Veneto, dopo il Muro un fossato anti nomadi, Il Corriere della Sera, 02/11/06

E' in provincia di Vicenza la seconda opera contestata. L'assessore: dobbiamo vendere il terreno, serve libero

Veneto, dopo il Muro un fossato anti nomadi

La giunta di centrosinistra di Schio: trincea di 200 metri impedisce la sosta. I Verdi: incivile

SCHIO (Vicenza) — A Nordest, anche i sindaci dell'Unione sventolano la bandiera del decisionismo e «mostrano i muscoli». Parola d'ordine: rispetto della legalità. Cominciò Flavio Zanonato (Ds) con il «muro anti- spaccio», tirato su in un quartiere di Padova, per colpire gli extracomunitari trafficanti di droga. Adesso tocca a Luigi Dalla Via (Margherita), primo cittadino di Schio (Vicenza), che ha firmato un'ordinanza di sgombero contro i nomadi abusivi. Non parole, fatti. Ecco, ai margini della strada, che taglia l'area industriale del paese, un fossato. A occhio, sono duecento metri di lunghezza, uno di profondità, 80 cm di larghezza.

Tanto basta per impedire alle carovane degli zingari di parcheggiare nell'erba secca dello spiazzo che si stende tra capannoni e fabbriche. Le ruspe comunali sono entrate in azione dopo i numerosi, troppi, interventi dei vigili urbani, incaricati di vedersela con gli abusivi, per far rispettare loro la legge. A dirla tutta, il fossato di Schio ha una ragione in più: il terreno in questione — in parte di proprietà privata, in parte municipale — ora è in vendita. «Chi intende acquistarlo, ovviamente, vuole che sia libero», nota Emiliana Laugelli, assessore ai Servizi sociali. Le regole si mischiano alle realistiche esigenze dell'amministrazione comunale. Tant'è. Il provvedimento del sindaco Dalla Via fa discutere come l'azione del collega Zanonato. E qualcuno s'interroga: nel centrosinistra è cambiato il vento? Questi sindaci sono gli emuli dei leghisti duri e puri del Nordest? Le cose non stanno esattamente così.

La tendenza al «pugno di ferro», è vero, potrebbe, sulle prime, suscitare un po' di stupore (anche se, per intenderci, siamo ben lontani dalle rudi sortite di Giancarlo Gentilini, «sceriffo» di Treviso, che si è fatto vanto di picchiar duro contro la teppaglia degli immigrati). Vista da vicino, dunque, l'iniziativa di Schio si definisce e si spiega meglio. Questo comune che conta 39.000 abitanti è noto, infatti, per le sue politiche di integrazione. Sia nei confronti degli extracomunitari, sia nell'accoglienza dei nomadi. L'assessore Laugelli ci mostra il progetto «So-stare» finalizzato proprio all'inserimento nella comunità locale degli zingari (sinti e rom) che, a causa dell'evoluzione socio-economica dei territori da loro battuti, oggi tendono alla stanzialità.

E il sindaco Dalla Via ricorda come un gruppo di sinti, dopo un faticoso e tormentato lavoro di recupero e di assistenza («tra gli attacchi e le polemiche dell'opposizione leghista»), ha ottenuto dal Comune un'area di parcheggio per le roulotte, con regolari allacciamenti di acqua ed elettricità. Il capofamiglia è Pietro Helt, padre di dodici figli. La moglie Lucia lavora in una cooperativa di servizi, i più piccoli vanno a scuola, l'assistenza sanitaria è garantita. Spiega l'assessore: «Se tutte la amministrazioni del nostro comprensorio adottassero una linea unitaria, le cose andrebbero meglio. Invece, per citare due esempi, i municipi leghisti di Malo e Piovene Rocchette, maestri nello scavare fossati e nelle ordinanze di sgombero, non ne vogliono sapere dei nomadi. Risultato? Si riversano tutti nel nostro territorio, creandoci problemi con i cittadini». «In buona sostanza — aggiunge il sindaco — non c'è contraddizione tra il rispetto della legalità e il dialogo. L'abusivismo che determina allarme sociale (a causa del degrado e della microcriminalità) va combattuto. Senza perdere di vista, però, l'obiettivo dell'integrazione». Ma i Verdi locali non sono d'accordo: «Un paese civile non deve ricorrere a queste soluzioni per far rispettare la legge».
Marisa Fumagalli