Toccherà alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo accertare se la morte di Carlo Giuliani, durante gli scontri del G8 di Genova del 2001, è imputabile allo Stato italiano. Strasburgo ha, infatti, dichiarato ricevibile il ricorso dei genitori e della sorella della vittima (ricorso n. 23458/2002), dopo l’archiviazione disposta dal Gip, che aveva accolto la richiesta del Pm.
Per la Corte europea, il caso presenta importanti questioni di fatto e di diritto che richiedono un accertamento nel merito e quindi il ricorso deve essere dichiarato ricevibile. A questo punto i giudici dovranno verificare se c’è stata una violazione dell’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela il diritto alla vita, dell’articolo 3, vieta tortura e trattamenti disumani e degradanti, dell’articolo 6, sull’equo processo, e dell’articolo 13 sulla tutela giurisdizionale effettiva.
Respinte le eccezioni presentate dal Governo italiano rispetto a quanto sostenuto dai ricorrenti, per i quali vi sarebbe stata una violazione del diritto alla vita per l’uso eccessivo della forza da parte delle autorità pubbliche, per la reazione sproporzionata rispetto al pericolo, che non rendeva necessario l’utilizzò di armi da fuoco, perché non erano state predisposte sufficienti misure di sicurezza e perché i soccorsi non erano stati tempestivi e adeguati. Il fatto che la jeep dei carabinieri fosse poi passata sul corpo di Carlo Giuliani implicava un trattamento disumano, vietato dall’articolo 3 della Convenzione.
Il Governo ha eccepito il mancato esaurimento dei ricorsi interni, sostenendo che prima di incamminarsi verso Strasburgo i ricorrenti avrebbero dovuto tentare un’azione civile. In sostanza, malgrado l’archiviazione del procedimento penale, ai parenti restava la possibilità di arrivare, seppure in via indiretta, all’individuazione del colpevole.
La Corte non ha condiviso questa posizione, anche perché le autorità nazionali non hanno fornito alcuna prova sull’efficacia dell’azione civile per l’accertamento della colpevolezza. L’azione per il risarcimento dei danni materiali e morali ha - precisato la Corte - non può essere considerata uno strumento sufficiente quando c’è il sospetto che la morte di un individuo sia stata causata dalle forze di sicurezza. Questo perché è necessario che il procedimento interno conduca all’individuazione dei colpevoli.
Il Governo ha poi sostenuto che le indagini interne erano state compiute in linea con le disposizioni della Convenzione. È vero - ha detto il Governo - che anche i Carabinieri, malgrado sotto inchiesta fossero proprio due componenti dell’Arma, avevano partecipato all’attività istruttoria, ma in realtà si erano limitati a svolgere atti di secondaria importanza, perché le indagini erano state affidate alla Polizia.
In ogni caso, poi, il Pm aveva svolto diversi accertamenti personalmente. Una ricostruzione contestata dai ricorrenti che hanno criticato le modalità con le quali sono state svolte le indagini, affidate alla Squadra mobile di Genova, investita delle funzioni di controllo dell’ordine pubblico durante il G8. Una situazione che - secondo i ricorrenti - ha inciso sull’obbligo d’imparzialità nello svolgimento delle indagini.
L’inchiesta, a differenza di quanto imposto dall’articolo 2 e dalla giurisprudenza della Corte europea, non ha garantito l’effettività perché ha trascurato di considerare se le operazioni della forza pubblica fossero state pianificate in modo adeguato. Di fronte alle contestazioni dei ricorrenti, rispetto allo svolgimento delle indagini, la Corte europea ha respinto le richieste di irricevibilità del Governo e ha rinviato l’esame alla sentenza di merito, proprio per l’importanza delle questioni in gioco
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