NAPOLI - Quando entrò in carcere, di Franco Basaglia ancora non si sapeva nulla. Vito De Rosa, il detenuto per il quale il ministro della Giustizia ha chiesto a Ciampi la grazia, ha vissuto per oltre cinquant'anni a Napoli, ma la città non l'ha mai vista. E' scomparso alla vita civile per mezzo secolo, rinchiuso in quelli che una volta si chiamavano manicomi criminali e oggi sono ingentiliti dalla sigla Opg, Ospedali psichiatrici giudiziari.
Se la grazia chiesta da Castelli gli aprirà i cancelli, De Rosa vedrà una luce che aveva perso a diciassette anni. Per un motivo grave, l'uccisione del padre, di un padre padrone che, narrano le scarse cronache disponibili dell'epoca, lo picchiava a sangue con corde e cinghie perché riteneva che Vito rubasse l'olio prodotto nella tenuta di famiglia. Siamo a Olevano sul Tusciano, un paesino in provincia di Salerno, nei primi Anni Cinquanta. La storia di Vito è segnata tragicamente dal colpo di accetta con il quale uccide il padre. Pochi dubbi, De Rosa viene condannato all'ergastolo.
Il calvario vero inizia dieci anni dopo. In carcere sta sempre peggio, le ispezioni mediche non possono fare a meno di diagnosticargli una forma di schizofrenia. Si scinde anche la sua storia, fra il dramma del crimine e quello dell'incubo. De Rosa lascia la pena "ordinaria" e viene trasferito allo psichiatrico. Finisce nel tunnel, diventa vittima di una doppia impossibilità: se il medico decreta la fine del suo stato di pericolosità sociale torna in un carcere ordinario: avrebbe bisogno di una grazia, ma anche questa rischia di non risolvere il problema perché poi qualcuno che lo accudisca si deve pur trovare.
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