Che fine hanno fatto gli Stati Generali? Gli interventi introduttivi

GLI INTERVENTI INTRODUTTIVI

Patrizio Gonnella, presidente di Antigone: sui motivi per cui replicare l’esperienza degli Stati generali, conclusi un anno fa. Si tratta di un’esperienza che non va dispersa culturalmente, soprattutto dal momento che vi è in atto un cambiamento nel clima politico e culturale, che non è più lo stesso di quando gli Stati generali sono iniziati. Per alcuni anni c’è stato un miglioramento nella produzione penale, che non è stata di tipo repressivo, ma anzi si è aperta a delle alternative, ma attualmente la situazione è già molto cambiata. Lavorando insieme, come un movimento unico, è possibile continuare a costruire un’altra visione della pena, un cambiamento attivo nelle pratiche, non solo nella giurisdizione e agire non tanto come un’organizzazione umanitaria, ma come un’agenzia di produzione politica. (Ascolta l'intero intervento)

Santi Consolo, capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria: descrive l’importanza di analizzare cosa effettivamente fa l’amministrazione penitenziaria anche in un’ottica di paragone con gli altri paesi europei. Gli strumenti di monitoraggio ci sono (ad esempio i garanti), ma ci vorrebbe una magistratura di sorveglianza diversa, più critica e presente. Esprime la necessità di approfondire il problema della recidiva. Altrettanto importante è l’opportunità del lavoro: l’amministrazione penitenziaria potrebbe diventare una grande impresa, se ai detenuti fosse data l’occasione di produrre per la comunità, reinvestendo ancora i guadagni nella creazione di ulteriore lavoro. (Ascolta l'intero intervento)

Glauco Giostra, Ordinario di Procedura Penale all’Università degli Studi La Sapienza di Roma: il contesto culturale presente non è favorevole all’azione degli Stati generali, la cui iniziativa mantiene tuttavia un’importanza fondamentale. Va riconosciuto il valore e il ruolo difficile della Polizia penitenziaria nel garantire la sicurezza e il recupero dei detenuti, così come delle altre istituzioni che lavorano a creare una diversa concezione della pena, sui quali vige uno stigma difficile da rimuovere. Invito a migliorare l’aspetto della comunicazione, sia interna, a livello amministrativo e di iniziative dei membri degli Stati generali, che esterna, verso la società. per sensibilizzare l’opinione pubblica e avvicinarla al sistema penale. È necessario portare sui media il lavoro degli Stati generali, l’unico modo per potersi far conoscere pubblicamente. (Ascolta l'intero intervento) 

Mauro Palma, Garante nazionale dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale: vi è difficoltà di identificare una direzione chiara, un piano complessivo sul problema della detenzione, a livello di gestione locale, di gestione politica e pianificazione. Destano anche preoccupazione i numeri crescenti dei detenuti e dei casi di autolesionismo: manca una riflessione dal punto di vista amministrativo e legislativo, che invece era presente quando sono stati pensati gli Stati generali. (Ascolta l'intero intervento) 

Gemma Tuccillo, capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità: a proposito dell’importanza dell’articolo 27, il quale riconosce la possibilità di diversi tipi di pene oltre a quella detentiva. Le pene alternative sono ancora poche, tuttavia sono assai cresciute nel numero durante gli ultimi anni: è aumentato in particolare il ricorso agli uffici di esecuzione penale esterna. A questo proposito è in corso un lavoro di avvicinamento a questi sistemi alternativi da parte di volontari della società civile e delle famiglie dei detenuti. Tali misure sono una risorsa positiva da incentivare soprattutto per la categoria dei giovani adulti detenuti. (Ascolta l'intero intervento)

Gennaro Migliore, sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia: l’esperienza degli Stati generali è ancora viva e sollecita una grande partecipazione, ma necessita di una maggiore coordinazione e di una migliore comunicazione come strumento di creazione culturale. Una strategia nuova dovrebbe mirare a rendere pubbliche le iniziative degli Stati generali. Il tema della battaglia culturale è centrale, viste le tendenze politiche attuali. Anche la crescita nel numero delle persone ristrette è un elemento da tenere in considerazione e sul quale porsi delle domande; dovrebbe sollecitare una riflessione collettiva della magistratura sull’applicazione delle misure di custodia cautelare e delle misure di sicurezza. Riferimento alla crescita preoccupante nel numero dei suicidi: è necessario mettere al centro delle azioni la dignità delle persone. (Ascolta l'intero intervento)   

Marco Ruotolo, Ordinario di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Roma Tre: gli Stati generali hanno avuto risultati importanti sia dal punto di vista culturale che da quello della produzione della documentazione. Tuttavia, se c’è stato un fallimento, è stato il fatto non essere riusciti a mettere il tema dell’esecuzione penale al centro del dibattito pubblico. È anche presente un rischio concreto che il disegno di legge delega, risultato dal precedente incontro degli Stati generali, venga modificato prima dell’approvazione. Il ruolo degli Stati generali deve diventare un ruolo critico, non di consulenza. (Ascolta l'intero intervento)

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