Ocalan sta morendo Turchia sotto accusa, Il Manifesto, 02/03/07

Diritti umani La denuncia degli avvocati di Abdullah Ocalan. Dove sono l'Europa e l'Italia?
Ocalan sta morendo Turchia sotto accusa
L'avvocato Pisapia chiede al nostro governo un intervento risoluto: «E' un dovere giuridico, politico e morale». I legali turchi invocano l'intervento della Commissione per la prevenzione della tortura Da un'analisi imparziale dei capelli del leader kurdo emergono dati sconvolgenti: il cadmio e lo stronzio hanno una concentrazione altissima e potrebbero provocare la morte del prigioniero recluso dal '99 a Imrali
Loris Campetti
Abdullah Ocalan è in pericolo di vita. Parte da Roma la denuncia dei suoi avvocati: «Lo stanno avvelenando». A dire il vero, il pericolo per la vita del leader kurdo sussiste da quel maledetto giorno in cui venne arrestato in Kenia, grazie a un vero e proprio atto di pirateria internazionale a cui parteciparono, con il sostegno dei famigerati servizi segreti turchi (Mit), i servizi Usa e israeliani - Cia e Mossad. Ocalan era stato «convinto» dal governo D'Alema, sotto la pressione di una Turchia in rivolta contro l'Italia, a lasciare il nostro paese alla volta di una meta sicura. Si è visto quanto sicura. Dal 16 febbraio 1999, Apo (che vuol dire zio, così lo chiamano i kurdi della Turchia) tenta di sopravvivere nel carcere di massima sicurezza di Imrali, uno dei bunker più protetti del mondo, affogato in un'isoletta inavvicinabile del Mar di Marmara.
Qui a Imrali è stato processato, Apo, qui è stato condannato a morte, sentenza poi trasformata in ergastolo e cioè in morte lenta, per mettere a posto la coscienza di un'Europa complice del regime di Ankara. Qui a Imrali Ocalan è costretto a un gravissimo isolamento, rarissimamente gli è consesso di incontrare i familiari e gli avvocati, le sue condizioni peggiorano di mese in mese e i «medici di regime» si limitano a misurargli saltuariamente la pressione, la temperatura e il peso. Dal suo avvocato Irfan Dundar, l'ultimo ad aver incontrato Ocalan, apprendiamo che il leader kurdo del Kongra-gel - sano come un pesce al momento dell'arresto - soffre di angina e faringite e ha gravi problemi di respirazione. Ma tutto questo fa parte della «normalità» carceraria di Imrali, dove Ocalan è l'unico prigioniero. Ora la situazione si è fatta molto più grave, al punto di convincere gli avvocati italiani e turchi - che ieri hanno tenuto una conferenza stampa a Roma - a lanciare un grido d'allarme alle istituzioni e all'opinione pubblica internazionali: forse stanno uccidendo il prigioniero. Forse lo stanno «progressivamente avvelenando».
La storia degli esami di Ocalan è rocambolesca, come tutta la sua vita. In un modo che per ragioni di sicurezza personale non è stato precisato, sei capelli del prigioniero sono stati consegnati al dottor Pascal Kintz in Francia. Si tratta di un'autorità mondiale nell'analisi dei capelli. «Non mi hanno detto di chi fossero - ha precisato nel suo rapporto e ha ribadito dalla Francia in collegamento con la conferenza stampa romana - se non dopo che l'analisi era stata effettuata». Quel che emerge dal rapporto e dal racconto del dottor Kintz è sconcertante, ed è stato confermato da altri due luminari indipendenti, il professor Antonio Oliva dell'Università cattolica del Sacro cuore e il professor Jan Alexander di Oslo. Nel campione prelevato da Ocalan è stata rinvenuta la presenza di 32 elementi, comprese tracce di arsenico, piombo e argento. Quello che più preoccupa, però, è il cromo, presente con una concetrazione 7 volte superiore alla norma, nonché lo stronzio, 100 volte al di sopra della concentrazione media. Ciò spiegherebbe, dicono gli avvocati kurdi Irfan Dundar e Mahmud Sakar, il pesante aggravamento delle condizioni di salute di Ocalan che da tre settimane denuncia, oltre ai problemi antichi, bruciori su tutto il corpo, la pelle che si squama e gravi problemi circolatori alle gambe. Secondo gli esperti che hanno realizzato le analisi e letto i risultati, il prigioniero malato dovrebbe essere subito allontanato da Imrali e trasferito in ospedale dove dovrebbero essere subito effettuati nuovi e più particolareggiati esami. Mentre il cromo3 non è pericoloso, anzi aiuta i processi metabolici, il cromo6 è tossico e addirittura cancerogeno, colpisce il fegato, i reni, la pelle e i polmoni, ha precisato il professor Kintz. La tossicità dello stronzio, invece, non è ancora scientificamente accertata.
Il professor Oliva ritiene neccessaria un'analisi dei luoghi in cui Ocalan è costretto e il controllo delle acque e del cibo che vengono somministrati al prigioniero. E' il caso di ricordare, come fa l'avvocato Giuliano Pisapia che ha difeso Ocalan nel periodo della sua prigionia-soggiorno in Italia fino al suo arresto, e ancora nella richiesta poi accolta di concedergli asilo politico, che il cibo è fornito e controllato direttamente dallo stato turco. Uno più uno fa due, ma fino a prova contraria, cioè fino a quando non saranno fatti esami più approfonditi ad Abdullah Ocalan, nessuno se la sente di trarre conclusioni definitive. Gli avvocati turchi e italiani - insieme a Pisapia era presente alla conferenza stampa anche Mario Angelelli - lanciano un appello alle Nazioni unite, alla Commissione europea e alla Cpt (Commissione europea per la prevenzione della tortura) di intervenire urgentemente nei riguardi del governo turco che ha in custodia Ocalan ed è responsabile della sua salute. Se si vuole salvare il leader kurdo bisogna tirarlo fuori subito dall'inferno in cui è stato abbandatonato. L'Europa avrebbe più d'una carta per farsi sentire con il premier turco Erdogan: l'ingresso di Ankara nell'Ue, che si è già allontanato, anzi congelato in relazione alla vicenda di Cipro, è incompatibile con la costante violazione dei più elementari diritti umani. Anche se le non numerose forze democratiche turche e kurde vedono nell'ingresso in Europa l'unica possibilità di emancipazione del paese dallo stato semidittatoriale in cui oppresso, e anche se alcune aperture alla democrazia sono state avviate negli ultimissimi anni, la vita di Ocalan e il rispetto dei diritti umani sono - devono essere - conditio sine qua non per riaprire i negoziati.
Ma c'è un altro soggetto che ha non poche responsabilità nei confronti dell'uomo che, con pazienza e coraggio, continua a subire una sorte ingiusta e al tempo stesso a indicare soluzioni pacifiche del conflitto kurdo-turco: è l'Italia. «Il governo ha l'obbligo giuridico, politico e morale di intervenire, sollecitando una verifica immediata e chiedendo al governo turco di autorizzare l'ingresso a Imrali» di una delegazione di medici indipendenti per verificare le condizioni di salute di Ocalan. E' possibile sperare che nei confronti della turchia l'Italia mostri un'autorevolezza e un'autonomia un po' maggiori di quelle che sta mostrando con gli Stati uniti?