Caso Guerrieri. A due anni dalla morte del giovane Antigone ribadisce la richiesta di giustizia

regina coeliIl 24 febbraio 2017, nel carcere romano di Regina Coeli, si tolse la vita impiccandosi Valerio Guerrieri, giovane ragazzo di 21 anni. A due anni da quel fatto sono in piedi due diversi filoni processuali. Da una parte quello che vede coinvolti alcuni agenti di polizia penitenziaria e personale medico del carcere, accusati di omicidio colposo; dall'altro quello relativo al trattenimento senza titolo del giovane all'interno dell'istituto penitenziario. 

"Pochi giorni dopo la morte del ragazzo la madre si rivolse alla nostra associazione, inviandoci anche una lettera che il figlio le scrisse poco prima di suicidarsi. In quella lettera, che ci invitò a rendere pubblica, cosa che facemmo, era evidente il precario stato psicologico di Valerio" ricorda Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "La madre ci raccontò la vicenda del figlio, chiedendo un nostro impegno affinché se ne potessero chiarire tutti gli aspetti e avere giustizia. Una richiesta che abbiamo fatto nostra". 

Come spesso accade in questi casi, furono proprio le denunce presentate dalla madre di Valerio Guerrieri per quanto riguarda l'ipotesi di omicidio colposo, e di Antigone sulla questione del trattenimento senza titolo, che diedero avvio alle indagini.
"Mentre per il primo filone di inchiesta, quello sull'omicidio colposo, si è già arrivato al rinvio a giudizio degli indagati, sulla questione del trattenimento senza titolo nei mesi scorsi fu chiesta l'archiviazione del caso. Richiesta a cui ci siamo opposti" come spiega Simona Filippi, avvocato della madre del ragazzo e di Antigone. "Il giudice - prosegue l'avvocato Filippi - ha accolto la nostra opposizione ordinando al PM di iscrivere i presunti responsabili nel registro degli indagati".


Al momento di suicidarsi Valerio Guerrieri non si sarebbe dovuto trovare a Regina Coeli. Il Giudice, dieci giorni prima, aveva infatti revocato la custodia in carcere e il giovane doveva essere portato in una Rems (Residenza per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza). 

"Il caso di Valerio Guerrieri non è l'unico caso di trattenimento illegittimo in carcere di cui abbiamo avuto notizia. Purtroppo, a differenza di altri, è stato però un caso che ha avuto un epilogo tragico" dichiara ancora Patrizio Gonnella. "Per questo siamo impegnati nella ricerca della giustizia. Per Valerio, ma anche per affermare un principio fondamentale, che persone come lui non si possono curare dietro le sbarre, ma le si dovrebbe curare affidandole al sostegno medico, sociale, psicologico dei servizi del territorio".