Quel che so dell'ufficio del Garante dei detenuti di Roma e quel che penso della discussa nomina di un ispettore di polizia

di Stefano Anastasia

Scrivo come persona informata dei fatti, essendo stato – con Antigone – tra i promotori delle prime proposte per l’istituzione di un garante dei detenuti e io stesso, tra il 2003 e il 2006, quando la figura del Garante muoveva i suoi primi passi nel Comune di Roma, direttore dell’ufficio che ne avrebbe dovuto sostenere l’attività. Come persona informata dei fatti posso testimoniare che l’ispettore Vincenzo Lo Cascio è incompatibile con l’incarico di Garante delle persone private della libertà nel Comune di Roma affidatogli dal Sindaco Alemanno.
Non me ne vogliano il segretario della sua organizzazione sindacale, orgoglioso del riconoscimento, il mio amico Beppe Lumia che ne canta le lodi e lo stesso Lo Cascio, che ho incontrato solo una volta in vita mia e per il quale non ho alcuna riserva mentale: il problema non è personale, né nella sua esperienza professionale (è il leader de La Destra Storace che dice che è come mettere Dracula a capo dell’Avis), ma nella sua appartenenza ai ranghi dell’Amministrazione penitenziaria. So che è difficile fare un discorso di questo genere in Italia, di questi tempi, ma il problema è istituzionale. Non a caso la delibera istitutiva esplicita una incompatibilità per chiunque eserciti una funzione pubblica nel campo della giustizia e della sicurezza pubblica.
Mi si potrà rispondere che Lo Cascio non eserciterà alcuna funzione pubblica durante il mandato, essendosi messo in aspettativa, ma resta il fatto che alla scadenza del mandato rientrerà nei ranghi dell’Amministrazione penitenziaria, alle dipendenze funzionali di un dirigente o al fianco di un collega al quale avrebbe dovuto contestare qualcosa nella sua attività di Garante dei detenuti: avrà avuto il coraggio di farlo, di tener fede al suo mandato istituzionale? Il solo sospetto che così possa non essere rende Lo Cascio un interlocutore infido per chi, viceversa, vi si dovrebbe affidare.
Per molto meno, Antigone ha aspettato che Patrizio Gonnella fosse fuori dall’Amministrazione penitenziaria da sette anni e certo di non rientrarci più per affidargli la presidenza di una libera associazione di privati cittadini e oggi sì, dopo tre anni che non ne è più dipendente, potrebbe essere nominato Garante nazionale dei detenuti, come gli augura Rita Bernardini.
Ricordo le motivazioni con cui un vecchio amico si congedò dalla magistratura al termine del mandato parlamentare: non è sufficiente sentirsi indipendenti nello svolgimento di un’attività istituzionalmente terza, è essenziale che anche le parti ti riconoscano come tale. Delle due l’una, caro ispettore, si dimetta irrevocabilmente dall’Amministrazione penitenziaria o rinunci all’incarico che il Sindaco di Roma le ha affidato incautamente.