Lettera aperta al mondo della cultura e dello spettacolo: aboliamo l’ergastolo

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PRIME ADESIONI:

Girogio Arlorio, Mimmo Calopresti, Eugenio Cardi, Ascanio Celestini, Simonetta Cossu, Sandro Curzi, Erri De Luca, Maura Gualco, Ugo Gregoretti, Leo Gullotta, Wilma Labate, Carlo Lizzani, Salvatore Mannuzzu, Citto Maselli, Mario Monicelli, Ponentino Trio, Massimo Ranieri, Piero Sansonetti, Furio Scarpelli, Ettore Scola, Pasquale Scimeca, Barbara Valmorin, Daniele Vicari.

 

 

"L’ergastolo è una pena che rende il nostro futuro uguale al passato, un passato che schiaccia il  presente e toglie speranza al futuro… E’ una morte bevuta a sorsi. E’ una vittoria sulla morte perché è più forte della morte”. Scrivono così oltre trecento persone condannate all’ergastolo e detenute nelle carceri italiane e si rivolgono al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ed alla senatrice del PRC-SE Maria Luisa Boccia, prima firmataria del disegno di legge per l’abolizione dell’ergastolo. E’ un messaggio forte (“siamo stanchi di morire un pochino tutti i giorni. Abbiamo deciso di morire una volta sola, le chiediamo che la nostra pena  sia tramutata in pena di morte”), un grido di fronte al quale non si può girare la testa e far finta di non sentire. La questione dell’abolizione dell’ergastolo, una pena che esclude per il condannato la prospettiva di una nuova vita, è questione da sempre al centro delle battaglie progressiste, è un obiettivo irrinunciabile di civiltà giuridica, è il cardine di quel “diritto penale minimo e mite” che solo può invertire la spirale perversa che continuamente si crea tra le urla scomposte del giustizialismo, l’emarginazione di intere fasce sociali, la negazione dei diritti e della speranza.
 

"L’ergastolo è una pena che rende il nostro futuro uguale al passato, un passato che schiaccia il  presente e toglie speranza al futuro… E’ una morte bevuta a sorsi. E’ una vittoria sulla morte perché è più forte della morte”. Scrivono così oltre trecento persone condannate all’ergastolo e detenute nelle carceri italiane e si rivolgono al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ed alla senatrice del PRC-SE Maria Luisa Boccia, prima firmataria del disegno di legge per l’abolizione dell’ergastolo. E’ un messaggio forte (“siamo stanchi di morire un pochino tutti i giorni. Abbiamo deciso di morire una volta sola, le chiediamo che la nostra pena  sia tramutata in pena di morte”), un grido di fronte al quale non si può girare la testa e far finta di non sentire. La questione dell’abolizione dell’ergastolo, una pena che esclude per il condannato la prospettiva di una nuova vita, è questione da sempre al centro delle battaglie progressiste, è un obiettivo irrinunciabile di civiltà giuridica, è il cardine di quel “diritto penale minimo e mite” che solo può invertire la spirale perversa che continuamente si crea tra le urla scomposte del giustizialismo, l’emarginazione di intere fasce sociali, la negazione dei diritti e della speranza.
 

Per questa ragione l’Associazione Antigone, la Sinistra Europea e il Partito della Rifondazione Comunista hanno organizzato un pubblico convegno il 18 giugno sull’argomento (Roma, ex hotel Bologna, ore 17) e lanciano un appello al mondo della cultura e dello spettacolo  perché possa veicolare questo grido di dolore e di  sollecitazione che viene dalle  carceri e spingere le forze parlamentari ad una scelta coraggiosa, opportuna e civile.