È grave che il concorso per assumere 45 dirigenti penitenziari sia stato messo in un binario che appare morto. Lo scorso 22 settembre avrebbero dovuto essere pubblicate le date per lo svolgimento dei test pre-selettivi, invece neanche quelle. Tutto rinviato a gennaio 2021. Vuol dire che il ministero della Giustizia non ha a cuore la grande questione della gestione delle carceri in Italia. Vi sono istituti che non hanno direttori, l’ultimo concorso risale a metà degli anni ’90 del secolo scorso. Molti dirigenti svolgono doppie, triple funzioni. Nel 2019 l'osservatorio di Antigone ha potuto rilevare, in 100 carceri, come solo in 53 ci fosse un direttore di ruolo. In 37 istituti il direttore era incaricato anche in un altro carcere, in 9 era in missione da un altro istituto e in 1 carcere non c'era direttore.
Ai direttori si deve la tenuta di un sistema complesso e articolato. Il mestiere di direttore di carcere va valorizzato, gratificato. C’è bisogno di energie umane nuove. Per questo è inaccettabile che vi sia stato uno slittamento sine die.
L’emergenza Covid non ha impedito la fissazione della data per il concorso di insegnanti nelle scuole dove si partirà il 22 ottobre e si continuerà fino a metà novembre in modo scaglionato. Si poteva fare allo stesso modo anche per le carceri, che evidentemente non sono tra le massime priorità.
di Mauro Palma, Garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà, già presidente di Antigone e fondatore della rivista "Antigone" insiema Rossana Rossanda e altri.
Su il manifesto del 22 settembre 2020
La critica dell'emergenza. "Ho sempre diffidato della parola verità e del suo uso specie quando riguarda la conoscibilità della persona", diceva. Il 7 aprile 1979, l'inchiesta padovana e poi quella romana resero evidente l'urgenza di opporsi a ricostruzioni onnivore e distruttive di soggettività.
"Un ricordo di studi ormai lontani mi ha fatto sempre diffidare della parola verità e del suo uso, specie quando riguarda la conoscibilità della verità della persona, soprattutto in quell'intrico di calcolo, emozioni, passione che è l'atto trasgressivo. E così complessa è la verità della persona che, in fondo, può apparire che la verità processuale sia la più semplice perché sorretta da un sistema convenzionale come quello delle procedure".
Rossana parlava, in quell'occasione di più di trent'anni fa di verità processuale - era un confronto su tale tema con alcuni magistrati, giuristi e parlamentari organizzato da Antigone - e di come attorno ai diversi tentativi di appropriarsi della presunta verità si giocasse un ruolo tutto stretto all'interno di ricostruzioni o giudiziarie o complottistiche.
Ricostruzioni che perdevano comunque lo spessore politico e collettivo di azioni, che però solo attraverso tale dimensione potevano essere inquadrate. La verità diveniva solo quella processuale e vite, aspirazioni, progetti sparivano, portando con sé, in tale dissolversi, anche la riflessione doverosa sugli errori commessi e sulle loro conseguenze, spesso gravi.
Si terrà il prossimo 15 ottobre l'udienza preliminare per 5 agenti di polizia penitenziaria accusati del reato di tortura per le presunte violenze contro due detenuti reclusi nel carcere di San Gimignano. I fatti risalgono all'ottobre del 2018. Davanti al GUP del tribunale di Siena, che dovrà decidere se rinviare a giudizio i cinque o per un non luogo a procedere, comparirà anche la nostra associazione che aveva presentato un esposto affinché si indagasse su quanto sembrava essere accaduto nell'istituto toscano e che si è costituita parte civile nel procedimento.
Oltre ai 5 agenti è indagato anche un medico del carcere (il quale ha chiesto di procedere con il rito abbreviato) con l'accusa di rifiuto di atto d'ufficio per non aver effettuato una visita medica su una delle due vittime dell'ipotesi di tortura.
Questo sarà il primo processo a tenersi in Italia dove il reato di tortura è contestato a dei pubblici ufficiali.
Qual è la situazione delle carceri durante la cosiddetta fase 2 della pandemia di Covid-19? Cosa sta accadendo o non sta accadendo negli istituti di pena? Stanno ricominciando i colloqui di persona tra detenuti e famiglie? E le aperture tecnologiche della fase 1 vengono mantenute? I servizi e il volontariato sono tornati al periodo pre-pandemia? E a livello di numeri e di qualità della vita, cosa succede?
Sono tutte domande a cui abbiamo risposto nel nostro rapporto di metà anno "Salute, tecnologie, spazi, vita interna: il carcere alla prova della fase 2".
Un rapporto suddiviso in due grandi aree, da una parte i numeri generali del sistema penitenziario, dall'altra invece un'analisi che Antigone ha svolto su 30 grandi carceri italiane dal Nord al Sud del Paese per fotografare in maniera attenta e approfondita cosa sta realmente accadendo nelle carceri.
Il rapporto è disponibile a questo link.
Here the report in english.
La circolare emanata dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria nei giorni scorsi disegna un modello di gestione del conflitto interno alle carceri interamente schiacciato sulla repressione, spingendo verso una gestione di tipo disciplinare della vita penitenziaria e una reazione esclusivamente repressiva degli episodi, anche violenti, che possono verificarsi in carcere. È un modello che amplifica il conflitto stesso invece di lavorare alla sua decostruzione. Un clima penitenziario sereno è quel che rende migliore la vita di chiunque abiti il carcere, detenuti e personale. Esso non si costruisce con l'uso massivo dell'isolamento disciplinare, con trasferimenti e con le punizioni esemplari bensì proponendo una vita penitenziaria piena di senso, con attività lavorative e culturali e con operatori capaci di instaurare relazioni di prossimità fondate sulla conoscenza delle persone detenute e delle dinamiche di sezione, come indicato dagli organismi internazionali con il concetto di sorveglianza dinamica.
Il documento che qui presentiamo, e che abbiamo inviato nei giorni scorsi ai vertici dell'Amministrazione Penitenziaria, si muove in questa direzione.