Tra Caltanissetta ed Agrigento ancora profughi in trappola, meltingpot.org, 24/10/06

Tra Caltanissetta ed Agrigento ancora profughi in trappola

Lo scandalo esploso attorno alle fughe del Centro di detenzione di Caltanissetta non stupisce, è una conseguenza diretta della larga discrezionalità con la quale vengono gestiti i Cpt ed i centri di identificazione, soprattutto quando la medesima struttura è un centro "polifunzionale", come voluto da Pisanu e mantenuto da Amato.
In questo caso, come già verificato anche a Crotone, il passaggio da una zona ad un’altra, può significare l’attenuazione dei controlli e la possibilità di un allontanamento, se non di una vera e propria fuga.
Non si possono esprimere giudizi anticipati su una vicenda che è ancora tutta da chiarire: certamente anche la gestione da parte delle associazioni private presenti in queste strutture è caratterizzata da una larga discrezionalità, dietro la quale ci sono spesso, in molti cpt italiani, "ricarichi" sui servizi forniti ai migranti detenuti, trattamenti di favore verso alcuni, atteggiamenti sanzionatori verso altri.
Quello che indigna subito è il trattamento riservato ai rifugiati che hanno denunciato i casi di "fuga a pagamento" ed un trattamento generalmente discriminatorio all’interno del centro di Caltanissetta.
Nessuno si è preoccupato di proteggere la loro immagine ed i loro nomi, e adesso rischiano loro e rischiano soprattutto le loro famiglie, dopo che le ambasciate dei paesi di provenienza hanno potuto avere informazioni così precise sui richiedenti asilo. In Eritrea i familiari dei rifugiati identificati vengono arrestati e sottoposti a condizioni detentive disumane. La richiesta di asilo è sempre un atto contro il paese di provenienza ed i sistemi di ritorsione verso gli asilanti e le loro famiglie dovrebbero essere noti a tutti.
Altro dato assai preoccupante che ormai connota l’intera vicenda, ancora agli inizi, è la intimidazione subita dai rifugiati che avevano testimoniato sui gravi fatti che accadevano a Caltanissetta, denunciati per calunnia sulla base di affermazioni attribuite loro, ma che non avevano mai reso effettivamente (relativamente ad una possibile inerzia delle forze di polizia durante le fughe).
Ad Agrigento, dove erano ospitati da una associazione che opera nell’ambito del cd. Progetto nazionale asilo, sono stati raggiunti per strada da tre funzionari della Questura di Caltanissetta ed interrogati in circostanze assai sospette, presso la sede della stessa associazione, sembrerebbe senza la presenza di un avvocato e di interpreti indipendenti. Ancora più grave il fatto, perché alcuni dei profughi hanno ricevuto solo un permesso di soggiorno temporaneo per protezione umanitaria ed al primo rinnovo questo permesso di soggiorno potrebbe non essere rinnovato, come già successo in passato, sempre per effetto della larga discrezionalità concessa alla polizia nella gestione di questo tipo di permessi.
Sbattuti in prima pagina, denunciati e sotto la pressione della polizia, insomma, un destino veramente triste per uomini in fuga da persecuzioni, alcuni dei quali, sopravvissuti ad un naufragio, hanno visto morire amici e parenti.
Adesso si tratta di trasferire immediatamente in un luogo protetto i testimoni di giustizia che hanno denunciato quanto avveniva nel CPT di Caltanissetta, occorre fornire loro mezzi ed informazioni per mettere in sicurezza le famiglie che hanno dovuto lasciare, se necessario, operando anche a livello internazionale. A tutti deve essere fornito un permesso di soggiorno il cui rinnovo non dipenda dal mutevole orientamento dell’ufficio stranieri di una questura italiana, ed i mezzi per una assistenza legale gratuita.
Ma soprattutto è necessario che questi fatti non accadano più.
Come è stato chiuso il CPT di Agrigento, nel 2005, dopo le denunce delle associazioni antirazziste ed una visita della Commissione per la prevenzione della tortura, deve essere immediatamente chiuso anche il Centro "polifunzionale" di Caltanissetta, e la commissione De Mistura sui CPT, che nelle prossime settimane avrebbe dovuto visitare i centri di detenzione siciliani, dovrà acquisire presso le Questure competenti tutta la documentazione relativa ai fatti denunciati, ed indagare anche sulla gestione del Progetto nazionale asilo ad Agrigento, presso il quale i profughi hanno pure lamentato gravi disservizi.
Quanto successo ad Agrigento svela definitivamente la ipocrisia dei centri "polifunzionali" di detenzione amministrativa, che non possono essere superati in alcun modo, ma vanno chiusi immediatamente perché realizzano, anche ai danni dei richiedenti asilo, forme di privazione della libertà personale in contrasto con il dettato inderogabile dell’art. 13 della Costituzione italiana, che prevede che la detenzione amministrativa sia limitata a casi urgenti ed eccezionali, sotto il costante controllo dell’autorità giurisdizionale.
Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo