L'ESTATE AL FRESCO. Meriterebbero di entrare in un tour di turismo sociale, le isolate fattorie di Is Arenas, Isili e Mamone dove lavorano più di 300 detenuti. Tra benefici e solitudine: un modello penitenziario che ha bisogno di futuro
di Patrizio Gonnella e Susanna Marietti su il manifesto del 11 agosto 2023
«Purtroppo, nella condizione in cui devo vivere, i capricci nascono da soli: è incredibile come gli uomini costretti da forze esterne a vivere in modi eccezionali e artificiali sviluppino con particolare alacrità tutti i lati negativi del loro carattere» (Antonio Gramsci in Lettere dal carcere). Gramsci era nato ad Ales, un piccolo paese che si attraversa arrivando da ovest alla colonia penale di Isili, aperta nel 1878, qualche anno prima della nascita del fondatore del Partito Comunista d’Italia. Nello sguardo e nel linguaggio profondi, autentici e mai banali, di chi deve garantire la sicurezza della colonia, si percepisce la stratificazione della storia difficile di quei luoghi. Si ha anche la fortuna di poter intravedere una copia (rigorosamente in pdf, in quanto il giornale non si trova purtroppo nell’isola) de il manifesto.
QUELLA DELLE COLONIE penali è una storia ottocentesca. Non sono molti gli studi che ripercorrono le tappe della loro nascita, evoluzione, progressiva dismissione. Di certo – spiegava Guido Neppi Modona, a cui si deve la più ricca ricostruzione della storia carceraria italiana – le finalità rieducative, seppur proclamate, stentavano a essere raggiunte: «Basti pensare – scriveva – alle condizioni di vita cui erano costretti i condannati e, con loro, le guardie carcerarie: nelle colonie, collocate appunto in terreni incolti e malarici, la malaria e le disastrose condizioni igieniche mietevano vittime in altissima percentuale, con picchi di mortalità dall’8 al 10% e di infermità dal 30 al 40%, secondo quanto dichiarato dallo stesso direttore generale delle carceri Beltrani Scalia in una relazione del 1891».
Il sovraffollamento continua ad essere una delle principali problematiche del sistema penitenziario italiano, con un tasso che viaggia attorno al 121%, con 10.000 persone detenute in più rispetto ai posti effettivamente disponibili (e un numero di presenze in costante crescita).
Il sovraffollamento non toglie solo spazi vitali, ma anche possibilità di lavoro e di svolgere attività che spezzino la monotonia della vita penitenziaria. Quella monotonia che porta all’emergere di situazioni di forte depressione, alla base di un aumento di suicidi e atti di autolesionismo nel periodo estivo.
Proprio i suicidi, pur nel silenzio della politica e di parte del sistema dell’informazione, continuano ad essere una piaga a cui il carcere ha abituato. Dopo gli 85 dello scorso anno, quest’anno sono già 42. Come riferisce Ristretti Orizzonti 1.352 quelli avvenuti dal 2000 ad oggi. L’estate, da questo punto di vista, non aiuta. Il caldo è uno dei fattori che impattano maggiormente sulla qualità della vita negli istituti penitenziari, qualità della vita già non elevata neanche negli altri periodi dell’anno. A questo si aggiunge poi la chiusura di molte attività e quindi una situazione di ulteriore e sostanziale isolamento. Non è un caso che, durante i mesi estivi, proprio il numero dei suicidi cresca. Quest’anno, dei 42 già avvenuti, i soli mesi di giugno, luglio e i primi giorni di agosto ne hanno fatti contare 15.
Come detto in estate in galera si sta male. In tantissimi istituti mancano i ventilatori, le finestre sono schermate, non ci sono frigoriferi in cella e a volte neanche nelle sezioni e in molti casi in cella non c’è neanche la doccia. Per questo le carceri vanno riempite di iniziative e attività, favorendo il volontariato; ai detenuti va assicurata la possibilità di contattare quotidianamente per telefono o con video-chiamata i propri affetti; vanno comprati ventilatori e frigoriferi. Poche cose, minime, con un impatto fondamentale per la vita delle persone recluse, e anche degli operatori che con il caldo e lo sconforto dei reclusi devono lavorare e confrontarsi ogni giorno.
LA CARTELLA STAMPA CON DATI, NUMERI E SITUAZIONI RILEVATE NELLE VISITE DEL NOSTRO OSSERVATORIO
di Patrizio Gonnella e Susanna Marietti su il manifesto del 4 agosto 2023
Era il 1998 quando – per volontà di Sandro Margara, indimenticato giudice di sorveglianza e capo dell’amministrazione penitenziaria – il carcere dell’Asinara chiuse in via definitiva. Poco meno di vent’anni prima, il 2 ottobre 1979, c’era stata la rivolta nella sezione speciale Fornelli. Altri tempi, quando le carceri erano i luoghi della repressione della lotta armata. Oggi l’isola dell’Asinara è visitata da turisti e il carcere di massima sicurezza è per fortuna solo parte del racconto delle guide locali. Strano posto la Sardegna per chi ha a che fare con il sistema delle prigioni. Forse l’unica tra le regioni italiane che non presenta rischi di sovraffollamento: i detenuti, rinchiusi in dieci istituti penitenziari, sono 2.070, un numero inferiore ai 2.617 posti calcolati per definirne la capienza regolamentare. E, se non fosse per la pratica di spostare dal continente un numero significativo di detenuti stranieri con pochi legami sul territorio, sarebbero ancora di meno.
LA SARDEGNA SCONTA il suo essere isola. Ce ne siamo accorti in questi giorni in cui siamo in giro a visitare le carceri della regione. Non ci vogliono andare i direttori – oggi sono solo in tre, a dover gestire circa tre carceri a testa -, sono pochi i sottufficiali di Polizia Penitenziaria, scarseggiano gli educatori. Si vede però una luce in fondo al tunnel: a fine ottobre verranno immessi in servizio 57 nuovi giovani direttori. Alcuni andranno a riempire i vuoti gestionali della Sardegna.
"Negli ultimi 5 giorni sono morte due persone nel carcere di San Vittore a Milano". A riportare la notizia è Valeria Verdolini, presidente di Antigone Lombardia.
Il primo - un cittadino moldavo di 38 anni - si è tolto la vita sabato, a pochi giorni dall’ingresso nella casa circondariale. Era stato visto da psicologi ed educatori, non era in cella da solo. Il secondo, un trentenne, ha perso la vita per un malore dopo l’inalazione del gas di una bomboletta ieri, nel reparto tossicodipendenti. Due eventi che si aggiungono ai tre suicidi degli ultimi 12 mesi e raccontano di una sofferenza individuale, ma la vicinanza desta preoccupazione per le criticità strutturali dell’istituto e dei riverberi sulla regione.
La più grande casa circondariale lombarda, con 940 detenuti (un sovraffollamento oltre il 126% e quasi 600 stranieri) raccoglie e distribuisce criticità e sovraffollamento.
"Al momento - sottolinea la Verdolini - tra i detenuti presenti c'è anche una persona 90enne in attesa di ricollocamento in RSA e una sessantaseienne apatica, con frattura del bacino che ha bisogno di assistenza igienica e di alimentazione, in condizioni di totale indigenza. Inoltre, solo da inizio anno sono passate in istituto almeno 28 donne in gravidanza".
La sofferenza di San Vittore ha riverberi in tutta la regione Lombardia, la più sovraffollata d’Italia, con 8.370 presenze (sovraffollamento al 136%) e con picchi a Brescia, Como, Cremona, Busto Arsizio, Monza e Lodi, anche effetto degli sfollamenti della metropoli.
“La regione presenta un deficit di cura e il carcere ne diventa collettore, non riuscendo, nonostante i molteplici sforzi, a colmare i bisogni e alleviare i disagi. È necessaria una risposta sistemica e sinergica di area sanitaria, sociale e pubblica amministrazione, a livello locale e regionale, per far fronte ad una situazione che ormai non è più eccezione ma norma” conclude Valeria Verdolini.
A Buon Diritto, Antigone e Amnesty International Italia: “si contrasti la tortura, non la legge”
Dopo l’avvio della discussione del disegno di legge del Movimento 5 Stelle per la modifica del reato di tortura, nella giornata di ieri, in Commissione Giustizia del Senato, è arrivata la congiunzione con il testo di Fratelli d’Italia per l’abolizione del reato. Introdotto nel codice penale italiano solo nel 2017 – in ottemperanza all’obbligo inderogabile che il nostro Paese aveva assunto quasi trent’anni prima con la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura – l’esistenza del reato e la punibilità di questo crimine contro l’umanità sono già messe in discussione, nonostante la necessità della norma per colpire violazioni gravi sia ben visibile nell'uso che ne è stato fatto fin dalla sua entrata in vigore.
La proposta a firma Fratelli d’Italia, infatti, intende abolire il reato e derubricarlo ad aggravante comune, ponendo a rischio la punibilità di chi usa la tortura come strumento di sopraffazione. Tuttavia, un esito analogo, allo stato attuale, potrebbe avere anche una semplice modifica “migliorativa” dell’attuale testo di legge, in quanto rischierebbe – così come denunciato anche dal Garante nazionale delle persone private della libertà personale – di rallentare o far saltare i processi e i procedimenti già in corso, con l’esito di far andare in prescrizione i reati.