Nel desolato panorama del sistema carcerario toscano
spicca la situazione di insostenibile sovraffollamento del carcere fiorentino
di Sollicciano. A fronte di una capienza di 550 posti, i detenuti che vi sono
“accolti” sono ormai circa il doppio, la maggioranza dei quali, tra l’altro, in
attesa di giudizio. Solo il 10% circa di loro riesce a svolgere, sia pure part
– time, le attività quotidiane;anche il vitto è diventato un problema, perché
la mensa esistente non è attrezzata per far fronte alle esigenze di un numero
così elevato di persone.
Parlare di reinserimento poi rischia di essere una tragica
farsa, se solo si considera che, a fronte di un così elevato numero di
detenuti, ci sono solo quattro educatori e che anche l’organico degli agenti
penitenziari è notevolmente inferiore rispetto alle reali necessità. A
Sollicciano ogni cella (ideata per ospitare due persone) accoglie almeno
tre detenuti, stipati in un ambiente umido e ristretto nel quale non c’è
neanche la possibilità di sedersi perché mancano i fondi per gli sgabelli.
Sul come arginare questa difficile ed iniqua situazione,
che ha innescato una serie di iniziative di protesta nelle carceri (l’ultima
iniziativa è stato lo sciopero della televisione al Don Bosco di Pisa) Aldo
Vitelli, provveditore alle carceri toscane, ha sottolineato la necessità di
concepire pene alternative alla detenzione in carcere, da scontarsi in idonee
strutture da crearsi sul territorio, in modo da riservare la pena maggiore solo
a coloro la cui colpevolezza, in relazione ai reati più gravi, sia stata
accertata in maniera definitiva.
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