I numeri di questo decreto flussi sono impressionanti, soprattutto il
numero complessivo di domande presentate e cioè più di 515 mila a
fronte dei 170 mila posti, ed all’appello mancano ancora le domande che
saranno inviate oggi, 21 dicembre. Facile immaginare che verrà
raggiunta e superata la quota delle 600 mila richieste.
Definire le quote inadeguate non riesce a descrivere veramente la
distanza fra la relatà e l’ostentata finzione dell’entrata attraverso
il sistema delle quote.
Le domande per l’assunzione di cittadini provenienti dai 14 paesi per i
quali il decreto prevedeva quote riservate sono più di 350 mila, la
quota totale disponibile di 47100 posti, sette volte tanto. Le domande
pervenute il 18 dicembre per l’assunzione di colf e badanti sono state
più di 136 mila, più del doppio rispetto ai posti disponibili, sommando
le domande provenienti dalla Lombardia (41600) con quelle dell’Emilia
Romagna (15221) già il tetto dei 65 mila si rivela insufficiente.
Mezzo milione di domande sono un dato di fatto, una
realtà, ed indicano incontrovertibilmente una necessità di emersione
dall’irregolarità, generale, senza precendenti. Nonostante il Ministero
continui a propinare l’idea che queste persone non siano già presenti
nel territorio nazionale la situazione va affrontata senza demagogia.
Parliamo
di persone che sono qui, irregolari, e che aspirano ad un permesso di
soggiorno perchè non vogliono vivere nella clandestinità, vogliono
costruirsi un percorso di vita il più dignitoso possibile. Se nel 2006
furono accolte tutte le domande presentate, si ripropone anche per
questo decreto una enorme quantità di domande di assunzione, frutto di
questi due anni (il Decreto Flussi per l’anno 2006 è datato 14 marzo)
in cui la legge Bossi - Fini ha continuato imperterrita a produrre
"clandestinità".
La grande volontà e richiesta di regolarizzazione dimostra che questi
cittadini ambiscono ad uscire dalla clandestinità. In questo periodo in
cui i media continuano a farcire le notizie con la facile equazione
“immigrato irregolare = insicurezza” siamo di fronte ad una richiesta
di regolarizzazione che sfata questo binomio dalle sfumature razziste.
Ma se il nostro paese non può accettare la presenza irregolare perchè
"criminosa" e "pericolosa", cosa dire di tutte queste domande inevase
che rispondevano ai requisiti richiesti per il soggiorno? Tutti con un
lavoro, tutti con una casa, i quasi 600mila click che si conteranno in
questi giorni nascondono, neppure troppo velatamente, vite di persone
che nel nostro paese sono perfettamente incluse nel lavoro, nella
produzione, nella vita metropolitana, ma che continuano a rimanere
escluse dall’accesso ai diritti.
Il “cattivo”, il "pericolo" sembrano una necessità di cui è impossibile
privarsi. Le politiche securitarie, le restrizioni e le norme che prima
la società non avrebbe accettato avranno ancora quindi il loro spazio
di legittimazione: "il clandestino" non sparirà.
In questi giorni in tanti spendono parole per tutti coloro che
resteranno tagliati fuori dalle quote, vengono descritti come brave
persone che però hanno avuto sfortuna, ma presto, malauguratamente, il
decreto flussi, e con esso tutti gli esclusi, verranno dimenticati e le
stesse persone che sfortunatamente non hanno avuto accesso ad un posto
nelle quote, torneranno drammaticamente ad essere definite
semplicemente "clandestini", pericolosi, criminali, cancellando in
poche ore la loro volontà di regolarizzarsi per tornare ad essere "il
problema nazionale".
Riapertura immediata delle quote e accoglimento di tutte le domande,
queste le uniche risposte alla verità incontrovertibile di questi
giorni. Ma il dibattito sulla sicurezza e l’equilibrio precario tra
forze di governo, già dalle prime dichiarazioni degli esponenti
politici della maggironaza, sembrano avere priorità su tutto.
E se la maggior parte dei migranti che hanno sperato in
questo decreto flussi saranno “sfortunati”, le difficoltà e gli
ostacoli non mancheranno anche per gli altri, i vincitori.
Dietro la conquista di un posto nelle quote c’è la necessità di
percorrere pericolosissimi viaggi a ritroso verso il paese di origine
ad attendere quanti dovranno ritirare il visto per un finto "primo
ingresso" su territorio nazionale.
Essere fermati ed identificati mentre si cerca di lasciare l’Italia, o
l’Europa in generale, vanifica lo sforzo dell’aver partecipato alla
lotteria del decreto flussi.
Ogni strategia, anche la più pericolosa, diventa utile e necessaria per
non perdere l’ambito permesso.
Il Ministro Ferrero davanti ai dati di questi giorni si è affrettato a rilasciare dichiarazioni secondo le quali "bisogna
fare una riflessione su quale strada intraprendere per dare una
risposta ai tanti che restano fuori dal decreto flussi. Nel 2006
abbiamo scelto di fare un secondo decreto flussi, ma con l’attuale
legge, la Bossi-Fini, si è visto che le procedure farraginose creano
lungaggini - e ancora - Io credo che non possiamo fare quello. Forse la risposta più snella è la nuova legge".
Si
parla del disegno di legge delega Amato-Ferrero, che in realtà non
andrà ad intaccare, almeno nelle linee guida che oggi sono in
discussione in parlamento, il principio base per cui gli ingressi vanno
regolati attraverso le quote, anche quelli secondo la tanto acclamata
sponsorizzazione.
Lungaggini e procedure farraginose? Il fallimento del sistema postale
approntato per il Decreto Flussi 2006 non è certo una novità: ma la
procedura telematica non avrebbe dovuto rendere tutto più semplice?