Tra i prossimi pacchetti di riforme del governo potrebbero esserci anche misure di intervento sul reato di tortura. Amnesty International Italia e Antigone hanno già espresso la loro preoccupazione su una decisione che potrebbe avere un impatto sui reati perseguibili e le pene dei processi per sospetto di tortura, sia per processi attualmente in corso, sia quelli che hanno già visto condanne in primo grado. Una preoccupazione crescente anche facendo riferimento all’ultimo caso di presunte torture che sarebbero avvenute nel carcere di Cuneo e che vedrebbe accusati 23 agenti penitenziari in servizio presso questo istituto di pena.
Il reato di tortura è stato introdotto nel codice penale italiano solo nel 2017, dopo quasi 30 anni di attesa dalla ratifica della Convezione delle Nazioni Unite contro la tortura. Non risulta alcun altro caso in cui tale reato, la cui previsione è oggetto di un obbligo internazionale, sia stato abrogato.
Lo scorso 19 settembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 124 “Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione”. All’interno sono incluse le norme che riguardano l’aumento dei tempi di trattenimento nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e l’apertura di ulteriori strutture, almeno una per regione nelle intenzioni del Governo.
Il decreto ha così iniziato il suo iter di conversione in legge in Parlamento. A tal proposito, nei giorni scorsi, dalla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati è giunta la richiesta di presentare dei documenti che potessero essere utili alla discussione. Insieme alla Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD) abbiamo perciò deciso di presentare un testo (che si può leggere qui) che evidenziasse le molte criticità che il sistema della detenzione amministrativa ha evidenziato nei suoi 25 anni di storia.
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 15 settembre 2023 il testo del cosiddetto decreto Caivano, il quale testimonia fin dal nome della assai discutibile ma diffusa pratica di intervenire normativamente, quasi sempre ricorrendo alla decretazione d'urgenza, all'indomani di fatti di cronaca drammatici, con l'illusione di inseguire questa o quella emergenza attraverso l'irrigidimento degli strumenti penali.
Ieri siamo stati auditi in Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia (qui il video completo delle audizioni), presentando un documento che riporta la posizione di Antigone sui vari aspetti di questo decreto, a beneficio della discussione parlamentare nel processo di conversione in legge.
Questa che segue è l'introduzione. Il documento completo si può leggere qui.
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 27 settembre 2023
Uno spaccato della vita in carcere nelle motivazioni della condanna emessa dal Tribunale di Siena per 5 agenti penitenziari. “Ripugnante e disinvolto esercizio di violenta disumanità” per “esibire manifestazioni di dominio” a “guisa di aberrante e perversa forma di pedagogia carceraria”.
“Quanto emerso corrisponde ad un ripugnante e disinvolto esercizio di violenta disumanità e di ostentato disprezzo nei confronti di una persona detenuta, praticato per giunta in assenza del benché minimo indice o cenno di atteggiamento violento o aggressivo da parte di quella persona”. La sentenza che ha portato il Tribunale di Siena a condannare per tortura cinque agenti penitenziari del carcere di San Gimignano, infliggendo pene dai cinque anni e dieci mesi sino ai sei anni e sei mesi di reclusione è di quelle che andrebbero lette nelle scuole, nelle università e nei luoghi di formazione delle forze dell’ordine, sia per la sua lucidità, chiarezza e puntualità che per costituire un vero e proprio manuale di scienza giuridica e antropologia carceraria.
I fatti risalivano all’11 ottobre 2018 quando, utilizzando le stesse parole dei giudici senesi, “è stata posta in essere, da parte di una squadra composta da quindici agenti, assistenti e ispettori del Corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa di reclusione di San Gimignano, una spedizione punitiva ai danni di un detenuto straniero” al “solo scopo” di “esibire manifestazioni di dominio e in funzione di supposta deterrenza rispetto a comportamenti scorretti e mal tollerati, a guisa di aberrante e perversa forma di pedagogia carceraria”.
di Alessio Scandurra su il manifesto del 9 settembre 2023
Lo hanno chiamato decreto Caivano. È il pacchetto di misure con cui il governo di Giorgia Meloni ha affrontato l’emergenza creata dagli ultimi fatti di cronaca nera che hanno visto come protagonisti dei minorenni. Fatti a cui i media, e la politica, hanno dato grande risalto. E ai quali questo governo risponde mostrando i muscoli, ma mostrando anche di capire poco, o di essere poco interessato, alla concretezza dei fenomeni con cui si misura.
Anzitutto più pene e più carcere, la risposta con cui da molti anni in Italia si affrontano tutti i problemi. Una strategia notoriamente inutile, che non ha mai funzionato ma che viene continuamente riproposta, e che questa volta colpisce i giovani e il sistema della giustizia minorile che avevamo costruito intorno ai loro bisogni.
Da tempo l’Italia non è un paese per giovani. Non vogliamo metterli al mondo, sono sempre meno ma non gli mettiamo a disposizione le strutture e gli spazi per crescere, mancano asili, scuole e insegnanti, e abbiamo tassi record di abbandono scolastico e numeri bassi di giovani che proseguono e concludono gli studi universitari. Li accusiamo poi di essere fannulloni e poco disposti a fare lavori in condizioni che in altri paesi europei sono fuori dalla legge. E infine negli ultimi anni li abbiamo resi i protagonisti di ogni storia di degrado urbano.