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Cucchi, la verità nascosta per dieci lunghi anni

Processo Cucchidi Patrizio Gonnella su il manifesto del 15 novembre 2019

Dieci anni fa Stefano Cucchi è stato torturato fino alla morte. I giudici lo hanno scritto nella loro sentenza. Non si può mai essere felici quando qualcuno è condannato a dodici anni di carcere, neanche in questo caso. 

Si può però essere rinfrancati, finalmente rasserenati e protetti da una decisione che avvicina le istituzioni ai cittadini. Nessuno deve ritenersi infatti al di sopra della legge. Non c’è divisa che tenga. La divisa non è uno scudo penale, non è un fattore di immunità. La divisa è fonte di accresciuta responsabilità. Chiunque svolga una delicata funzione di ordine pubblico, di sicurezza e di custodia deve sentire il peso morale di essere il primo garante della legalità e dei diritti umani. 

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Cucchi. Antigone: "Finalmente si restituisce giustizia, verità e dignità a Stefano"

Cucchi"E' una sentenza importante quella di oggi, che non ci fa gioire, così come non ci fa gioire nessuna condanna, ma che dopo dieci anni di battaglie restituisce giustizia, verità e dignità a Stefano Cucchi". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, nel commentare la decisione del Tribunale di Roma che ha condannato i a 12 anni di reclusione i due Carabinieri imputati per la morte del ragazzo, avvenuta il 22 ottobre 2009 all'interno del reparto carcerario dell'ospedale Pertini.

"All'indomani della morte di Stefano - dichiara Gonnella - avevamo contattato la sua famiglia e, insieme a Luigi Manconi, avevamo pubblicamente chiesto chiarimenti su cosa fosse accaduto a quel ragazzo che, finito nelle mani dello Stato in buone condizioni di salute, aveva subito mostrato segni di quelle che potevano essere violenze, che ora sappiamo essere state opera di alcuni appartenenti all'Arma dei Carabinieri e che ne hanno poi provocato la morte".

"Quel comunicato - prosegue ancora il presidente di Antigone - secondo il Pubblico Ministero fece partire il depistaggio che, se non fosse stato per il coraggio e la tenacia della famiglia e degli avvocati di Stefano, avrebbe anche potuto portare a spegnere ogni possibile verità sulla sorte del giovane su cui, nel corso degli anni, troppi hanno espresso pareri sprezzanti. Dunque questa - sottolinea ancora Gonnella - è una sentenza che restituisce piena dignità a Stefano Cucchi e alla sua famiglia, quella dignità che qualcuno ha tentanto di togliergli".

Alla polizia penitenziaria più poteri che ai direttori: è il carcere giallorosso

Corridoio carcereRiordino delle carriere . Un modello securitario nei decreti legislativi in via di definitiva approvazione

di Patrizio Gonnella da il manifesto del 31 ottobre 2019

Togliere poteri al direttore di carcere e trasferirli al comandante di Polizia penitenziaria: è questo il contenuto di un decreto legislativo del governo vicino all’approvazione definitiva. Sembra un testo salviniano ma è invece una proposta di questa maggioranza che potrebbe minare alla radice quel delicato equilibrio tra istanze di risocializzazione e bisogno di sicurezza che vede nel direttore il suo garante. 

Era il 1990 quando fu smilitarizzato il corpo degli agenti di custodia e istituito quello di Polizia penitenziaria. Fu una decisione politica di grande rilievo che seguì, a soli nove anni distanza, la trasformazione della Polizia in corpo civile e non più militare dello Stato. Erano tempi, quelli, nei quali chi legiferava aveva un’idea chiara di società e di giustizia. Si era a pochi anni, tra l’altro, dall’approvazione della legge Gozzini che aveva fortemente spinto verso una maggior impatto delle misure alternative alla detenzione rispetto alla pena carceraria. Il modello organizzativo penitenziario scelto a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 cercava di evitare scorciatoie securitarie e puntava su una gestione finalizzata al reinserimento sociale dei detenuti. Per questo si previde che a capo di ogni istituto penitenziario ci dovesse essere un direttore sovraordinato gerarchicamente al comandante di Polizia penitenziaria. Il direttore era ed è garanzia del rispetto degli obiettivi costituzionali della pena. 

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Ergastolo, la sentenza della Consulta è una garanzia per tutti. Anche per l’antimafia

vetrata carcereUno Stato forte, autorevole, autenticamente democratico non può tollerare una pena eliminativa. L’ergastolo ostativo, ossia l’ergastolo senza alcuna prospettiva di rilascio, è infatti una pena di tipo eliminativo. Cancella una persona dalla società vera, libera, per sempre. 

Non è in questo senso troppo diversa dalla pena di morte. La decisione della Corte Costituzionale dunque, oltre a essere profondamente giusta, è anche inevitabile. Una pena fino in fondo eliminativa non potrà mai assolvere a quella funzione rieducativa che l’articolo 27 della Costituzione gli attribuisce.  L’articolo 27 non dice che la pena deve rieducare solo alcune persone. Afferma che deve tendere alla rieducazione di tutti e che per tutti deve essere conforme a umanità. La Corte Costituzionale, così come aveva già fatto la Corte europea dei Diritti umani nel caso Viola, ha recuperato quel principio di universalità che l’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario aveva invece ampiamente derogato. 

La pena non deve essere pura afflizione. Non è costituzionalmente ammissibile. L’ergastolo ostativo, nel momento in cui condiziona un’ipotesi seppur residua di ritorno in libertà alla sola collaborazione con la giustizia e non anche al percorso di risocializzazione, va a confliggere con principi inderogabili dello Stato di diritto e dei sistemi penali liberali contemporanei.  Si tratta di conquiste oramai presenti in quasi tutto lo spazio europeo e ribadite dalle Corti supreme in non poche occasioni. Tutti i giudici e gli investigatori che sono impegnati nella sacrosanta lotta alle mafie non devono temere decisioni di giudici costituzionali che si limitano a disegnare i confini del potere di punire. È ciò una garanzia anche per loro, oltre che per la tenuta dell’intero sistema. 

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Ergastolo ostativo. Antigone: "La decisione della Consulta ribadisce il principio costituzionale di pena"

8197402220 564af88270 oAnche la Corte Costituzionale si pronuncia contro l'ergastolo ostativo. Il giudizio arriva a due settimane di distanza dalla sentenza della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che aveva definito inumana e degradante una pena che non prevedesse una possibilità di rilascio. Oggi i giudici della Consulta hanno ribadito questo principio, sostenendo l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1 dell’Ordinamento penitenziario, laddove preveda la concessione di permessi premio solo in caso di collaborazione con la giustizia, escludendo di fatto altri elementi quali la reale partecipazione ancora in essere con l’associazione criminale e il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, ciò quando il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo. 

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Il garantismo salviniano e l’apologia di reato

salvini polpendi Patrizio Gonnella, su il manifesto del 18 ottobre 2019

Chi ha a cuore lo Stato di diritto non può che essere un garantista. Il garantismo è una forma di protezione dei cittadini dagli abusi di potere delle istituzioni, ivi comprese quelle giudiziarie. Dunque essere garantisti significa credere nella presunzione di innocenza. 

Significa credere nella terzietà del giudice e nell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Gli anni berlusconiani sono stati contrassegnati da una distorta nozione di garantismo. La legge Cirielli fu un manifesto del garantismo ai tempi di Berlusconi: prescrizione breve e previsione di garanzie processuali per alcuni (i colletti bianchi), prescrizione lunga e perdita di garanzie per tutti gli altri (tossicodipendenti, autori di piccoli reati di strada, immigrati, ossia i cosiddetti recidivi). 

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Presunte violenze contro detenuti nel carcere di Torino. Antigone: "accertare la verità e interrompere la spirale di violenza"

carcere soffittoDopo San Gimignano e Monza, nell'arco di pochi giorni emergere quello che sarebbe un nuovo caso di presunte violenze contro detenuti ad opera di operatori della Polizia Penitenziaria. Stavolta i fatti si riferiscono al carcere di Torino (ne raccontavamo la condizione in questo video), dove sei agenti sono stati arrestati con l'accusa di tortura. 

"Nei casi come questo di Torino non resta che augurarsi che si faccia al più presto chiarezza su quanto avvenuto" dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. 

"Quello che è certo - dice Gonnella - è che avevamo più volte segnalato negli scorsi mesi come il clima all'interno delle carceri stesse andando peggiorando. Come cattivi maestri al potere stessero esacerbando il linguaggio, rendendo comprensivo, se non addirittura benevolo, quell’uso e abuso di una violenza “illegale”, “arbitraria” e “rapsodica”, con il rischio che questa possa venire percepita come parte della pena stessa, nella certezza interiore dell’impunità. Un uso del linguaggio riscontrabile anche su blog informativi della polizia, con detenuti appellati come "bastardi" o nella migliore dell’ipotesi camosci, riproponendo uno slang carcerario antico, offensivo e violento" sottolinea il presidente di Antigone.

"Dopo la notizia delle presunte violenze nel carcere di San Gimignano, il senatore ed ex ministro Matteo Salvini si era recato fuori dal carcere per portare solidarietà agli agenti indagati. Avevamo sottolineato come questo fosse un tragico errore proprio per il messaggio di tolleranza e comprensione verso chi è indagato per quello che è un crimine contro l'umanità, utilizzato in molti regimi autoritari e che le democrazie avanzate devono impegnarsi a combattere", sottolinea Patrizio Gonnella che aggiunge "non è certamente così che si fa un favore ai tanti operatori che svolgono il proprio lavoro nel rispetto del dettato costituzionale". 

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Le carceri in Europa. Il rapporto di Antigone e dello European Prison Observatory

prison in europeSono quasi 600.000 i detenuti nelle carceri dell'Unione Europea. Le donne sono il 5% del totale, mentre gli stranieri un quinto di tutti i detenuti. I paesi con il maggior numero di detenuti in numeri assoluti sono Regno Unito, Polonia, Francia, Spagna, Germania e Italia. Il tasso medio di carcerazione ogni 100.000 è del 118,5 e i paesi con i tassi più alti (fra il 173 e il 234,9) sono soprattutto i paesi dell’est Europa: Lituania, Estonia, Lettonia e Slovacchia. L’Italia è intorno a 100 Il tasso di affollamento nella regione dell’Unione Europea non raggiunge il 100%, il che significa che nel complesso il sistema penitenziario Europa non raggiunge la sua massima capacità, ma le situazioni fra gli stati variano considerevolmente. In particolare i sovraffollati sono Francia, Italia, Ungheria e Romania con tassi fra il 115% e 120%. È importante sottolineare che le capacità dei sistemi penitenziari non sono calcolate tenendo conto degli stessi parametri e in alcuni paesi i metri quadrati considerati sono di più che in altri. Pertanto una perfetta comparazione non è possibile.

Questi sono alcuni dei dati riportati nel rapporto sulle carceri europee presentato lunedì scorso a Roma e curato da Antigone e dallo European Prison Observatory (e che si può leggere qui in inglese e qui in italiano). 

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Processo agli indipendentisti catalani. Antigone e CILD: “Una sentenza con pene spropositate”

Catalogna“Antigone e la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili sono sconcertate per la sentenza della Corte suprema spagnola che condanna ad oltre 100 anni di carcere gli esponenti della politica e della società civile catalana, sotto processo per il referendum indipendentista del primo ottobre 2017”. A dirlo sono Patrizio Gonnella (Presidente di Antigone) e Arturo Salerni (Presidente di CILD). 

Entrambe le associazioni hanno fatto parte dell’International Trial Watch, osservatorio indipendente di monitoraggio del processo, partecipando ad alcune delle udienze tenutesi presso il Tribunal Supremo di Madrid. 

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L'ergastolo ostativo viola i diritti umani. La CEDU respinge il ricorso dell'Italia. Le dichiarazioni di Patrizio Gonnella

Secondigliano 1"Il rigetto del ricorso dell'Italia da parte della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, fa si che la decisione presa dai giudici della stessa Corte di Strasburgo lo scorso giugno, in merito all'ergastolo ostativo, sia definitiva. D'altronde già in altri casi e per altri paesi la Corte aveva sostenuto, legittimamente, che l'ergastolo senza prospettiva di rilascio violasse l'articolo 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani, nella parte in cui proibisce i trattamenti crudeli, inumani e degradanti". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone e firmatario di un amicus curie a sostegno del ricorso presentato, contro l'ergastolo ostativo, dal Prof. Davide Galliani dell'Università di Milano. "Viene così restituita finalmente ai giudici la possibilità di una valutazione discrezionale, cancellando quell'automatismo che trasformava questo tipo di ergastolo in una pena senza alcuna speranza di reintegrazione sociale, come invece la Costituzione impone".

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