Due retoriche spingono oggi il carcere ad assumere un ruolo centrale sulla scena politica e sociale italiana, proponendolo come riferimento fondamentale all’opinione pubblica. Una cultura punitiva e persecutoria contro ogni illecito che sia espressione di marginalità e vulnerabilità sociale, enfatizzato come nemico e pericolo pubblico, e una cultura giustizialista che attribuisce alla persecuzione penale il ruolo di principale rimedio contro i mali che affliggono il sistema politico ed economico nazionale: corruzione, speculazione, distrazione di denaro pubblico, criminalità organizzata, etc.
Di contro a questa crescente centralità il carcere manifesta più che mai la sua assoluta inadeguatezza, non solo non riuscendo ad assolvere alle sue funzioni fondative, il cui fallimento storico è evidente, ma dimostrandosi totalmente inefficace nella soluzione delle questioni attribuitegli. Gli effetti di tale contraddizione rivelano una serie di esiti negativi: ripresa accelerata del processo di sovraffollamento, con le conseguenti note implicazioni negative; il deterioramento delle condizioni di vita interne, con l’effetto di violare i diritti fondamentali dei reclusi; il diradarsi e l’indebolirsi degli strumenti trattamentali; la restrizione delle opportunità di fruire delle misure alternative, per citare solo gli aspetti principali.
Queste involuzioni negative si determinano soprattutto all’indomani di una stagione di spinte pseudo-riformatrici, le leggi post sentenza Torreggiani, sul piano normativo, e gli Stati Generali, sul piano teorico-progettuale, dimostrando per l’ennesima volta che dopo ogni fase riformatrice il pendolo torna verso una nuova restrittività, a livelli ancor peggiori rispetto ai precedenti. Ce n’è abbastanza per riconoscere definitivamente che il carcere è di per sé uno strumento inutile e dannoso, rispetto al quale è necessario intraprendere consapevolmente e seriamente una strada che porti al suo progressivo ridimensionamento, nella prospettiva del suo definitivo superamento, almeno per le funzioni che oggi di fatto riveste.
A tale fine l’idea “No Prison” intende proporre i seguenti metodi e, insieme, obiettivi:
1. Riduzione considerevole dei numeri della detenzione. A fronte dell’enorme quanto inutile mole di sofferenza umana che l’istituzione carceraria comporta, promuovere lo sviluppo di ulteriori provvedimenti alternativi alla stessa, riservando eventuali misure reclusive a casi di estrema pericolosità, pur sempre nel rispetto dei diritti umani.
2. Decostruzione delle astrazioni e generalizzazioni del sistema penale. Gestire i comportamenti devianti e antisociali tenendo conto della specificità dei motivi, delle storie di vita, delle condizioni socioculturali che caratterizzano l’esperienza dei soggetti coinvolti, al fine di trovare risposte che prevengano il diffondersi di culture vendicative, processi di stigmatizzazione ed emarginazione.
3. Analizzare e risolvere i conflitti. Riconoscere la natura dei conflitti di cui i fenomeni devianti e delittuosi sono espressione e promuovere, tramite il riconoscimento dei danni sociali implicati, forme di risoluzione degli stessi e di riconciliazione, nella prospettiva della ricomposizione dei legami sociali.
4. Oltre la cultura della vendetta. Superare la cultura vendicativa e patibolare che sta a fondamento dell’istituzione carceraria, prevalendo nei fatti sulle funzioni rieducative e sugli estemporanei tentativi di riforma, per introdurre metodi alternativi di gestione dei comportamenti devianti e illeciti, abbandonando l’idea di retribuire “il male con il male”, per elaborare risposte adeguate alla specificità di ogni singolo caso e soggetto, de-costruendo le rappresentazioni degli stessi determinate da pregiudizi e stereotipi produttori di stigma sociale.
5. Informazione e coscienza estese. Promuovere attorno alla questione penale e carceraria la diffusione di informazione, conoscenza, ricerca, analisi, riflessione, dibattito, che orientino i teorici, gli addetti ai lavori, i soggetti istituzionali, gli operatori, l’opinione pubblica alla consapevolezza e alla solidarietà, nella prospettiva di modifiche normative orientate al superamento dell’istituzione carceraria.
Il seminario si propone essenzialmente tre obiettivi:
a) Mettere in luce e documentare gli aspetti problematici e negativi che caratterizzano oggi l’istituzione carceraria.
b) Approfondire sul piano teorico e analitico le ragioni che portano a sostenere la necessità, oggi in particolare, di superare l’istituzione carceraria, nella prospettiva della sua abolizione.
c) Porre le basi per la trasformazione del movimento “No Prison” in una struttura associativa organizzata, per poter così perseguire efficacemente i suoi obiettivi.