Free cookie consent management tool by TermsFeed Policy Generator Lavorare con gli invisibili > Ma sono uomini o zombie

Lavorare con gli invisibili > Ma sono uomini o zombie

("La Repubblica", ferragosto 1986)
 

“Si tolga ad essi il minimo di libertà fisica e si lasci il massimo di libertà morale” e poi “L’unico rischio che non possiamo correre è quello di non correre mai rischi.”

Queste alcune delle parole e dei concetti che Nicolò Amato inserisce nel suo recente articolo su “Repubblica” intitolato assai suggestivamente “Un carcere senza chiavi”. […] Accanto alle parole e ai concetti di illuminata saggezza [..], non stanno solo le persistenti orride contraddizioni dei tre suicidi ferragostani […]: stanno altri silenziosi e non appariscenti orrori; quelli del carcere realtà nascosta, quotidiano separato meticolosamente atroce.

Il dr. Amato sa che una grande maggioranza dei carceri italiani è, tanto per cominciare, totalmente priva di verde nelle zone in cui i detenuti “prendono l’aria” cioè stanno in cortili di cemento – meglio “corridoi senza soffitto” come dicono gli utenti, accuratamente liberati da ogni erbuccia per caso spuntata in qualche angoletto. […] nella terra si potrebbe nascondere un coltello,  o una lima: perciò è giustificato eliminare, coprire di cemento la terra che può celare un’insidia? Nessuna legge, nessun regolamento proibisce la terra, i fiori, gli alberi. Semplicemente la paura ossessiva degli uomini incaricati di sorvegliare e punire, cancella la terra, i fiori, la natura vivente, dal già limitato, soffocante scatolone che chiamano carcere. [..] Ma questo è uno solo degli aspetti [..] dello “strumento di tortura” che può essere, che spessissimo è il carcere.

 “Vedo – mi scrive uno di loro – nel cortile dell’ "aria” persone che sedute a terra giocano a carte: altre che discutono su Maradona e si raccontano quel che hanno comperato alla spesa per il pranzo; altri che mi attraversano con lo sguardo, sperduti, senza vedermi. Sono ormai “zombi” non uomini: sarò anche io domani come loro? Non voglio diventare uno “zombi”: io so ancora appassionarmi per studio e letture, io so fare mille mestieri, io carcerato anni e anni per reati contro la proprietà, non sono uno “zombi”, non voglio esserlo mai”. 

Dottor Amato fate tutti presto, presto.

Il mio amico – tanti altri come lui – non possono aspettare e anche la civiltà della democrazia italiana non può aspettare
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