Il Ministro Maroni ha detto che la Libia non rispetta gli accordi presi con l’Italia perché lascia partire ‘clandestini’ a centinaia.
Lo ha detto dalla festa annuale della Lega Nord, a Venezia, in mezzo agli applausi generali.
Accanto a lui c’era la vicesindaco e senatrice leghista Angela Maraventano, una lampedusana che dal gestire una pizzeria si è lanciata in politica sfruttando e alimentando il panico da ‘sbarchi’ che dalla sua isola è stato diffuso in tutta Italia.
A lei, al ministro degli interni, al ‘popolo’ della Lega, interessa solo che le persone non arrivino più dal mare. Basta con quelle migliaia di uomini disperati che arrivano ogni anno, basta bambini e donne incinte che bisogna in qualche modo alloggiare e nutrire. Gente così fuori dalla grazia di dio da bruciarsi i polpastrelli delle dita pur di non farsi identificare e rimandare indietro.
Poco importa, allora, di quali strumenti bisogna adoperare per impedire che i ‘neri’, (o, come li chiama ancora qualcuno in Sicilia ’i Turchi’), giungano fino a Lampedusa. Poco importa cosa ne sarebbe stato dei 341 migranti arrivati sabato, tra i quali c’erano anche 67 donne e 26 minori, se non fossero riusciti a lasciare la Libia. Poco importa del viaggio che hanno compiuto per arrivare fino a lì, se le donne sono state violentate e gli uomini rapinati e picchiati per attraversare il deserto e se potrebbero subire ancora tutto questo. Poco importa se quelli che hanno raggiunto Lampedusa sono solo i sopravvissuti alle onde del Mediterraneo tra le quali scompaiono migliaia e migliaia di cadaveri da anni.
E meno che mai importa, evidentemente, se tutto ciò potrebbe essere evitato aprendo dei canali di ingresso legali oltre il fallimentare sistema delle quote.
Moltissimi di quelli che arrivano via mare passando per il Maghreb, peraltro, sono potenziali richiedenti asilo politico che avrebbero pertanto diritto ad una protezione internazionale. E questi sono dati ufficiali dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Spaventa quanto sia legittimata questa maniera di pensare oggi in Italia. E non è certo una novità imputabile al fatto che il Ministro degli interni di adesso sia leghista o che il governo sia guidato da Silvio Berlusconi.
Sotto la tenda del colonnello Gheddafi si sono alternati uomini di tutti gli schieramenti politici che si sono avvicendati al potere nelle ultime legislature. Allo stesso modo, tutti, si sono rivolti al dittatore libico riabilitandolo sulla scena internazionale come l’ultimo paladino delle frontiere d’Europa.
L’Italia, uno dei paesi ‘esportatori’ della ‘democrazia, uno di quelli in prima linea nel bombardare le popolazioni civili afghane e fino a ieri irachene col pretesto di tutelare i diritti umani nel mondo, non si fa alcun problema nel promuovere scambi economici utilizzando come moneta degli esseri umani, e di delegare alla polizia libica la gestione delle loro vite.
Eppure non c’è più alcun segreto riguardo ai trattamenti inumani e degradanti subiti dai migranti in quel paese. E’ nota la fine che hanno fatto molte delle persone deportate da Lampedusa a Tripoli nel 2004 e nel 2005, morendo nel deserto dove erano state abbandonate dalle autorità libiche.
Non mancano certo i rapporti autorevoli e dettagliati sulle condizioni di trattenimento nei centri di detenzione libici, centri che l’Italia finanzia generosamente da lungo tempo.
L’ultimo dei documenti che non lascia dubbi in proposito è il documentario di Riccardo Biadene, Andrea Segre e Dagmawi Yimer, prodotto da Asinitas Onlus in collaborazione con ZaLab, la cui anteprima si terrà al Milano Film Festival il 16 settembre 2008 e a Roma il 23 settembre.
Quel che di terribile subiscono queste persone avviene su richiesta dell’Italia e dell’Europa. Richiesta che verrà presto rinnovata da Maroni come è stato fatto precedentemente da D’Alema, Amato e tutti gli altri. Il risultato sarà solo altra violenza e altra morte. Le rotte si stanno già spostando dalla Libia verso l’Algeria e l’Egitto, paesi tanto soggetti all’influenza europea da avere introdotto il reato di emigrazione illegale. Cosa sarà di queste persone intercettate, arrestate, deportate, non sembra essere affare di chi, dall’Italia, può costruire la propria politica sul rifiuto degli altri, e voltare le spalle di fronte alle conseguenze che una simile scelta comporta.
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