Governo, stop al decreto sugli immigrati in nero
Un deciso stop da parte di (quasi) tutto il governo al decreto legge che avrebbe dovuto modificare l'articolo 18 della Bossi-Fini - quello che permette alle prostitute di ottenere un permesso di soggiorno se denunciano i loro sfruttatori - in favore dei lavoratori clandestini. La maggioranza dei ministri ha deciso che lo strumento del decreto legge non è il più idoneo, perché non ci sono i presupposti dell'urgenza, e quindi verrà predisposto un disegno di legge che forse arriverà sul tavolo del Consiglio la prossima settimana. I sindacati confederali, che per domani hanno indetto una manifestazione nazionale a Foggia contro il lavoro nero, non sfileranno così con in tasca la vittoria di una modifica della legge Bossi-Fini su questo punto. I sindacati avevano chiesto con insistenza che l'articolo 18 fosse esteso anche ai lavoratori, e che fosse fatto velocemente, tanto da proporre di inserirlo in Finanziaria. Il «caso» era scoppiato quest'estate dopo l'inchiesta dell'Espresso sulle condizioni dei raccoglitori di pomodori, che aveva provocato la presa di posizione di tutto il governo: provvedimento urgente, da approvare subito. Invece non se ne fa niente. Le voci che si sono opposte al varo del decreto legge sono state diverse: dal ministro dei Rapporti con il parlamento Vannino Chiti - che ha contestato i presupposti di urgenza, e ha posto il problema del sovraccarico di lavoro delle Camere - al ministro della Comunicazione Paolo Gentiloni, che avrebbe contestato il «titolo» del decreto, foriero di polemiche. Al ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, secondo cui bisogna valutare ancora meglio la questione dei possibili interessi criminali su questa modifica.
Ma la vera divisione è sempre la stessa: da una parte il ministro dell'Interno Giuliano Amato, dall'altra il ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero. Quest'ultimo aveva proposto di allargare - come prevede anche il programma dell'Unione - l'articolo 18 anche ai lavoratori clandestini che non sono «supersfruttati», ma che verrebbero messi in regola dai datori di lavoro se ne avessero la possibilità. Amato aveva ribattuto che questa sarebbe stata «una sanatoria», e che avrebbe spinto le organizzazioni criminali ad approfittarne. Ieri era stato raggiunto un accordo su un testo - complice anche il ministro del Lavoro Cesare Damiano, che avrebbe gradito lo strumento del decreto legge - in cui venivano contemplate solo le forme di lavoro schiavistiche. Solo a parte, da discutere dunque, la proposta di Ferrero. Ma il Viminale avrebbe dato lo stop anche al testo «concordato», sostenendo che è necessario individuare con più attenzione la fattispecie di reato del caporalato, e prevedere pene specifiche. Probabilmente si intende modificare anche alcuni articoli del codice penale, e non soltanto l'articolo 18 della Bossi-Fini. Dopo il consiglio dei ministri, Ferrero ha inviato un comunicato molto duro, definendo «incomprensibile» la scelta del governo. Amato ha risposto di essere «molto dispiaciuto» per la mancata approvazione del decreto legge, ma che il ddl «avrà maggiore consenso e potrà essere rapidamente approvato».
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