Stupefacenti. In Paesi come il Canada e gli Stati Uniti scelte di legalizzazione della cannabis sono state realizzate grazie al contributo fondamentale di investigatori ed esperti che hanno definito vecchia e inutile la war on drugs
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 21 febbraio 2020
I detenuti tossicodipendenti rappresentano un quarto della popolazione detenuta. Quelli ristretti per avere violato la legge sugli stupefacenti sono a loro volta circa un terzo dei 61 mila reclusi nelle carceri italiane.
La custodia cautelare pesa anch’essa più o meno un terzo rispetto ai numeri globali della detenzione nel nostro Paese. Esiste un sotto-insieme di detenuti che è costituito da persone che hanno violato la legge sulle droghe e che hanno allo stesso tempo problemi di dipendenza. Lo spacciatore è, quindi, non di rado anche consumatore di sostanze. Non raramente si tratta di giovani che provengono da contesti marginali e che presentano anche disagi di tipo psichico.
L’Italia è il Paese del Consiglio d’Europa che ha tra i numeri più alti di condannati in via definitiva per reati di droga: circa dodici punti percentuali in più rispetto alla Spagna e alla Francia, oltre venti punti in più rispetto alla Germania.
“La giustizia penale minorile continua a essere un modello che punta non sul carcere e questa è una buona notizia”. A dirlo è stato Patrizio Gonnella introducendo la presentazione di “Guarire i ciliegi”, il quinto rapporto di Antigone sugli Istituti Penali per Minorenni, avvenuta nella mattinata di oggi all’interno della Comunità Borgo Amigò, un luogo che incarna quello che per Antigone deve essere l’obiettivo ultimo della giustizia minorile: dare risposte sul terreno sociale e non penale.
Non a caso il titolo del rapporto ha rappresentato un omaggio alla canzone "Un medico" di Fabrizio De André, dove il protagonista da bambino aveva il sogno di guarire i ciliegi. “Compito del sistema della giustizia minorile - ha spiegato Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone e curatrice del rapporto - è infatti quello di proteggere i sogni dei ragazzi, promuovere per loro ogni possibilità futura, facendo sì che il giovane percepisca di avere davanti a sé tutte le alternative di vita aperte e non si senta stigmatizzato e costretto dall'esperienza penale”.
"Ci rivolgiamo alle autorità italiane, ed in particolare al Ministro degli Esteri, affinché chiedano all'Egitto di visitare in carcere lo studente Patrick Zaky. Chiediamo anche che della delegazione possano farne parte esponenti della società civile italiana ed internazionale. Se l'Egitto non ha nulla da nascondere, non temerà certo la visita di persone pacifiche? E' nostro dovere morale proteggere Patrick Zaky che aveva scelto l'Italia per perfezionare la sua formazione culturale e scientifica. Lo dobbiamo a tutti quelli che scelgono l'Italia per studiare in serenità. La libertà di opinione e dissenso va sempre assicurata".
Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella e Arturo Salerni, rispettivamente presidenti di Antigone e della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD).
"Guarire i ciliegi", il quinto rapporto di Antigone sul sistema della giustizia minorile, sarà presentato il prossimo 21 febbraio, a partire dalle ore 10.00, presso la Comunità Borgo Amigò (via Boccea 695, Roma).
Il titolo è un omaggio alla canzone "Un medico" di Fabrizio De André, dove il protagonista da bambino aveva proprio il sogno di guarire i ciliegi. Compito del sistema della giustizia minorile è quello di proteggere i sogni dei ragazzi, promuovere per loro ogni possibilità futura, facendo sì che il giovane percepisca di avere davanti a sé tutte le alternative di vita aperte e non si senta stigmatizzato e costretto dall'esperienza penale.
Nel rapporto sarà illustrato lo stato degli istituti penali per minorenni che Antigone ha visitato nell'ultimo anno. Saranno raccontati i numeri e le storie emerse da questo monitoraggio e mostrati e resi disponibili dei video con le immagini raccolte all'interno di questi luoghi.
Ieri il Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri è tornato a parlare di lavoro in carcere, riconoscendone il ruolo fondamentale per il reinserimento delle persone ma proponendo che, in assenza di risorse, questo avvenga in forma gratuita. Ma il lavoro gratuito non è altro che lavoro coatto.
Il diritto internazionale vieta i lavori forzati. La storia delle tirannie – nazionalsocialista ma anche stalinista – è una storia iconograficamente nota al mondo anche tramite le immagini dei lavori forzati. Auschwitz-Birkenau era un campo di lavori forzati. Così recitano le Regole Penitenziarie Europee: «Il lavoro penitenziario deve essere considerato come un elemento positivo del trattamento, della formazione del detenuto e della gestione dell’istituto… Nella misura del possibile, il lavoro deve essere tale da conservare e aumentare la capacità del detenuto di guadagnarsi normalmente la vita dopo la sua dimissione... L’organizzazione e il metodo di lavoro negli istituti devono avvicinarsi, nella misura del possibile, a quelli che regolano un lavoro nella società esterna, al fine di preparare il detenuto alle condizioni normali del lavoro libero… Deve essere previsto un sistema equo di remunerazione del lavoro dei detenuti».
Ce lo dice anche l’Europa dunque che il lavoro non può che essere retribuito. Lo dicono secoli di storia di sfruttamento umano. Lo afferma perentoriamente l’articolo 8 del Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite del 1966 entrato in vigore in Italia nel 1976: «A nessuno può essere richiesto di svolgere lavoro forzato». Non vi sono eccezioni.