Nel giorno in cui un’impresa tedesca si aggiudica tutti i lotti del bando da 100 kg di cannabis terapeutica destinati all’Istituto Chimico Farmaceutico di Firenze, Antigone insieme alle associazioni A Buon Diritto, Associazione Cannabis Terapeutica, Associazione Luca Coscioni, Cannabis Cura Sicilia Social Club, CGIL, CILD, Comitato Pazienti Cannabis Medica, Forum Droghe, FP CGIL, LaPiantiamoCSC, la Società della Ragione, Legalizziamo.it, LegaCoopSociali, LILA, SIRCA abbiamo scritto al governo per chiedere il potenziamento di produzione nazionale, studi scientifici e trial clinici.
Con le stesse associazioni con cui il 30 novembre scorso abbiamo organizzato una conferenza in Senato per chiedere che si adottasse la legge sulla cannabis terapeutica, chiediamo oggi al governo di applicare pienamente la legge e far fronte alla permanente mancanza di prodotti.
Queste le richieste fatte ai ministri Lorenzin, Fedeli, Pinotti, Orlando e Minniti:
Una prima parte della riforma dell'ordinamento penitenziario è giunta al parere delle commissioni giustizia della Camera e a seguire del Senato. L'associazione Antigone ha inviato le sue proposte ai parlamentari.
"Si sta concludendo un lungo percorso di riforme che ha avuto la sua origine nella sentenza pilota di condanna della Corte europea dei diritti dell'Uomo nel caso Torreggiani del 2013. Un percorso da noi seguito passo dopo passo e che riteniamo sia essenziale per migliorare le condizioni di vita detentive riportandole nell'alveo della legalità e del rispetto della dignità umana" dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
“Un’immediata scarcerazione”. È quanto chiede Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, in merito ad un ragazzo di 24 anni attualmente detenuto presso la Casa di Lavoro di Vasto.
Il caso riguarda A.C., malato psichiatrico affetto da una forma di epilessia cronica e da una gravissima schizofrenia paranoide, nonché da disturbi di personalità. Dopo essere stato condotto presso la Casa di Lavoro ha subito un tracollo psichico sviluppando una gravissima depressione, con una totale dissociazione dalla realtà, con un quadro delirante e tendenze suicide.
Proprio questo ha portato gli psichiatri della struttura penale a sollecitare l’immediata sospensione delle misure di sicurezza, per le evidenti incompatibilità dell’internato con il trattamento inframurario.
Dopo queste istanze e quelle del legale della famiglia, lo scorso 7 dicembre, il Magistrato di Sorveglianza di Pescara ha preso atto della assoluta incompatibilità di A.C. con il regime penitenziario.
E' notizia degli ultimi giorni il bando del Ministero della Giustizia francese grazie al quale verranno installati telefoni fissi in quasi tutte le celle (oltre 50.000) delle carceri d'oltralpe. E' una buona notizia. Da un lato si garantisce il diritto alla comunicazione di persone isolate dagli altri, dall'altro c'è una ragione securitaria, e cioè il contrasto del traffico illecito di telefonini, pratica ben più diffusa in Francia che in Italia. Si potranno chiamare solo 4 numeri, e le chiamate saranno tutte registrate: ma è già qualcosa.
E da noi? Come comunicano i detenuti? Male, e soprattutto poco. Il regolamento penitenziario autorizza una telefonata a settimana, di soli 10 minuti e in orari che coincidono con il lavoro dei coniugi e la scuola dei figli. I numeri devono essere preliminarmente identificati: si deve cioè verificare che dietro al numero ci sia quella persona e non un'altra. Sicché vengono facilmente autorizzati i numeri fissi ma non i cellulari, considerati meno affidabili. Senonché molte famiglie, soprattutto all'estero, non hanno il fisso (e gli stranieri in carcere sono circa il 35%). Perché un portatile venga autorizzato non si devono effettuare colloqui visivi o telefonici per 2 settimane.
La Corte di Cassazione ha chiuso la vicenda dell'aggressione avvenuta nel carcere di Asti nel 2010. Dichiarando inammissibile il ricorso, sono state confermate le condanne inflitte a due poliziotti penitenziari (un sovrintendente e un agente) che pestarono il giovane C.G., "colpevole" di essersi convertito all'Islam.
Un'aggressione islamofoba, avvenuta nei locali dell'infermeria, che aveva causato lesioni guaribili in 30 giorni.
In primo grado il giudice aveva inflitto condanne superiori ai 2 anni, poi ridotte in appello a 1 anno e 5 mila euro di risarcimento del danno.