PALERMO - Ha finalmente un colpevole la più grande tragedia dell'immigrazione del dopoguerra nel Canale di Sicilia: la strage della notte di Natale del 1996 in cui persero la vita 283 tra pachistani, indiani e cingalesi Tamil. La Corte d'Assise d'appello di Catania ha condannato a 30 anni di reclusione per omicidio plurimo colposo il libanese El Hallal Youssef, comandante della nave Yohan che avrebbe causato il naufragio avvenuto tra l'isola di Malta e le coste siciliane, a 19 miglia al largo di Capo Passero. Per lui il sostituto procuratore generale Giulio Toscano aveva chiesto l'ergastolo.
La tragedia si consumò nel giro di pochi secondi, durante il trasbordo degli immigrati nel mare in tempesta. Una piccola imbarcazione con centinaia di clandestini diretti in Sicilia, affondò dopo una collisione con la "nave madre", la Yohan, un cargo greco battente bandiera honduregna che riuscì a recuperare solo poche decine di superstiti. Questi ultimi, sbarcati qualche giorno dopo ad Atene, raccontarono quanto era accaduto. Non furono creduti. In mancanza di prove "tangibili", come i cadaveri delle vittime o i resti del barcone colato a picco, per anni si continuò a parlare di un "naufragio fantasma". Quasi una leggenda del mare, che invece trovò una tragica conferma cinque anni dopo.
Il relitto dell'imbarcazione, un peschereccio maltese che aveva come segno distintivo la sigla F-174, fu individuato il 13 giugno del 2001 grazie alla caparbietà di un giornalista, l'inviato del quotidiano "La Repubblica" Giovanni Maria Bellu, che attraverso le indicazioni di un pescatore di Porto Palo e con l'ausilio di un robot sottomarino raccolse le prove fotografiche che documentavano quanto era accaduto.
Il comandante della Yohan rischia però di non scontare la pena e di non pagare la provvisionale di 20 mila euro a ciascuna delle famiglie delle vittime che si sono costituite parti civili. E' stato infatti giudicato in contumacia così come l'imputato di un altro processo, che si è concluso il 9 maggio scorso davanti alla Corte d'assise di Siracusa. In quel caso i giudici hanno invece assolto Turab Ahmed Sheik, un armatore pachistano residente a Malta indicato come l'organizzatore della "traversata della morte".
Le fasi drammatiche del naufragio sono state ricostruite in aula da uno dei pochi superstiti scampati al naufragio, un immigrato pachistano: "Sentivo gente urlare e disperarsi, persone che chiedevano inutilmente soccorso...". Il testimone ha raccontato che il barcone era "stipato fino all'inverosimile" e che le condizioni del mare erano "impossibili". L'extracomunitario ha anche riferito che lui e gli altri compagni di viaggio chiesero inutilmente al comandante della Yohan di lanciare via radio l'Sos alle autorità marittime. Una richiesta rimasta inascoltata, mentre centinaia di persone affogavano davanti ai loro occhi.
(Francesco Nuccio - ANSA)