I focolai interni alle carceri italiane si sono andati moltiplicando durante questa seconda ondata di Covid-19. Secondo i dati forniti dall’Amministrazione Penitenziaria, al 16 gennaio 2021 si contano tra gli altri 109 detenuti positivi al virus nel carcere di Milano Bollate, 59 a Milano San Vittore, 54 a Roma Rebibbia NC, 35 a Roma Regina Coeli, 53 a Sulmona, 40 a Napoli Secondigliano, 40 a Palermo, 29 a Lanciano. Al totale di 718 detenuti positivi, in crescita dall’inizio del 2021, vanno aggiunti i 701 operatori penitenziari che hanno contratto il Covid-19.
Se guardiamo a cosa sta accadendo oltreoceano, vediamo che l’American Medical Association ha chiesto che i detenuti vengano inseriti tra le categorie che devono ricevere il vaccino in via prioritaria. Anche in Canada alcune centinaia di detenuti ristretti nelle carceri federali sono stati tra i primi destinatari del vaccino anti Covid-19. Sentimenti di odio, risentimento, paura non devono giocare alcun ruolo in una tale decisione.
Il carcere è di per sé un luogo capace di acuire i rischi per la salute. Numerosi studi mostrano come i detenuti costituiscano uno dei gruppi sociali maggiormente a rischio in relazione alla sfera sanitaria e all’attuale pandemia.
I motivi scientifici per inserire le persone detenute tra le categorie prioritarie in relazione al vaccino non mancano. A questi si affiancano motivi etici di primaria importanza per una democrazia avanzata che voglia vedere nella pena uno strumento non di mera afflizione bensì di riconduzione della persona all’interno del tessuto sociale.
A partire dallo scorso marzo i detenuti sono stati costretti a vivere in uno stato di isolamento che si è andato a sommare a quello di per sé prodotto dalla carcerazione. Paura e solitudine hanno reso la pena più gravosa e afflittiva di quanto fosse mai stata dalla nascita della Repubblica.
Il focolaio delle carceri. Il carcere è un luogo dove purtroppo si vive affollati, dove è complicatissimo mantenere le distanze, dove le condizioni igienico-sanitarie non sono sempre ottimali. La galera, in quanto focolaio tipico, determina la sottrazione di energie mediche ai bisogni della comunità libera
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 17 gennaio 2021
L’American Medical Association ha raccomandato le autorità statunitensi di inserire i detenuti tra le categorie da vaccinare prioritariamente. Negli Usa i diciannove focolai più consistenti sono avvenuti in altrettante prigioni. Le cattive condizioni di vita e il sovraffollamento hanno aggravato il problema. Il Comitato consultivo del Centers for Disease Control and Disease Prevention ha sostanzialmente lasciato ai governi statali la possibilità di vaccinare i detenuti tra i primi gruppi sociali.
Il Governatore democratico del New Jersey Phil Murphy, poco preoccupato della reazione isterica dei repubblicani di Trump, ha autorizzato la vaccinazione dei detenuti. Ha seguito le indicazioni della scienza e del buon senso, senza farsi dettare le priorità dal circolo vizioso mediatico-politico che si era schierato contro di lui.
È partito dalla South Woods State Prison di Bridgeton, la più grande struttura penitenziaria dello Stato. Decine di migliaia di detenuti nel Massachusettes sono stati tra i primi a essere vaccinati nello Stato contro il coronavirus. Anche i prigionieri di Connecticut, Delaware, Maryland, Nebraska e New Mexico sono stati inseriti nella prima fascia. In Canada alcune centinaia di detenuti ristretti nelle carceri federali hanno cominciato a ricevere i vaccini Covid-19 nell’ambito di un progetto pilota.
"Quella di oggi per i fatti relativi alle violenze avvenute nei confronti di un detenuto nel carcere di Ferrara è la prima condanna di un funzionario pubblico per il delitto di tortura, introdotto nel codice penale italiano nel 2017.
Non si gioisce mai per una condanna e non gioiamo neanche in questo caso, ma affermiamo comunque che la decisione di oggi ha un sapore storico. La tortura è un crimine orrendo, inaccettabile in un Paese democratico. La condanna, seppur in primo grado, mostra come la giustizia italiana sia rispettosa dei più indifesi. Si tratta di una sentenza che segnala come nessuno è superiore davanti alla legge. La legge vale per tutti, cittadini con o senza la divisa. E' questo un principio delle democrazie contemporanee.
Fortunatamete ora esiste una legge che proibisce la tortura. In passato fatti del genere cadevano nell'oblio. E' importante che tutti gli agenti di Polizia penitenziaria si sentano protetti da una decisione del genere, che colpisce solo coloro che non rispettano la legge.
Antigone ha a lungo combattuto per avere questa legge, con l'ultima campagna "Chiamiamola tortura" avevamo raccolto oltre 55.000 firme a sostegno di questa richiesta. Ora possiamo dirlo, la tortura in Italia esiste, purtroppo viene praticata, ma ora viene anche punita". Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
"Il 2020 delle carceri italiane è stato inevitabilmente segnato dallo scoppio della pandemia di Covid-19, che ha cambiato il volto anche di questi luoghi, chiudendoli ancor di più al mondo esterno, allontanando dagli istituti volontari, famigliari, personale scolastico e lasciando ai detenuti un in più di pena rispetto a quella che stanno scontando e di cui, a pandemia finita, non si potrà che tenere conto". Esordisce così Patrizio Gonnella, nel consueto punto di fine anno di Antigone. Al 2020 il sistema penitenziario si era presentato con numeri in aumento per quanto riguarda i detenuti presenti. Quando a fine febbraio la pandemia è esplosa nel paese, nelle prigioni italiane le persone recluse erano oltre 61.000, a fronte di 50.000 posti regolamentari, anche se quelli disponibili erano e sono circa 3.000 in meno. Il tasso di affollamento ufficiale era superiore al 120%.
"L'impatto della pandemia ha generato paura e spaesamento nei reclusi. Ogni giorno su tv, radio, giornali, si chiedeva di mantenere il distanziamento sociale edi evitare assembramenti, due cose impossibili da fare nelle nostre carceri. Queste preoccupazioni e la chiusura dei colloqui, hanno portato poi a far esplodere gli animi e alle proteste che ad inizio marzo hanno interessato decine di istituti in tutto il paese", ricorda ancora Gonnella. Durante quelle proteste quattordici detenuti morirono nelle carceri di Modena e Rieti e alcuni episodi di presunte violenze si verificarono nei giorni successivi in altri istituti. In alcuni casi Antigone ha presentato degli esposti alle competenti Procure, cosa che da molti anni fa parte del lavoro di contezioso portato avanti dall'Associazione. Nell'arco di poche settimane il numero dei detenuti nelle carceri è diminuito in maniera importante (circa 8.000 unità in meno), merito soprattutto del lavoro della magistratura di sorveglianza, che ha utilizzato in maniera ampia tutti i propri poteri per permettere al maggior numero di detenuti di scontare l'ultima parte della pena alla detenzione domiciliare.
"Tuttavia, alla fine della prima ondata, anche queste politiche deflattive hanno subito un arresto e, nonostante ci fossero ancora 6.000 detenuti in più rispetto ai posti regolamentari, il loro numero nei mesi estivi, anche se in maniera contenuta, è addirittura ricominciato a crescere" sottolinea ancora il presidente di Antigone. "Così, allo scoppio della seconda ondata, le carceri erano ancora in una situazione di sovraffollamento e con una carenza di spazi che permettessero di prevenire il contagio". A fine novembre i detenuti e le detenute erano 54.638.
Evitiamo le tragedie. Proteggiamo la comunità penitenziaria dal virus e dalla demagogia, e con essa tutta la società. Bisogna fare presto. Bisogna ridurre il sovraffollamento. Ci sono settemila persone in più rispetto ai posti disponibili nelle carceri, il distanziamento è impossibile e mancano celle singole. Siamo ancora in tempo per evitare ciò che è accaduto nel Kent, dove a partire dalle prigioni si è diffuso il virus mutato.
Negli ultimi mesi la prigionia è stata doppiamente afflittiva a causa dell’isolamento dall’esterno: poche visite, poca o niente scuola, salvo alcune realtà virtuose. In carcere vi sono circa duemila positivi tra detenuti e operatori. Non si sa più come isolarli e tra un po’ mancheranno coloro che possono garantire la sicurezza e la socialità. Vanno evitati nuovi focolai negli istituti e va messa in Italia e in Europa la comunità penitenziaria tra quelle a cui somministrare con priorità il vaccino. I numeri lo consentono. Tra detenuti e operatori in Italia il sistema penitenziario conta circa 100 mila persone, 800 mila in nell'area Ue.
Chiediamo al Governo di stare a sentire chi, come la senatrice a vita Liliana Segre, ha chiesto che nei confronti dei detenuti siano assunte misure di prevenzione eccezionali. Vanno assicurati dispositivi di protezione individuale, previste informazioni in tutte le lingue, effettuati tamponi, realizzate condizioni igienico-sanitarie adeguate, somministrata la giusta terapia. Ogni minuto perso è un minuto in più di pena afflittiva, dolorosa, inutilmente sofferente. Detenuti e operatori penitenziari devono essere vaccinati il più presto possibile, già a gennaio.