Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Garante nazionale, la nuova triade ignora detenuti e tortura

Garante nazionale, la nuova triade ignora detenuti e tortura

logo garante nazionale detenutidi Patrizio Gonnella su il manifesto del 30 luglio 2023

Nordio propone Felice D’Ettore come presidente dell’Autorità, Carmine Esposito e Mario Serio. Metodo: il manuale Cencelli. 

Nei giorni scorsi abbiamo finalmente conosciuto i nomi di coloro che dovrebbero sostituire Mauro Palma, Emilia Rossi e Daniela De Robert nel difficile e strategico ruolo di Garanti delle persone private della libertà personale. È stata avviata dal ministro della Giustizia la procedura che dovrebbe portare, dopo un passaggio nelle apposite commissioni parlamentari e la ratifica del Capo dello Stato, alla nomina di Felice Maurizio D’Ettore a presidente del Collegio di Garanzia, e Carmine Antonio Esposito e Mario Serio a componenti dell’Autorità. 

Le loro biografie, o almeno quelle di un paio di loro (D’Ettore e Serio), pare non abbiano evidenti punti di contatto con i temi della privazione della libertà e dei diritti umani. Sono infatti docenti universitari di materie privatistiche e quindi non proprio noti per essere esperti dei delicati temi inerenti i diritti delle persone detenute, il monitoraggio dei luoghi di detenzione, le condizioni dei migranti chiusi nei centri detentivi in attesa di rimpatrio o degli anziani nelle Rsa. Il terzo componente sarebbe Carmine Antonio Esposito: in passato è stato giudice di sorveglianza e dunque ha una esperienza specifica. È però in pensione da una decina di anni. In qualche modo li accomuna un’appartenenza politica ai partiti della maggioranza. 

La legge istitutiva del Garante (d.l. n.146 del 2013) prevede che i tre membri siano “scelti tra persone, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani, e sono nominati, previa delibera del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le competenti commissioni parlamentari”. Il diritto è un contenitore enorme, dentro il quale navigano studiosi di discipline molto lontane tra loro. E il diritto privato non è proprio l’area di afferenza per chi deve occuparsi ad esempio di carcere. Infatti, il legislatore del 2013 richiedeva, oltre che indipendenza, anche competenza nelle discipline afferenti i diritti umani (qualità che era ben presente nei tre componenti scelti nel 2016). La scelta del Governo pare indirizzata verso una valorizzazione delle appartenenze politiche, visto che tutte e tre le persone designate hanno una qualche affinità o legame con i partiti della maggioranza (in particolare Fd’I per due di loro, e Forza Italia per il prof. Serio). 

Se c’è un campo dove indipendenza, esperienza specifica e competenza sono essenziali per poter svolgere efficacemente il proprio lavoro di garanti, è proprio quello della prevenzione della tortura e della tutela dei diritti fondamentali di chi è nelle mani dello Stato. Va ricordato che il Garante delle persone private della libertà riveste per legge anche il ruolo di Meccanismo Nazionale di Prevenzione della Tortura, ai sensi di quanto previsto dal diritto internazionale, e nello specifico dal protocollo Onu del 2003 in materia di lotta alla tortura. L’articolo 18 del Trattato Onu prevede che chi riveste tale funzione dotata di poteri ispettivi incisivi, oltre che indipendente, “debba avere le capacità e le conoscenze professionali richieste”. 

Inoltre deve essere garantito un equilibrio di genere. Le brevi biografie dei tre nuovi membri del Collegio proposti dal Governo Meloni sembrerebbero non evidenziare specifiche competenze sul terreno della lotta alla tortura. Inoltre salta all’occhio la predisposizione di una terna di soli uomini. 

I sette anni di lavoro del Collegio guidato da Mauro Palma hanno conferito a tale giovane organismo autorevolezza e prestigio, mostrando anche nelle situazioni più difficili capacità di impatto e trasparenza. L’ultima cosa che deve accadere in materia di autorità che si occupano di diritti umani è finire dentro le logiche perdenti e grigie del manuale Cencelli. Sarà compito delle Commissioni parlamentari e del Presidente della Repubblica verificare se quei tre nomi hanno le caratteristiche formali presenti nella legge e nella Convenzione dell’Onu, nonché dare indicazioni per assicurare un equilibrio di genere, al momento del tutto assente. 

Una società democratica e aperta deve frammentare il potere. Va ceduta sovranità nel nome dei diritti umani. Il nostro articolato sistema di garanzia delle persone private della libertà (che comprende anche i tanti garanti che operano a livello territoriale) va rafforzato, non indebolito. Era il 1997 quando Antigone organizzò un convegno a Padova per lanciare in solitudine la campagna per istituire un ombudsman (difensore civico) dei luoghi di privazione della libertà. Nel 1998 scrivemmo il primo disegno di legge per l’istituzione di quello che poi divenne il Garante nazionale delle persone private della libertà. A Roma nel 2002 contribuimmo a dare vita al primo garante territoriale. Sin dall’inizio di questo percorso abbiamo ammonito contro le derive dell’occupazione partitica delle figure di difesa civica, che fa male a tutti, maggioranza compresa. Chi è in maggioranza oggi, domani potrebbe essere minoranza e rimpiangerà la propria cecità istituzionale.

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