di Patrizio Gonnella su il manifesto del 08/08/2024
Centosessantadue detenuti morti dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane. Un numero impressionante se si considera che in tutto il 2023 i morti sono stati 157. In soli sette mesi il sistema penitenziario ha cumulato più morti di tutto lo scorso anno.
Nel nostro tragico pallottoliere il numero dei suicidi arriva fino a sessantacinque, più almeno cinque con cause di decesso da accertare. Da decenni, e non si capisce perché, l’amministrazione penitenziaria prova a ridurre la portata numerica dei suicidi segnalando come morte da accertare o da overdose ogniqualvolta una persona muore dopo avere inalato il gas del fornelletto usato per cucinare.
È questa una modalità con la quale le persone si tolgono la vita da sempre negli istituti di pena. Non si capisce come possa accadere ancora che solo in pochissime prigioni siano messe a disposizione le più sicure cucine a induzione e nella restante gran parte, invece, si continuino a usare i fornelletti da campeggio. È uno dei tanti segni della premodernità nella quale versa il sistema penitenziario, refrattario a innovarsi.
"4.000 detenuti in più in solo 12 mesi, il livello di sovraffollamento raggiunto nelle carceri italiane è ormai ai livelli di guardia". A dirlo è Antigone, associazione che dal 1991 si occupa del sistema Penitenziario e penale italiano in un dossier presentato questa mattina. Il tasso di affollamento è del 130,4% (al netto dei posti conteggiati dal Ministero della Giustizia ma non realmente disponibili). In 56 istituti penitenziari, oltre un quarto di quelli presenti in Italia, il tasso di affollamento è superiore al 150% con punte di oltre il 200% negli istituti di Milano San Vittore maschile e Brescia "Canton Mombello". Questo significa che ci sono 200 persone detenute laddove ce ne dovrebbero essere 100. Per capire la gravità della situazione si pensi ad una scuola o un ospedale dove ci siano il doppio degli studenti o dei pazienti che le strutture sono in grado di seguire.
Il sovraffollamento non risparmia neanche gli istituti penali per minorenni (IPM), che per la prima volta registrano questa problematica.
"Questa situazione ormai diffusa - dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - non è un elemento trascurabile se si parla di sistema penitenziario, infatti un carcere dove il numero delle persone detenute è superiore ai posti regolamentari è un carcere dove si vive male, dove non sono garantiti solo gli spazi ma anche l'accesso alle attività, in primis quelle lavorative. Un carcere sovraffollato è un luogo dove anche gli operatori fanno più fatica a lavorare, dove l'attenzione per le fragilità di molte persone detenute non riescono ad essere intercettate o seguite come meriterebbero. Laddove esistono situazioni di grave sovraffollamento il detenuto è sempre più anonimo, sempre più un numero anziché una persona".
Il 28 maggio 2024 è stato avviato il programma “Città Futura: inclusione, cultura e sostenibilità” che nasce dalla collaborazione sul territorio romano degli enti titolari ASC Roma APS e Assifero e ad oggi impiega 68 operatori volontari.
Il programma si costituisce di 6 progetti, uno di questi dal titolo “La tutela dei diritti delle persone private della libertà 2024”. vede la collaborazione tra Antigone Onlus e Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), entrambi enti iscritti all’Albo SCU tramite Assifero.
Gli altri cinque progetti, che afferiscono ad enti di accoglienza ASC Roma, sono:
Il programma “Città Futura: inclusione, cultura e sostenibilità” opera nell’ambito della “promozione della pace e diffusione della cultura dei diritti e loro tutela, anche per la riduzione delle ineguaglianze e delle discriminazioni” e si propone come un intervento integrato di attività, servizi, iniziative di advocacy per promuovere la pratica e la cultura dei diritti a tutti i livelli, diritti che sono alla base della cittadinanza democratica, inclusiva, sostenibile e culturale: diritti sociali, civili, educativi, culturali, alla salute, a un ambiente salubre e a pratiche sostenibili di sviluppo.
Al 30 giugno 2024 erano 61.480 le persone detenute nelle carceri italiane, per un numero di posti ufficiali pari a 51.234. Sappiamo bene che il numero di posti effettivamente disponibili, al netto di quelli inutilizzabili in quanto necessitanti interventi di ristrutturazione, è sensibilmente inferiore e porta il tasso di affollamento sul territorio nazionale circa al 135%. Vista la disomogenea distribuzione, nelle grandi case circondariali metropolitane capita di trovare un sovraffollamento di molto superiore (come a Brescia, dove si supera il 210%, o a Regina Coeli a Roma, che ha raggiunto il 180%).
Dall’inizio dell’anno 54 persone si sono tolte la vita in carcere, sia agli inizi della esperienza detentiva che in prossimità della fine della pena, sia giovani che anziani, sia italiani che stranieri. In questo contesto, la decisione di individuare una necessità e un’urgenza nell’intervento sulle carceri può sembrare decisamente appropriata. Ma, leggendo le norme del decreto legge n. 92 del 4 luglio 2024, ci si chiede come interventi che si rivelano minimali oppure dai lunghi tempi di applicazione possano essere minimamente risolutivi. E infatti non lo sono e non lo saranno. Il Governo ha voluto mostrare un attivismo in un tema che è ormai riconosciuto, perfino dal Presidente della Repubblica, quale drammaticamente necessario di intervento urgente. Tuttavia non ha previsto misure realmente efficaci per deflazionare il sistema e rendere la vita interna meno afflittiva. Mentre con una mano interviene con provvedimenti volti a suo dire a far decrescere i numeri della popolazione detenuta e a umanizzare la vita carceraria, con l’altra presenta un disegno di legge (n. 1660, attualmente in discussione alla Camera dei deputati) che, qualora approvato dal Parlamento, moltiplicherà le presenze in carcere e sottrarrà ogni tipo di garanzia democratica alle persone detenute.
Sarebbero necessari provvedimenti, di ben altro spessore, che incidano nell’immediatezza sui numeri generali della detenzione e la qualità della vita nelle carceri italiane, sia a garanzia della vita e dell’integrità psico-fisica delle persone recluse, che dello staff carcerario.
Leggi il nostro documento di analisi e proposte al decreto.
"Le misure del Governo non incideranno sul sovraffollamento essendo afflitte da minimalismo” dichiara Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. “Sarebbe stato necessario ben altro per produrre una controtendenza nella crescita dei numeri o nella qualità della vita penitenziaria.
In base a quanto si legge nella bozza del decreto-legge, le telefonate verranno, con un successivo regolamento, aumentate da quattro a sei al mese. Cosa, peraltro, già possibile a legislazione vigente. Per contrastare l’isolamento penitenziario e incidere sulle cause dei suicidi sarebbe stato necessario prevedere telefonate quotidiane e non una ogni cinque giorni. Inoltre la misura entrerà in vigore tra sei mesi almeno. Un’altra estate passerà invano.
In materia di liberazione anticipata si è intervenuti sulla procedura ma non sull’allargamento dei giorni di concessione. Nel frattempo siamo a 49 suicidi dall’inizio dell’anno e a tassi di affollamento elevatissimi e ingestibili.
Assumere sempre e solo poliziotti non basta. Bisognerebbe anche aumentare il numero di educatori, mediatori, assistenti sociali, medici, psichiatri, etno-psichiatri, interpreti, direttori. Altrimenti trasformiamo le carceri in un luogo di ordine pubblico.
Infine la previsione di invio di ben 85 agenti in Albania per gestire la prigione che nascerà in quel paese è irriguardosa per chi fa turni massacranti in Italia e apre le porte a una pericolosa esternalizzazione della detenzione, come ai tempi del colonialismo"
Il Disegno di Legge Governativo n.1660, attualmente in discussione presso la Camera dei Deputati, in molte delle sue norme si pone in evidente contrasto con una serie di principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico, specificamente nel campo del diritto penale, del diritto dell’immigrazione e del diritto penitenziario. A denunciarlo è stato nei giorni scorsi anche l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), in un suo documento di analisi di questo provvedimento, affermando che: “La maggior parte delle disposizioni ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto”.
Le nuove disposizioni che il Governo vorrebbe introdurre appaiono, infatti, impostate ad una logica repressiva e disumanizzante: la sicurezza è declinata solo in termini di proibizioni e punizioni, ignorando che è, prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana e dovrebbe essere finalizzata all’uguaglianza delle persone. Il disegno di legge del Governo strumentalizza, invece, le paure delle persone e contravviene ai doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione. Le norme spingono verso una criminalizzazione del dissenso e delle lotte sociali, trasformando in reati comportamenti che hanno a che fare con la protesta, il disagio e la marginalità sociale. L’introduzione del delitto di rivolta penitenziaria rischia di cambiare irrimediabilmente il volto del sistema penitenziario, prevedendo anche la punibilità della resistenza passiva a un ordine dell’agente di Polizia, senza neanche specificare se legittimo. Le norme del disegno di legge governativo si ispirano a un modello di diritto penale di matrice autoritaria e non liberale che risponde ad una ben chiara matrice culturale e politica, di dubbia consistenza democratica.
Nei giorni scorsi, insieme ad ASGI, avevamo espresso in un documento la nostra grande preoccupazione per gli effetti di questo disegno di legge del Governo sul nostro ordinamento giuridico, sui diritti dei cittadini e delle persone migranti e che segna una deriva di natura autoritaria estremamente pericolosa.
Ora abbiamo sintetizzato il documento stesso e lo abbiamo tradotto in diverse lingue al fine di diffondere il più possibile le nostre preoccupazioni: Italiano, Inglese, Spagnolo, Francese.
3 suicidi in due giorni, 47 dall'inizio dell'anno, 12 solo nel mese di giugno, nel quale si è uccisa una persona detenuta ogni due giorni e mezzo. Se il dato fosse questo, a fine anno avremo circa 100 suicidi, superando il dato degli 85 avvenuti nel 2022. Va tenuto conto che quell'anno, proprio l'estate, fu un periodo drammatico, quando nel solo mese di agosto se ne contarono 17.
Quella dei suicidi è una conta drammatica. Già nei giorni scorsi avevamo lanciato l'allarme, indicando in questa una vera e propria emergenza nazionale e chiedendo provvedimenti immediati da parte del Governo e del Parlamento. Che torniamo a chiedere ancora una volta, proprio in vista dei mesi estivi, quelli dove le attività scolastiche chiudono, quelle di volontariato si rarefanno e le persone detenute restano più sole e le loro giornate diventano piene di apatia e noia, che portano disperazione. Disperazione e solitudine che sono un volano per gli episodi più estremi.
Per questo chiediamo dodici provvedimenti urgenti, alcuni dei quali possono essere inseriti già all'interno del, finora solo annunciato, decreto carceri che il Ministro della Giustizia Nordio vorrebbe portare in discussione in Consiglio dei Ministri:
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