Un prepotente ritorno del carcere e del sovraffollamento e la riforma dell'ordinamento penitenziario che, seppur ancora non conclusa, crea aspettative positive per il futuro. Si può fotografare così l'anno che sta per concludersi.
Il 2017 è stato un anno che ha visto una crescita nel ricorso al carcere dopo alcuni anni in cui si era assistito ad una contrazione dei numeri e del suo utilizzo. In 12 mesi i detenuti presenti sono circa 3.000 in più rispetto a quelli che si registravano alla fine del 2016. Il tasso di affollamento ha raggiunto il 115%, mentre solo un anno fa era di poco superiore al 108%.
Carcere. Con il varo dei decreti delegati si è concluso un percorso iniziato nel 2013. Ma c’è ancora molto da fare
Di Patrizio Gonnella, il manifesto del 24/12/2017
In extremis, il governo ha approvato le nuove norme penitenziarie. La riforma è quasi arrivata al traguardo a quarantadue anni dall’entrata in vigore dell’ordinamento penitenziario che a sua volta sostituiva il regolamento fascista del 1931 (fondato sugli assiomi del lavoro obbligatorio, del silenzio e della preghiera) e a quattro anni abbondanti dalla condanna umiliante della Corte europea dei diritti umani per le condizioni degradate di vita e i diritti negati nelle nostre carceri. Le Commissioni Giustizia delle due Camere hanno a disposizione, anche nel caso di scioglimento delle stesse, quarantacinque giorni per esprimere un parere sulla conformità dei decreti alla legge delega.
La giustizia minorile italiana è un sistema che funziona e del quale dobbiamo essere fieri in Europa. Riesce realmente a residualizzare il carcere e relegarlo a numeri minimi. Tuttavia, in questi numeri ci sono sempre le stesse persone: gli stranieri, i ragazzi più marginali del sud Italia, tutti coloro per i quali la fragilità sociale e l’assenza di legami sul territorio rende difficile trovare percorsi alternativi alla detenzione.
E' questo ciò che emerge da Guardiamo Oltre, il 4° Rapporto di Antigone sugli Istituti di Pena per Minorenni (IPM) presentato oggi a Roma durante una conferenza stampa.
“Non vanno sospesi i diritti e le libertà di un intera comunità in nome di una Grande Opera. Le regole dello Stato di diritto non ammettono eccezioni. Limitare la libertà di movimento di circa 15.000 persone creando zone rosse mette a rischio diritti fondamentali incomprmibili”. Dichiara Maria Pia Scarciglia, presidente di Antigone Puglia.
Nel comune di Melendugno, in provincia di Lecce, vi è una massiccia presenza di forze dell’ordine che presidiano giorno e notte l’intero territorio. Una militarizzazione che mette a rischio la libertà di movimento, presupposto di una vita democratica: cittadini soggetti a costanti controlli, con pass d’entrata e d’uscita, esibizione di documenti d’identità per attraversarsare una strada e interdizioni a più livelli. A Melendugno per 30 giorni è stata creata una zona rossa (è di ieri, 13 dicembre, la notizia che l’ordinanza prefettizia fortunatamente non è stata rinnovata), una zona off limit dove sino a qualche giorno fa nemmeno i giornalisti potevano accedere. Un fatto gravissimo su cui è intervenuto l’Ordine dei Giornalisti della Puglia per chiedere al Governo il rispetto della libertà di stampa e l’esercizio del diritto di cronaca. Chiunque sia passato o abbia attraversato Melendugno e le zone limitrofe ha visto e respirato un clima pesantissimo.
Il prossimo 18 dicembre a Roma, a partire dalle ore 11.00 presso il CESV, in via Liberiana 17, si terrà la conferenza stampa di presentazione di "Guardiamo Oltre", 4° Rapporto di Antigone sugli Istituti di Pena per Minorenni.
A distanza di due anni dal precedente e nel momento in cui il governo è impegnato nella scrittura dei decreti delegati alla riforma dell'ordinamento penitenziario, vogliamo fare il punto sulla detenzione minorile nel nostro paese, così come emersa dalle visite effettuate dal nostro Osservatorio.