Indulto e immigrati, il Governo intervenga per evitare espulsioni illegittime, Liberazione 8/9/06

Indulto e immigrati,
il Governo intervenga per evitare espulsioni illegittime
Arturo Salerni*
Mario Angelelli**
Sono circa 7mila i cittadini stranieri che hanno beneficiato dell’indulto; la maggior parte di loro è priva di permesso di soggiorno. Una situazione insostenibile dovuta alla legislazione vigente che prospetta strade irte di ostacoli per il rinnovo del permesso di soggiorno di ex detenuti stranieri. Si va dalle preclusioni inderogabili al rinnovo previsto per chi ha commesso determinati reati, fino ad arrivare alla discrezionalità assoluta posta nelle mani delle forze dell’ordine che possono negare tale diritto anche a chi ha commesso reati di lieve entità ed ha dimostrato di voler reinserirsi nel tessuto sociale. Capita così l’assurdo che un detenuto straniero può beneficiare delle misure alternative, può accedere al lavoro all’esterno durante la detenzione e una volta fuori non può più lavorare perché, fuori dal carcere, diventa, quasi automaticamente, un irregolare. E capita spesso che i primi a lagnarsi di tale situazione siano proprio i datori di lavoro che hanno instaurato un rapporto di fiducia con il proprio dipendente, che vorrebbero perciò continuare a tener in vita il rapporto di lavoro, ma che rischiano di essere incriminati di favoreggiamento alla immigrazione clandestina nel caso in cui continuino ad avere alle dipendenze l’ex detenuto.

Così, lo straniero che ha già scontato la sua pena dopo il carcere ne sconta un’altra, assolutamente non prevista: la pena perpetua della clandestinità, dell’impossibilità di (continuare a) lavorare regolarmente, del non poter progettare un futuro. Avviene così che l’ex detenuto straniero viene raggiunto da un decreto di espulsione dallo Stato con tutto ciò che ne consegue: accompagnamento alla frontiera o detenzione in Cpt o intimazione a lasciare il territorio entro cinque giorni. E chi non si allontana dal territorio dello Stato entro tale termine rischia fino a quattro anni di carcere: nel 2005 sono stati 10mila gli stranieri che sono transitati in carcere per non aver ottemperato all’intimazione. Fortunatamente è però intervenuta di recente la Corte di Cassazione evidenziando l’illegittimità dell’arresto in tali circostanze; ma resta sempre il problema del trattenimento nei Cpt o l’accompagnamento alla frontiera per persone che commettono un illecito amministrativo: persone che, nel caso di stranieri sottoposti a misure alternative, spesso potrebbero continuare a lavorare regolarmente ma al contrario sono costrette a ingrossare le fila del lavoro irregolare o, peggio, della criminalità.

Succede così che a seguito dell’approvazione dell’indulto e della conseguente scarcerazione di 7mila cittadini stranieri, quasi tutti gli interessati sono stati raggiunti dall’ordine di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni e, nonostante la sentenza della Cassazione, alcuni stranieri che non hanno ottemperato sono stati tratti in arresto.

Tale stato dei fatti ci porta a chiedere al Governo di intervenire immediatamente al fine di far cessare il ricorso a questa prassi. E’ peraltro auspicabile che il Parlamento intervenga per l’abrograzione del reato di mancata ottemperanza all’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato: deve trattarsi al più di un illecito amministrativo da sanzionare sul piano amministrativo e non sul terreno penale. Urge anche la necessità di introdurre regole chiare relativamente ai motivi ostativi al rinnovo del permesso di soggiorno che eliminino la assoluta discrezionalità che oggi caratterizza tale procedura. Si avverte inoltre la necessità di introdurre un meccanismo di “regolarizzazione permanente”, previsto nel programma di governo, che permetta di regolarizzare la posizione di chi, pur avendo commesso un reato, ha scontato una pena ed ha dimostrato di voler reinserirsi lecitamente nel tessuto sociale, come nel caso di chi ha beneficiato di misure alternative alla detenzione e ha la possibilità di continuare a lavorare anche a seguito della scarcerazione.

E’ importante l’impegno del ministro Ferrero di destinare 17 milioni per il reinserimento di ex detenuti. Questo intervento va accompagnato da un mutamento delle regole. Se la situazione non cambia migliaia di cittadini stranieri non potranno usufruirne e lo Stato avrà gettato alle ortiche tutto ciò che si è speso (in termini di energie e competenze di operatori, magistrati, familiari, datori di lavoro…) per prospettare un percorso di reinserimento del detenuto straniero. E a pagarne il prezzo non sarà solo lo straniero.

*Responsabile carceri Prc
**Presidente Progetto Diritti