Salute mentale e REMS

Salute mentale e REMS

1024 561 XV rapporto sulle condizioni di detenzione

 

Tornano i manicomi (in carcere)?

Con il sistema delle Rems ormai “a regime”, rimane il nodo della salute mentale in carcere

La preoccupazione per il dilagare del disagio psichico nelle carceri è una delle principali questioni che ha segnato l’anno penitenziario. Le carceri si stanno trasformando nei nuovi manicomi italiani? Quanto questo dubbio è frutto di semplice percezione e quanto invece è supportato da dati oggettivi?

È questa la provocatoria domanda su cui si è concentrata l’osservazione di Antigone. Abbiamo indagato quali siano gli strumenti, normativi e operativi, a disposizione degli operatori penitenziari per rispondere alla richiesta di tutela della salute mentale delle persone recluse.

Il tema è così centrale che molte istituzioni, come vedremo tra gli Approfondimenti di questo XV Rapporto, se ne sono occupate, in ultimo la Corte Costituzionale con la pronuncia n. 99 del 2019 e il Comitato Nazionale di Bioetica con un parere emesso nel marzo 2019.

L’intervento di queste istituzioni ha parzialmente permesso di riparare alla timidezze del legislatore, il quale ha scelto – inspiegabilmente! – di non esercitare la legge-delega che chiedeva di “potenziare l’assistenza psichiatrica negli istituti di pena”. Eppure, all’attenzione del legislatore c’erano le proposte degli Stati Generale dell’Esecuzione Penale (Tavoli 10 e 11) e della “Commissione Pelissero” (qui una sintesi). Niente da fare, dai tre decreti che riformano l’Ordinamento penitenziario pubblicati in Gazzetta Ufficiale sono stati chirurgicamente espunti tutti i riferimenti alla tutela della salute mentale nel contesto penitenziario. Nessuno si illude che un seppur coraggioso intervento legislativo possa “risolvere” il problema, ma almeno avrebbe incentivato il diffondersi di pratiche virtuose.

Si sarebbe, ad esempio, potuto intervenire su tre aspetti, ad oggi i più problematici individuati dall’Osservatorio di Antigone:

  1. il “disimpegno” in termini di personale dei servizi di salute mentale delle Asl;
  2. la mancanza di un puntuale quadro normativo che regoli le “sezioni psichiatriche” (rectius Articolazioni per la Tutela della salute mentale);
  3. Il rapporto tra carcere e REMS.

Analizziamoli in dettaglio

La media nazionale delle ore di presenza settimanale di psichiatri ogni 100 detenuti è di 8,9, quella degli psicologi di 13,5.  Significa che, virtualmente, lo psichiatra dedica al singolo detenuto meno di 5 minuti alla settimana, mentre lo psicologo intorno agli 8 minuti settimanali.

Il personale

Negli 85 istituti penitenziari visitati, abbiamo provato a capire con che impegno, in termini di risorse umane, le Asl e, nello specifico, i Dipartimenti per la Salute mentale, si “(pre)occupano” della salute mentale delle persone detenute. Dalla riforma della sanità penitenziaria del 2008 infatti, l’individuazione di personale specializzato in cura e riabilitazione del disagio psichico non spetta all’Amministrazione penitenziaria, bensì alle Regioni e alle singole Aziende sanitarie territorialmente competenti. Ci riferiamo a figure peculiari, come i medici psichiatri, ma anche psicologi, psicoterapeuti, tecnici della riabilitazione psichiatrica, educatori specializzati. L’idea di un monitoraggio specifico si è resa necessaria per l’alto numero di segnalazioni riguardante l’impossibilità di avere un’adeguata assistenza psichiatrica e psicologica, i tempi d’attesa per le visite specialistiche, gli altissimi dati sulla somministrazione di terapie psichiatriche e i dubbi sul relativo effettivo “controllo” da parte del personale sanitario specializzato (il 28,7% dei detenuti monitorati assume infatti terapia psichiatrica, sotto prescrizione medica).

Pur con tutte i dubbi metodologici del caso, abbiamo calcolato non tanto il numero assoluto di psichiatri e psicologi presenti, ma il numero di ore che settimanalmente potevano dedicare a 100 detenuti, cosicché istituti di piccole e grandi dimensioni possono essere paragonati.

La semplice domanda circa una generica presenza dello psichiatra e dello psicologo non restituiva l’idea dell’effettiva “attenzione” data alla salute mentale.

La media nazionale delle ore di presenza settimanale di psichiatri ogni 100 detenuti è di 8,9, quella degli psicologi di 13,5.

Significa che, virtualmente, lo psichiatra dedica al singolo detenuto meno di 5 minuti alla settimana, mentre lo psicologo intorno agli 8 minuti settimanali. Questi dati poco ci dicono circa la “qualità” dei livelli di assistenza offerti, ma sono comunque significativi, soprattutto se si valutano le differenze tra gli istituti monitorati, scoprendo che i numeri più alti di presenze sono in Emilia Romagna e Toscana (alla casa circondariale di Rimini – Casetti gli psichiatri sono presenti 41 ore settimanali ogni 100 detenuti, attestandosi come presenza più alta tra gli istituti monitorati. Ad Ancona Montacuto, invece, lo psichiatra è presente per 0,3 ore settimanali ogni 100 detenuti, si tratta del dato più basso d’Italia).

Si tratta di numeri che devono far riflettere sull’efficacia dell’intervento terapeutico e riabilitativo in un contesto peculiare come quello penitenziario e su quanto il mancato o insufficiente intervento dei professionisti della salute mentale rischi di scaricare il problema sulle altre figure che vivono e lavorano in carcere, dagli educatori, al personale di sicurezza ai compagni di detenzione.

Solo un occhio superficiale (o in mala fede)  potrebbe da questi numeri desumere la necessità di nuovi posti in REMS, al contrario, serve invece potenziare i servizi psichiatrici territoriali per garantire percorsi adeguati di presa in carica, arrivando a convincere anche i giudici più refrattari, che la REMS può e deve essere l’extrema ratio

Le articolazioni per la salute mentale: esistono ancora i “repartini”

Cosa succede quando il disagio psichico in carcere raggiunge livelli che possono mettere a rischio la vita della persona e degli altri “abitanti” dell’istituto? Dall’inizio degli anni Duemila, a partire dalla casa circondariale di Torino, si è iniziato a sperimentare la nascita di “repartini” o comunque sezioni speciali dell’istituto penitenziario che avessero lo specifico compito di occuparsi della salute mentale, più e meglio che in altre sezioni dell’istituto. La loro creazione ed effettiva gestione non è mai stata normata in maniera univoca e coerente sul territorio nazionale, ma affidata a fonti secondarie, ad atti interni all’amministrazione penitenziaria o ad accordi territoriali tra l’amministrazione penitenziaria e sanitaria. Anche sulla loro denominazione, si è raggiunta una soluzione univoca solo recentemente e oggi queste sezioni prendono il nome di Articolazioni per la tutela della salute mentale. In Italia sono oggi 35, diffuse su tutte il territorio nazionale (tranne in Trentino Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia) e ospitano circa 250 persone (di cui il 12% donne, una trentina in termini assoluti).

Le caratteristiche gestionali sono piuttosto eterogenee, in generale si tratta di sezioni ad esclusiva o prevalente “gestione sanitaria”, ma rimangono pur sempre sezioni carcerararie e quindi è garantita la presenza della polizia penitenziaria e si applicano le norme penitenziarie come altrove. Alcune sono inserite all’interno di reparti sanitari (come a Cagliari), altre occupano spazi dedicati.

Come rilevato anche dal Garante nazionale e come avremo modo di analizzare nel dettaglio, il rispetto dei diritti della persona è spesso violato. Si segnalano casi di contenzione e si è rilevata (nella Casa Circondariale di Torino, anche filmata, guarda il video al minuto 2) l’esistenza di “celle lisce”, spoglie e senza suppellettili. La permanenza in queste celle, se prolungata oltre il tempo necessario a calmare l’individuo, oltre il termine della c.d “acuzia”, può integrare un trattamento inumano e degradante.

All’interno delle articolazioni si trovano infatti le persone che non possono essere curate e assistite nelle sezioni ordinarie, la maggior parte delle quali, giuridicamente, in “osservazione psichiatrica” (un periodo di 30 giorni prorogabile, in cui viene valutata la compatibilità dello stato di salute psicofisico e la detenzione). L’ingresso e l’uscita avvengono su decisione interna dell’amministrazione sanitaria e penitenziaria, senza alcuna previsione di un controllo giurisdizionale (che avviene invece nel caso di ricovero in luogo esterno al carcere).

Le REMS: il tenace rifiuto del sovraffollamento

L’altra istituzione totale direttamente chiamata in causa in tema di disagio psichico delle persone autori di reato sono le REMS (Residenze per l’Esecuzione delle misure di Sicurezza) attive dall’approvazione del definitivo superamento degli O.P.G. (Ospedali Psichiatrici Giudiziari), avvenuto con l. 81/2018.

Ad oggi sono 30 le REMS attive sul territorio nazionale, 5 di queste “private” convenzionate con le Aziende sanitarie, che sostengono, anche grazie ad un apposito fondo ministeriale, i costi di ricovero dei pazienti (sono le due piemontesi, a Bra e a San Maurizio Canavese, quella ligure di Genova Prà, la marchigiana Montegrimano e quella pugliese a Carovigno). In un solo caso, a Castiglione delle Stiviere, coincidono, anche strutturalmente, con i “vecchi” OPG.

Tutte le REMS hanno un limite massimo di posti. La legge lo limita ad un massimo di 20, che viene, in alcuni casi “aggirato”, formando un sistema polimodulare di più REMS all’interno della stessa struttura, come, ancora, nel caso di Castiglione. Proprio qui, nel centro mantovano, i posti nel sistema polimodulare sono 154 (a fronte di una capienza di 160). Difficile, sul piano quantitativo, scorgere una qualche differenza con il periodo precedente alla chiusura degli O.P.G.

Si sottolinea, anche per il 2018, che in nessun caso il limite massimo di posti è stato superato, causando dunque situazioni di sovraffollamento. Per chi si interessa di universo penitenziario, sa bene quanto questo costituisca un’importante novità: significa migliorare i livelli di cura e assistenza e salvaguardare i diritti fondamentali delle persone ricoverate.

Certo, questo produce anche un sistema di “liste d’attesa”, cioè di soggetti che “attendono” un posto in REMS per esservi ricoverati. Un sistema che potrebbe anche essere sperimentato nel sistema penitenziario.

Gli internati effettivamente ricoverati in REMS sono 629, in lista d’attesa ci sono 603 persone, molte concentrate nella Regioni del Sud (sono 114 solo in Sicilia, 67 in Calabria, 86 in Campania).

Solo un’occhio superficiale (o in mala fede) potrebbe da questi numeri desumere la necessità di nuovi posti in REMS, al contrario, serve invece potenziare i servizi psichiatrici territoriali per garantire percorsi adeguati di presa in carico, arrivando a convincere anche i giudici più refrattari, che la REMS può e deve essere l’extrema ratio, l’ultima spiaggia, quando davvero non esistono virtuosi percorsi di cura sul territorio, capaci di tutelare la sicurezza spessa meglio delle REMS.

 

Dei 629 ricoverati in REMS, 249 sono le persone in misura di sicurezza provvisoria (corrispondente alla custodia cautelare in carcere per gli imputabili). Percentualmente si tratta del 39,5%, un numero molto significativo (più alto della percentuale di detenuti non definitivi nelle carceri), che dimostra la facilità con cui le procure chiedono e i giudici per le indagini preliminari dispongono il ricovero in REMS, in attesa dell’esito processuale e di avere a disposizione le risposte dei periti in tema di infermità mentale. Un atteggiamento “custodiale” che rischia di far arrivare in REMS persone poco conosciute dai servizi territoriali e dagli stessi operatori della REMS.

Un importante strumento di monitoraggio delle REMS è costituito dall’Osservatorio sul superamento degli OPG e sulle REMS , fondato dal Comitato StopOPG che, dal 2018, visita regolamento le Residenze  per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza sul territorio italiano, pubblicando preziosi report che raccolgono informazioni sui pazienti, sul personale e sulle caratteristiche strutturali delle residenze. Tutti i report sono pubblicati e disponibili all’indirizzo www.stopopg.it

Popolazione ricoverata in REMS per posizione giuridica

Popolazione ricoverata in REMS per posizione giuridica

Tipologia Numero
DEFINITIVI art. 219 c.p. (vizio parziale di mente) 89
DEFINITIVI art. 222 c.p. (vizio totale di mente) 268
PROVVISORI art. 206 249
SOSPENSIONE O TRASFORMAZIONE MISURA art. 212 c.p. 23

Fonte: Rielaborazione dati Garante naizonale persone private della libertà