: -40,71%).

Conclusioni

Come abbiamo potuto osservare dai dati fornitici dal DAP il sistema penitenziario italiano risulta essere caratterizzato sia da una forte disparità fra operatori di polizia penitenziaria ed altri operatori, sia da una generalizzata carenza di educatori. La carenza di personale fra gli agenti pare, invece, essere l’inevitabile conseguenza di precise scelte di politica penitenziaria che hanno previsto un elevatissimo numero di poliziotti nelle piante organiche degli istituti il cui peso, rispetto agli altri operatori ed ai detenuti, non trova riscontro in altri paesi europei. Tutto ciò ci consegna un chiaro messaggio «sulla reale finalità della pena legata al contenimento della persona piuttosto che alla sua risocializzazione» (Torrente, 2016: 278). Ripensare al rapporto numerico fra diverse professionalità in carcere avvicinandosi alla media europea permetterebbe da un lato di ridurre il personale di polizia penitenziaria previsto nelle carceri dal d.P.CM. in vigore (e quindi eliminare la questione della carenza d’organico) e dall’altro aumentare la presenza di personale che opera nell’area trattamentale, potenziando così l’attivazione di percorsi di reinserimento sociale per i detenuti, evitando di rendere il carcere un luogo di mero contenimento e stigmatizzazione.

  1. Si veda il documento “Council of Europe Annual penal Statistics SPACE I – Prison Population, 2015” dal quale sono stati tratti i dati riportati.
  2. I dati utilizzati corrispondono alle “Rilevazioni mensili delle strutture e dei servizi penitenziari” (aggiornati al 30/11/2016) della sezione statistica dell’Ufficio del Capo del Dipartimento.
  3. I dati del DAP ci dicono quanti sono gli operatori di polizia penitenziaria impiegati in strutture extra moenia (al 30 novembre 2016 erano complessivamente 2856) ma non indicando quante unità sono effettivamente previste in queste strutture. Per questo motivo risulta impossibile sapere se il divario fra personale previsto ed in forza sia da un punto di vista quantitativo di segno positivo o negativo.
  4. Una situazione che era stata evidenziata in uno studio recente anche da Buffa (2013: 93) riferendosi in particolar modo alla Casa Circondariale di Torino ed a molti altri istituti delle regioni del Nord Italia.
  5. Una situazione simile la possiamo osservare per esempio in Friuli Venezia Giulia, Liguria, Puglia e Veneto.