News
| Perché
nasce Antigone TOSCANA | Documenti
| Iniziative
| Links
Il libro “Massima Sicurezza” di Verde
(Odradek editore, 13 euro) E’
una storia del sistema penitenziario italiano negli ultimi trent'anni. «Dagli
anni `69-'70 - scrive Verde nell'introduzione - ai nostri giorni, cioè dal
momento in cui il nostro carcere è entrato in una fase di forte turbolenza,
aggredito da un conflitto radicale che ha aperto una feconda stagione di
riforme». E' un libro che viene dal carcere dove l'autore, da oltre dieci anni,
fa l'educatore, girando diverse sedi a contatto con detenuti «comuni» e
«politici». Da tempo scrive del carcere. A questa sua esperienza diretta,
personale e dura, il libro concede in realtà pochissimo: una parte
dell'introduzione, qualche breve racconto, scorci di vita altrui - smorzati
però dalla postilla dell'assenza di riferimenti a nomi e fatti reali, imposta
da leggi e regolamenti. Ma il suo vissuto, in filigrana, lo si può ritrovare in
tutte le pagine. Massima sicurezza riprende il filo di Il carcere in
Italia, scritto da Giulio Salierno nel 1970. Racconta le due grandi
trasformazioni che il sistema ha conosciuto, la riforma del 1975 e il processo
culminato nell'approvazione, nel 1986, della legge Gozzini, il ruolo di Nicolò
Amato dalla procura antiterrorismo alla Direzione delle carceri, fatti e
misfatti degli ultimi «riformatori» fino al fallimento di Alessandro Margara. E
prima ripercorre, a partire dal carcere, la sconfitta della lotta armata,
Tangentopoli e l'epopea dell'antimafia; l'esplosione delle tossicodipendenze,
il sovraffollamento endemico e la moltiplicazione dei detenuti stranieri.
Confutando l'armamentario ideologico della «tolleranza zero» e rovesciando le
illusioni dei provvedimenti svuota-carceri. Nel libro Verde riporta e analizza
i numeri, i mutamenti della popolazione carceraria, l'impatto delle riforme.
Massima sicurezza è, innanzitutto, un
libro che chiunque farebbe bene a leggere prima di avvicinarsi all'istituzione
totale. Fornisce strumenti e chiavi di lettura su un mondo che sfugge alla
comune osservazione, eppure riflette in modo così diretto, feroce, quel che
avviene fuori, sotto gli occhi di tutti. «Quando nelle celle delle nostre
prigioni transita il ceto politico-amministrativo delle inchieste di mani
pulite e, insieme ad esso, varcano la soglia il gruppo dirigente e i quadri
intermedi della criminalità organizzata, sono ancora visibili i segni delle
leggi emergenziali degli anni settanta e ottanta contro la lotta armata, la
madre di tutte le emergenze. Da oltre venti anni la storia di questo paese pone
la punizione penale al centro delle pratiche della politica. Quanto più è
diventati inevitabile il ricorso alla reclusione, o alla sua minaccia, tanto
più è necessario interrogarsi su questa sua necessità».
La tesi di Verde è che da un lato il sistema penitenziario si riforma,
o meglio si autoriforma, lasciando spazio a pur contradditore forme alternative
alla detenzione che tuttavia non compensano l'aumento delle carcerizzazioni
dovuto all'ideologia della «tolleranza zero», del pugno di ferro contro la
devianza (e perciò l'affollamento resta); dall'altro i meccanismi e gli
strumenti del controllo penale si estendono in misura crescente nella società,
al mondo che c'è fuori dal cercere, rivolti in primo luogo alle «classi
pericolose». Agli esclusi del neoliberismo, ai ribelli. «Troppo poveri per il
debito, troppo numerosi per la detenzione», scrive Gilles Deleuze citato in Massima
sicurezza. «Dal carcere speciale allo stato penale» è appunto il
sottotitolo.
Verde si sofferma alla fine sui centri di permanenza temporanea per gli
immigrati e sul G8 di Genova. La tre giorni del luglio 2001 gli suggerisce le
conclusioni. «La zona rossa è anche una potente metafora rovesciata del
carcere. In essa la barriera impedisce l'entrata, più che scongiurare l'uscita;
costituisce il resto dello spazio sociale come esclusione, più che recludere
l'indesiderato. (...) Bolzaneto e Forte S. Giuliano sono due caserme,
rispettivamente, della polizia di stato e dei carabinieri (...). polizia di
stato e carabinieri chiedono e ottengono ognuno un proprio sistema detentivo
dove poter gestire i loro prigionieri, così come il generale Dalla Chiesa
ottenne nel 1977 un proprio circuito carcerario dove concentrare i detenuti
politici. In queste due strutture temporanee arrivano anche gli uomini del Gom,
il reparto speciale della polizia penitenziaria nato formalmente per gestire
l'area dei detenuti per reati associativi. Il sistema penitenziario italiano
cede il brevetto del carcere duro, quello pensato e costruito per combattere le
mafie, per aggredire stavolta un dissenso politico che sta riportando nelle
strade dell'occidente immagini di un conflitto sociale che si pensava sepolto
dalla storia.
News
| Perché
nasce Antigone TOSCANA | Documenti
| Iniziative
| Links