Il 13 ottobre, con l'insediamento del Parlamento, è iniziata la XIX legislatura. Già nei primi giorni alcuni parlamentari hanno presentato delle proposte di legge. Tra queste alcune riguardano il sistema penitenziario. Proprio dare uno sguardo a tali proposte può aiutare a capire che carcere vuole costruire la destra al governo.
CIRIELLI (Fratelli d'Italia): "Modifica dell’articolo 27 della Costituzione in materia di responsabilità penale".
Questa è una proposta già avanzata nella scorsa legislatura. Se approvata la Costituzione sarebbe riscritta e vincolerebbe il fine rieducativo della pena a non meglio specificati criteri di sicurezza che, di fatto, potrebbero riguardare un ampio ventaglio di reati, variabili a seconda del clima politico. Come se rieducazone non ce ne fosse già troppo poca e la recidiva non fosse già troppo alta.
MORRONE (Lega): "Modifiche al codice penale, al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e altre disposizioni concernenti la tutela dell'ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari".
All'interno di questa modifica c'è la possibilità di dotare gli agenti di polizia penitenziaria della pistola taser mentre sono in sezione, cambiando un approccio che, in nome di una finalità di custodia rieducativa e non securitaria - e per la sicurezza di tutti (detenuti e agenti) - aveva portato a bandire le armi.
Da circa due settimane una donna di 85 anni è detenuta presso il carcere milanese di San Vittore. La sua condanna definitiva è di soli 8 mesi, scaturita dall'occupazione abusiva di un alloggio. Nonostante il reato non sia di grande pericolosità sociale e la pena comminata di brevissima durata, la donna è stata tuttavia condotta nel carcere del capoluogo lombardo.
Ad aggravare la situazione il fatto che la signora non è autosufficiente, richiedendo perciò un'assistenza personale e una gestione sanitaria costante da parte di altre detenute e degli operatori.
Fino ad oggi, nonostante i ripetuti solleciti dell'istituto e un'istanza di scarcerazione, la signora si trova ancora ristretta nell'istituto.
"La vicenda - sottolinea Valeria Verdolini, responsabile della sede lombarda di Antigone - investe due questioni: la sempre maggior frequenza con cui persone anche ultrasettantenni o ultraottantenni entrano in carcere, e la questione centrale della residenza, che impedisce una vera e propria presa in carico da parte dei servizi, lasciando al penitenziario l'onere di gestione residuale. La richiesta che facciamo è che per questa anziana donna si trovi il prima possibile una soluzione che le consenta di scontare la pena in un luogo più confacente e sicuro, per la sua età e le sue condizioni di salute".
"Al 30 giugno 2022 si contavano 1.065 detenuti che hanno più di 70 anni, rappresentando questi quasi il 2% della popolazione detenuta. Un numero che negli anni recenti è in costante crescita. Serve grande attenzione per la loro condizione e, dinanzi pene brevi da scontare o residue, è fondamentale trovare alternative alla detenzione" sottolinea Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "Questo passa anche dal creare strutture di sostegno sociale e abitativo che consentano a queste persone anziane (e non solo a quelle anziane) di poter accedere a misure alternative, senza che proprio la condizione sociale di partenza diventi un ulteriore elemento discriminante" conclude Gonnella.
Sarebbero 25 gli avvisi di garanzia recapitati ad agenti penitenziari, funzionari e medici in servizio al carcere di Ivrea e accusati, a vario titolo, di lesioni e falsi aggravati per le presunte violenze su alcuni detenuti.
I casi indagati dalla Procura si riferiscono al periodo che va dal 2015 al 2016. "Antigone - sottolinea l'avvocata Simona Filippi, che per l'associazione segue il contenzioso legale - era venuta a sapere di diversi casi di presunte violenze e aveva presentato alcuni esposti alla Procura di Ivrea, territorialmente competente, anche a seguito delle denunce presentate dal Garante comunale della città piemontese. Nei mesi successivi - sottolinea Filippi - abbiamo registrato un sostanziale immobilismo da parte della Procura eporediese che portò a ben due richieste di archiviazione a cui ci opponemmo. Proprio a seguito di quello che, a nostro rilievo, era un mancato esercizio dell'azione penale, chiedemmo l'avocazione delle indagini al Procuratore generale presso la Procura di Torino che, a due anni di distanza, avrebbe emanato questi avvisi di Garanzia".
Nell'atto dell'accusa - come riporta anche La Stampa - si legge che Hamed, uno dei detenuti il cui caso Antigone aveva segnalato con un esposto e ora oggetto delle indagini, fu picchiato con pugni e calci da sette agenti. In due gli tenevano ferme le braccia. Gli altri menavano. E il medico di turno della casa circondariale continuava a sorseggiare il caffè delle macchinette automatiche. Non un cenno, non un intervento per fermarli. Nemmeno una comunicazione al direttore come sarebbe stato suo dovere.
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 4 settembre 2022
«Hanno tolto il disturbo 57 detenuti, 57 persone, tutti principini e onesti italiani, hanno tolto il disturbo …finalmente una buona notizia…porca mad.. dal Friuli che non è Italia». Questo è il contenuto di una mail che abbiamo ricevuto qualche giorno fa, a commento del nostro racconto di una tragica estate carceraria italiana.
Il bestemmiatore (per rispetto nei confronti di chi si potrebbe sentire offeso ho tagliato la sua espressione) è felice per i 57 detenuti morti. Forse lo sarebbe ancora di più oggi visto che il numero delle persone che si è tolta la vita in galera è salito a 59. Un numero mai così alto negli ultimi decenni, segno di una disperazione che da individuale è diventata collettiva.
Nel solo mese di agosto ogni due giorni si è suicidata una persona in carcere. Una percentuale che, se proiettata nella società libera, farebbe tremare i polsi, facendo pensare a forme prossime al suicidio di massa. Non è facile dare una spiegazione unitaria a gesti compiuti nella solitudine individuale. Sarebbe quasi irriguardoso delle loro vite, purtroppo oramai spente.
Possiamo solo dire che quella disperazione individuale non è stata intercettata al punto da evitare che il suicidio fosse portato a compimento. Il signore friulano che, nel nome degli italiani onesti, gioisce di fronte all’altrui morte dovrebbe sapere che il suo odio verso i detenuti non migliora la qualità della sua vita, che la sua violenza verbale non è meno grave e offensiva del furto di 180 euro o di una pecora che avevano portato in prigione due delle persone che hanno deciso di farla finita.
Nei primi mesi del 2022 sono già 59 i suicidi avvenuti nelle carceri italiane. Più di una ogni quattro giorni. Sin dall’inizio dell’anno il fenomeno ha mostrato segni di preoccupante accelerazione, fino a
raggiungere l’impressionante cifra di 15 suicidi nel solo mese di agosto, uno ogni due giorni.
A fronte di questo dramma, abbiamo deciso di realizzare un dossier dove ripercorriamo i numeri, i luoghi e alcune delle storie delle persone che si sono tolte la vita in carcere.
Per evitare che cadano nel dimenticatoio e per rompere il silenzio attorno a questo tema.