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Rom, Frattini riceve lo stop dell'Europa, Il Manifesto, 16/11/07

Rom, Frattini riceve lo stop dell'Europa
Il parlamento Ue vota una risoluzione contro l'interpretazione del commissario europeo della direttiva sulla libera circolazione delle persone
Alberto D'Argenzio
Bruxelles

Troppo disinvolto su temi troppo sensibili, decisamente un po' troppo per un commissario europeo. Franco Frattini, titolare del dicastero comunitario della giustizia, degli interni e dei diritti umani, si è preso ieri una bella tirata d'orecchi dal Parlamento europeo: le «sue recenti affermazioni» sull'applicazione della direttiva sulla libertà di circolazione nella Ue, la 2004/38, «sono contrarie allo spirito e alla lettera della direttiva, che gli si chiede di rispettare pienamente». Si fa riferimento alle due interviste apparse lo scorso 2 novembre su Il Messaggero e su Il Sole24Ore in cui Frattini propone, tra l'altro, di andare in un campo Rom e «prendere e rimandare in Romania» chiunque non sia in grado di spiegare dove abita. Una visione troppo restrittiva della direttiva, per Strasburgo, e poco adatta a chi dovrebbe tutelare i diritti umani dei cittadini comunitari quali sono gran parte dei Rom presenti in Italia.
L'attacco a Frattini, pesante quanto lo è una censura politica, ha preso la forma di un articolo di risoluzione presentata da socialisti, liberaldemocratici, verdi e comunisti, ed approvato con 290 voti favorevoli (tra cui anche quello inaspettato di Borghezio), 220 negativi e 21 astensioni. L'intera risoluzione - che ribadisce il diritto alla libera circolazione come «uno dei principi fondamentali della Ue», che ricorda che non si può espellere per «fini economici» e che i provvedimenti devono «essere proporzionati e fondati esclusivamente sul comportamento personale dell'individuo» e non basati su «ragioni di prevenzione generale» , è passata con un margine ancora maggiore: 306 sì, 186 no e 37 astensioni.
Centrosinistra da una parte e destra dall'altra in un voto segnato da grandi tensioni, scontri verbali ed accuse reciproche. Antonio Tajani ha anche provato a bloccare l'emendamento contro Frattini, bollandolo come un «attacco personale». Con lui anche il Presidente dei popolari Joseph Daul. Per il centrosinistra non si tratta di prendersela con Frattini, ma di rammentargli che ha un ruolo istituzionale. «È poco saggio - ha risposto il capogruppo liberale Graham Watson - che un commissario si coinvolga nella discussione politica del suo paese o di un altro e non è irragionevole che l'aula gli ricordi questo dovere».
Incassato il colpo, il diretto interessato all'inizio fa finta di non accorgersene e in una prima nota relega la questione nell'ambito del «dibattito» tra diverse «famiglie politiche». Mentre «alla Commissione - si legge nella nota - che mi ha affidato una responsabilità diretta in questa materia, confermandomi ancora poche ore fa fiducia e solidarietà, spetta un compito diverso (dal dibattito, ndr) e istituzionale: difendere e affermare il bilanciamento tra uno straordinario diritto, quello della libera circolazione, e la sua condizione primaria: il diritto alla sicurezza, che non possiamo considerare un valore residuale e secondario».
Il concetto del bilanciamento tra il diritto a muoversi e quello alla propria sicurezza viene in parte sviluppato in una seconda nota, ma fermandosi a dichiarazioni di principio, senza arrivare al nocciolo: come, quando e perché si possono espellere i cittadini comunitari secondo la direttiva 2004/38? Le interviste del 2 novembre erano molto dure, poi il tono di Frattini è andato cambiando, una volta tornato a Bruxelles, tanto che recentemente ha rifiutato la proposta del ministro Amato di inasprire la direttiva. E per completare questo cammino, per ora tutto verbale, Frattini conclude la seconda nota augurandosi di «incontrare rappresentanti della comunità Rom la prossima settimana, per esprimere loro il mio appoggio e illustrare l'obiettivo della Commissione di combattere la discriminazione che hanno di fronte in tutta Europa».
Gli echi del colpo a Frattini risuonano già a Roma. Per Tajani «a Strasburgo la sinistra ha sconfessato Amato», per Rifondazione invece la risoluzione va presa come una bussola da seguire. Se la partita è chiusa in Europa, non lo è per nulla in Italia.
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