Gentili candidate e candidati,
come già accadde in occasione della scorsa edizione, anche quest'anno abbiamo sentito da parte vostra un grande entusiasmo e tanta competenza riguardo i temi che ci coinvolgono. Vi ringraziamo di cuore per l'interesse dimostrato nei confronti della nostra associazione. Avremmo voluto avervi tutte e tutti con noi, ma ovviamente non è possibile.
Come è giusto che sia, ci siamo affidati alle valutazioni obbligate dal bando di concorso.
Chi non è risultato selezionato, è caldamente invitato a restare in contatto con noi.
Se Antigone potrà esservi utile per motivi di studio, di ricerca o di qualsiasi altra cosa, siamo a disposizione. Continuare a portare avanti uno sguardo consapevole e critico sul carcere e sulla penalità è fondamentale per una società aperta e democratica.
Qui trovate la graduatoria. Diamo dunque il benvenuto a chi si unirà ad Antigone per il servizio civile.
Relativamente alle violenze denunciate nell'Istituto Penale per Minorenni (IPM) Beccaria di Milano, ci auguriamo che le indagini facciano chiarezza su quanto sarebbe accaduto. È una buona notizia, nonché uno dei lasciti positivi della legge che punisce la tortura, che sta rompendo anche il muro di omertà che spesso si registrava, che il caso sia emerso anche con il contributo diretto dell'amministrazione penitenziaria.
Da tempo come Antigone denunciamo tensioni e malfunzionamenti nell'ambito delle carceri minorili, così come avevamo avuto modo di raccontare approfonditamente nel recente rapporto “Prospettive minori”, presentato lo scorso mese di febbraio. La presa in carico dei ragazzi è sempre più disciplinare e farmacologizzata, con un utilizzo smodato di psicofarmaci, soprattutto per i minori stranieri non accompagnati che vengono spostati come fossero pacchi da un IPM ad un altro a seconda delle esigenze, con una modalità che contribuisce a creare e aumentare le tensioni.
In particolare avevamo denunciato il clima interno teso di quel carcere in particolare il sovraffollamento, i lavoro di ristrutturazione che durano da anni e limitano gli spazi per le attività, la carenza di personale educativo e direttori cambiati ripetutamente nel corso di pochi anni.
La risposta di fronte a questa indagine, la prima che riguarda le carceri minorili, è di tornare a ripercorrere il modello educativo e socializzante che era stato impostato negli ultimi trent'anni, messo sotto attacco anche dagli ultimi provvedimenti governativi.
Queste le dichiarazioni di Susanna Marietti, coordinatrice nazionale e responsabile dell'osservatorio minori di Antigone.
Carceri sempre più affollate, sempre più chiuse e dove avvengono sempre più suicidi. E' in sintesi questa la fotografia che "Nodo alla gola", il XX rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, presentato oggi a Roma, offre del sistema penitenziario italiano.
I suicidi avvenuti quest'anno, ad oggi, sono arrivati a 30. Nel 2022, quando poi a fine anno furono 85 (il numero più alto mai registrato finora), se ne erano registrati 20 nello stesso arco temporale. Se la tendenza di questi primi 4 mesi si confermasse nel resto dell'anno il 2024 farebbe registrare un altro record negativo e drammatico. In carcere ci si leva la vita ben 18 volte in più rispetto alla società esterna.
L'Italia, secondo dati dell'OMS del 2019, è uno dei paesi dove ci si suicida di meno. Al contrario, se si guardano i dati del 2021 del Consiglio d'Europa, il nostro paese è al di sopra della media europea per i suicidi in carcere.
Dalle biografie delle persone che si tolgono la vita emergono in molti casi situazioni di grande marginalità. Molte le persone giovani e giovanissime, molte le persone di origine straniera. Molte anche le situazioni di presunte o accertate patologie psichiatriche. Alcune provenivano da passati di tossicodipendenza, altre erano persone senza fissa dimora. L’età media di chi si è tolto la vita in un istituto penitenziario nell'ultimo anno e mezzo è di 40 anni. La fascia più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni. Gli stranieri, tenendo conto che la percentuale della loro presenza in carcere è ad oggi leggermente inferiore a un terzo della popolazione detenuta totale (31,3%), hanno un tasso di suicidi significativamente maggiore rispetto agli italiani. In tutti gli Istituti dove sono avvenuti suicidi nell'ultimo anno e mezzo si registra una situazione più o meno grave di sovraffollamento.
Il prossimo 22 aprile, a partire dalle ore 10.00, presso la sede dell'Associazione Stampa Romana, Piazza della Torretta 36, Roma, si terrà la presentazione di "Nodo alla gola. XX Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione". Ad oggi, dall'inizio dell'anno, i suicidi nelle carceri italiane sono 29. Un numero drammatico, con un tasso di suicidi così alto che, se si confermasse anche nel prosieguo dell'anno, porterebbe il totale delle persone che si sono tolte la vita in una galera del paese ben oltre le 85 morti registrare nel 2022 (l'anno finora con più suicidi in carcere).
La maggior parte di chi decide di togliersi la vita in carcere lo fa impiccandosi, con un nodo alla gola. Nel rapporto sarà dedicato ampio spazio al tema dei suicidi, attraverso dati, statistiche, analisi e le storie di chi si è tolto la vita in un istituto penitenziario. Come sempre il rapporto di Antigone offrirà un approfondimento anche su tutti gli altri temi che riguardano il sistema penitenziario, frutto di un anno di analisi e di monitoraggio diretto delle condizioni di detenzione.
Per partecipare non è necessario accreditarsi ma, per questioni organizzative, è richiesta la conferma della presenza scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..">
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 5 aprile 2024
“Nodo alla gola” è il titolo del prossimo Rapporto di Antigone sulle carceri. Sono già 28 i suicidi nel 2024. L’ultimo della lunga e tragica sequenza è stato quello di un giovane trentaduenne nel carcere cagliaritano di Uta. Era finito in prigione un paio di giorni prima per furto. Lui è l’immagine di un sistema penale e penitenziario in crisi. Nelle carceri si respira un’aria di tensione preoccupante. Il personale deve governare durante la giornata situazioni drammatiche: detenuti che stanno male, detenuti a cui manca lo spazio vitale in quanto il sovraffollamento è cresciuto enormemente (sono 61mila secondo le più recenti rilevazioni, i più alti nell’ultimo decennio), detenuti che si tagliano, detenuti che non capiscono perché devono essere sempre chiusi in cella mentre prima non lo erano, detenuti che sono confinati in celle con letti a castello a tre piani fino anche a venti ore al giorno, detenuti che non possono andare a scuola perché la scuola è stata trasformata in dormitorio, detenuti che vorrebbero telefonare frequentemente ai propri cari come al tempo del Covid ma che non gli è più consentito, detenuti che diventano aggressivi, detenuti che subiscono aggressioni, detenuti che vengono puniti con l’isolamento, detenuti che si tolgono la vita o che ci provano e vengono salvati in extremis.
Di fronte a tutto ciò si preannunciano alcune misure da parte del Governo, da un lato per prevenire i suicidi e dall’altro per ridurre la pressione data dall’affollamento carcerario. Vengono stanziati cinque milioni di euro per rinforzare l’assistenza psicologica. Viene aumenta l’irrisoria paga oraria degli operatori in servizio che fino a gennaio 2024 ricevevano soli 17 euro lordi l’ora. Con quelle cifre è chiaro che il carcere sarà l’ultima opzione di lavoro per qualsiasi professionista. È ciò sufficiente per prevenire gesti suicidari? La storia del giovane che si è tolto la vita a Cagliari ci dimostra che molti suicidi avvengono nell’immediatezza dell’arresto e sono segnati da disperazione, senso di abbandono, solitudine.