di Patrizio Gonnella su il manifesto del 30 luglio 2023
Nordio propone Felice D’Ettore come presidente dell’Autorità, Carmine Esposito e Mario Serio. Metodo: il manuale Cencelli.
Nei giorni scorsi abbiamo finalmente conosciuto i nomi di coloro che dovrebbero sostituire Mauro Palma, Emilia Rossi e Daniela De Robert nel difficile e strategico ruolo di Garanti delle persone private della libertà personale. È stata avviata dal ministro della Giustizia la procedura che dovrebbe portare, dopo un passaggio nelle apposite commissioni parlamentari e la ratifica del Capo dello Stato, alla nomina di Felice Maurizio D’Ettore a presidente del Collegio di Garanzia, e Carmine Antonio Esposito e Mario Serio a componenti dell’Autorità.
Le loro biografie, o almeno quelle di un paio di loro (D’Ettore e Serio), pare non abbiano evidenti punti di contatto con i temi della privazione della libertà e dei diritti umani. Sono infatti docenti universitari di materie privatistiche e quindi non proprio noti per essere esperti dei delicati temi inerenti i diritti delle persone detenute, il monitoraggio dei luoghi di detenzione, le condizioni dei migranti chiusi nei centri detentivi in attesa di rimpatrio o degli anziani nelle Rsa. Il terzo componente sarebbe Carmine Antonio Esposito: in passato è stato giudice di sorveglianza e dunque ha una esperienza specifica. È però in pensione da una decina di anni. In qualche modo li accomuna un’appartenenza politica ai partiti della maggioranza.
di Patrizio Gonnella su il manifesto dell'11 luglio 2023
Negli ultimi giorni si sono riaccesi i riflettori intorno al rapporto tra giustizia e politica. Abbiamo ascoltato le stesse parole che hanno tristemente caratterizzato il dibattito pubblico a partire dall’ingresso nello spazio pubblico di Silvio Berlusconi. Il garantismo è una teoria giuridico-costituzionale troppo seria per essere vilipesa, violentata, strumentalizzata da chi ha costruito un modello repressivo di massa. Chiunque abbia sostenuto che andasse criminalizzata la solidarietà verso i migranti si trova agli antipodi della teoria garantista. Chiunque non lotti per bandire la tortura dalle nostre caserme e prigioni non potrà mai definirsi garantista. Chiunque si adoperi per neutralizzare i processi in corso per tortura nelle aule di giustizia italiane, pensando di abrogare o modificare la legge del 2017 che aveva finalmente introdotto il crimine nel codice penale italiano, non ha diritto a usare per sé stessi la parola garantista.
Chiunque non si preoccupi dell’habeas corpus o delle condizioni degradate di vita negli istituti penitenziari non è un garantista.
Torna la Summer School organizzata da Antigone e dal Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Torino. L'edizione di quest'anno si terrà tra Torino e Avignana, dall'11 al 15 settembre.
La scuola si propone come momento di alta formazione sui temi del carcere, controllo sociale, penalità e tutela dei diritti fondamentali. I corsi si rivolgono a studenti, laureati, dottorandi, avvocati, operatori e in generale a soggetti interessati ad acquisire una specifica formazione sul campo della privazione della libertà e della tutela dei diritti.
Questa settima edizione, in modalità residenziale, si pone in continuità con gli eventi degli scorsi anni con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico potenzialmente ampio e di delineare lo specifico orizzonte formativo proposto. Relativamente a questa edizione, la Scuola si propone di esaminare il tema della detenzione delle donne partendo dallo studio della devianza femminile e approfondendo il tema dell’esecuzione penale secondo una prospettiva di genere, che rivolge lo sguardo al carcere sotto l’ottica della soggettività femminile, con un approccio multidisciplinare che coinvolga anche relatori provenienti dall’estero e lezioni in inglese.
Ciò che preme rilevare è la necessità che la formazione non si realizzi solo ed esclusivamente attraverso la forma “lezione”, ma anche attraverso una pluralità di metodologie didattiche alternative rispetto all’incontro frontale (dai workshop alle simulazioni, sino alla redazione di pareri o interventi concreti, anche attraverso “esperienze sul campo” quali visite presso residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, comunità o istituti penitenziari).
La domanda di iscrizione dovrà pervenire entro le ore 23:59 di domenica 13 agosto 2023.
Sul sito dell'Università di Torino tutte le informazioni sul programma, i docenti, i costi e le modalità di iscrizione.
Oggi Antigone Emilia-Romagna ha presentato il II Rapporto regionale, “Finestre sul carcere”, frutto dell’attività dell’Osservatorio dell’articolazione emiliano-romagnola dell’Associazione. Sono passati cinque anni dalla precedente edizione del rapporto regionale sulle condizioni di detenzione in Emilia-Romagna e, sebbene il comparto carcerario operi in condizioni di perenne emergenza, il quinquennio trascorso spicca per la sua problematicità. La crisi pandemica ha sottoposto il sistema penitenziario nazionale a sfide gestionali rilevantissime. Gli istituti emiliano-romagnoli, poste le misure emergenziali introdotte nella primavera 2020 per limitare gli effetti di contagio al loro interno, hanno prodotto scenari adattivi e reattivi differenziati. Inoltre, la Regione è stata investita in maniera drammatica dall’esplosione delle rivolte, a Bologna, Ferrara, Reggio Emilia e, soprattutto, Modena.
In questo rapporto Antigone Emilia-Romagna ha dato conto dello stato attuale dei dieci istituti della Regione, a fronte delle crisi che hanno colpito le carceri a livello nazionale e regionale e a fronte dei riassetti organizzativi in risposta a tali sfide (non da ultimo la circolare sulla media sicurezza, che entrerà a regime in regione a partire da settembre).
Da diversi anni l’osservatorio regionale completa il ciclo annuale delle visite a tutti gli istituti di pena della regione di riferimento, mantenendo così aggiornate le relative schede on-line. Il rapporto, frutto delle visite effettuate nel corso del 2022, propone una lettura trasversale, organizzata per aree tematiche, del comparto carcerario emiliano-romagnolo. Dopo una analisi sistematica dei dati relativi alle condizioni di detenzione in regione, seguiono cinque focus specifici dedicati a: i lasciti della pandemia e lo stato del comparto sanitario, il carcere minorile del Pratello, la detenzione femminile, il diritto all’istruzione in carcere e le difficoltà del rientro in società successivo a un periodo di detenzione.
Il rapporto è a questo link.
A questo link, invece, la cartella stampa.
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 7 giugno 2023
Ci sono due buone notizie nell’inchiesta veronese a proposito delle violenze brutali commesse nella Questura locale. La prima è che ci sono poliziotti i quali, nel solco della legalità e del mandato loro assegnato dalla Costituzione, hanno indagato sui loro colleghi, presunti torturatori. La seconda buona notizia è che ancora possiamo ascoltare la parola tortura nelle stanze dei nostri tribunali.
Sono trascorsi alcuni mesi da quando Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge per cancellare il reato di tortura dal nostro codice penale, dove era stato introdotto solo nel 2017, dopo decenni di gravi inadempienze. Fortunatamente la discussione parlamentare non è ancora iniziata. Il reato non è stato ancora cancellato e non è stato neanche modificato, così come auspicato da membri del Governo.
Avremmo voluto dare una terza buona notizia. Purtroppo, però, questa non si è avverata.
Avremmo voluto scrivere che Giorgia Meloni, contraddicendo sue vecchie dichiarazioni, si fosse assunta l’impegno a non mettere in discussione quella che è una legge di civiltà. Avremmo voluto sentire parole nette contro tortura e razzismo, rassicurando tutti coloro che sono preoccupati da un ritorno alla pre-modernità giuridica. Avremmo voluto sentire parole di ricordo di quei «patrioti» che sono stati torturati nelle carceri fasciste e che hanno contribuito a scrivere l’articolo 13 della nostra Costituzione.
Queste parole non le abbiamo invece sentite.