La società civile lancia la Contro-Conferenza nazionale sulle droghe. Si terrà a Roma il 7-8 novembre 2025 in contemporanea con quella governativa
Mentre il governo si appresta a mettere in scena la propria Conferenza Nazionale sulle Droghe, blindata e priva di confronto, la società civile reagisce: il 7 e 8 novembre si terrà a Roma una Contro-Conferenza nazionale autoconvocata, promossa dalla rete di realtà impegnate nella riforma delle politiche sulle droghe.
Con lo slogan "Sulle droghe abbiamo un piano. Fermiamo la guerra alla droga, contro il governo della paura garantiamo diritti civili e sociali", l’iniziativa nasce in risposta a un contesto sempre più repressivo: dal decreto anti-rave al decreto Caivano, dalle modifiche al codice della strada fino al Decreto Sicurezza che restringe le libertà individuali e criminalizza anche la canapa industriale. Una deriva autoritaria che ignora evidenze scientifiche e strumenti fondamentali come la Riduzione del Danno, disconosciuta dal Sottosegretario con delega alle politiche sulle droghe Alfredo Mantovano.
"Le misure alternative al carcere sono sicure e producono sicurezza. Sono meno dell'1% quelle che vengono revocate per la commissione di nuovi reati, mentre la recidiva è del 70% per chi sconta l'intera pena in carcere. Mettere in discussione questi strumenti per un singolo caso di cronaca è sbagliato e anche pericoloso proprio per la sicurezza, specie se si considera che sono circa 100.000 le persone che oggi stanno eseguendo una qualche misura di comunità". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
Al 15 Marzo 2025 risultavano 97.009 le persone che stavano eseguendo una qualche misura di comunità nel nostro paese, un numero in crescita da molti anni e senza il quale le carceri italiane sarebbero esplose da tempo. Del totale, l’89,1% erano uomini e il restante 10,9% donne. Nel corso del loro svolgimento queste misure possono essere revocate per una serie di motivi (la persona perde il lavoro, o resta senza casa, ma anche per comportamenti non corretti o per la commissione di nuovi reati). La media delle revoche è stata nel 2024 del 12,6% del totale delle misure, assai più bassa, dell’8,2%, se si guarda al solo lavoro all’esterno (art. 21). Dai dati più recenti disponibili risulta che la percentuale di revoche dovuta alla commissione di nuovi reati si attesta sotto l’1%, e solo una parte minoritaria di questi riguarda reati contro la persona.
Qualcuno – magari fra quelli che dicono “buttate le chiavi e lasciateli in galera” – dirà che non sono fatti nostri, che non ne sappiamo nulla. Ma pure se non se ne parla mai, anche nelle carceri c’è il lavoro. Duro, sfruttato, sfruttatissimo, mal retribuito, concesso dalle direzioni come un privilegio non come un diritto.
Perché in carcere sono i detenuti a pulire le celle, i corridoi, a portare il vitto, a scrivere le domandine, a tagliare l’erba nei cortili. Con un salario che serve a pagare la permanenza dietro le sbarre e, nel migliore dei casi, a mandare pochi euro a casa. Per quelle famiglie che contavano solo sulle entrate di chi ora è privato della libertà.
Sì, in carcere, a Rebibbia c’è il lavoro. Ed è duro, sfruttato. Senza diritti. Ecco perché chiediamo a chi sta fuori di andare a votare al referendum di giugno. Di andare a votare sì, per abrogare le norme che hanno ridotto i diritti sul lavoro, i diritti delle persone che vivono in questo paese. Magari – perché non sperarlo? - far crescere i diritti “fuori da queste sbarre” avrà ricadute anche per chi vive e lavora dietro quelle sbarre.
I detenuti della redazione di Radio Rebibbia - Jailhouse Rock
Resistenza civile contro il Decreto Sicurezza. Catena di solidarietà per i diritti di tutte e tutti.
Parte il digiuno a staffetta contro il Decreto Sicurezza, che dal 29 aprile proseguirà fino al 30 maggio, vigilia della manifestazione nazionale a Roma.
A Buon Diritto, Acli, Antigone, Arci, Cgil, Cnca, Forum Droghe, L’Altro Diritto, La Società della Ragione, Ristretti Orizzonti, lanciano un appello per una grande azione collettiva contro il Decreto Sicurezza. Accogliendo l'invito di Don Ciotti a digiunare contro le leggi ingiuste, e raccogliendo l’iniziativa lanciata da Franco Corleone, le organizzazioni promotrici intendono denunciare l'approvazione di un provvedimento che limita gravemente lo spazio civico, criminalizza il dissenso pacifico e mette a rischio i diritti fondamentali di cittadine e cittadini.
Il Decreto Legge Sicurezza, privo dei requisiti di necessità e urgenza, è stato emanato scippando il testo su cui era ormai concluso il dibattito parlamentare, con un atto di prepotenza istituzionale, che colpisce il cuore della democrazia italiana.
Tra i suoi contenuti più gravi:
- la criminalizzazione della povertà, delle manifestazioni pacifiche e del dissenso, anche in carcere e nei CPR;
- la reclusione di donne incinte o con figli piccoli negli ICAM, che sono veri e propri istituti penitenziari, con la minaccia di separare i bambini dalle madri come sanzione disciplinare;
- il divieto della coltivazione e commercializzazione della canapa tessile;
- l’ampliamento dei poteri delle forze di sicurezza la costruzione di nuovi reati con pene pesanti anche per fatti di sola rilevanza sociale.
Anche quest’anno puoi scegliere di stare dalla parte dei diritti.
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Significa darci la forza di continuare a raccontare, denunciare, proporre, cambiare.
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"L'associazione Antigone si unisce al cordoglio per la morte di Papa Francesco. Uno degli ultimi impegni pubblici del Papa è stato lo scorso giovedì Santo, quando si è recato al carcere di Regina Coeli per incontrare le persone detenute. Si tratta di un appuntamento che il Pontefice aveva rinnovato di anno in anno.
“A me piace fare tutti gli anni quello che ha fatto Gesù il Giovedì Santo, la lavanda dei piedi, in carcere”, aveva detto il Papa.
Durante il suo dicastero con frequenza ha manifestato preoccupazione per le condizioni di detenzione, chiedendo anche provvedimenti di clemenza per le persone detenute. Ribadendo questa richiesta e questa vicinanza anche con un gesto fortemente simbolico, aprendo una delle Porte Sante dell'anno giubilare nel carcere di Rebibbia.
Auspichiamo che in ricordo del Papa i governi, a partire da quello italiano, facciano proprio l'appello per un atto di clemenza per le persone detenute". Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
Gentili candidate e candidati,
come accaduto nei due anni precedenti, ancora una volta abbiamo sentito da parte vostra un grande entusiasmo e tanta competenza riguardo i temi che ci coinvolgono.
Vi ringraziamo di cuore per l'interesse dimostrato nei confronti della nostra associazione. Avremmo voluto avervi tutte e tutti con noi, ma ovviamente non è possibile. Come è giusto che sia, ci siamo affidati alle valutazioni obbligate dal bando di concorso.
Per coloro che non fossero stati selezionati, il nostro invito e di restare in contatto con noi.
Se Antigone potrà esservi utile per motivi di studio, di ricerca o di qualsiasi altra cosa, siamo a disposizione.
Continuare a portare avanti uno sguardo consapevole e critico sul carcere e sulla penalità è fondamentale per una società aperta e democratica.
Diamo dunque il benvenuto a chi si unirà ad Antigone per il servizio civile.
Nessuno Escluso. E’ questo il titolo del Report annuale 2024 di Antigone Marche, presentato lo scorso 12 aprile ad Ancona. L’iniziativa, con il patrocinio del Comune di Ancona, è stata organizzata in collaborazione con Amnesty Marche, nell'ambito del cartellone di eventi ‘Primavera della Legalità’.
Il rapporto, oltre a raccontare un anno di volontariato di Antigone Marche fuori e dentro il carcere, con le visite di monitoraggio effettuate nei 6 istituti regionali e gli sportelli di informazione legale presenti in tre delle carceri marchigiane (Pesaro, Fermo e Montacuto), ha un focus specifico sulla giustizia minorile e sulla situazione delle persone migranti.
10 aprile 2025 - "Oggi il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ha emanato una circolare per assicurare, finalmente, il diritto alla affettività e alla sessualità nelle carceri. Un diritto sancito dalla Corte Costituzionale nel gennaio 2024 e ribadito nelle settimane scorse da ben tre tribunali di sorveglianza, che avevano accolto i ricorsi presentati da altrettante persone detenute i quali denunciavano l'impossibilità di svolgere rapporti intimi con i propri partner". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
In particolare la circolare del DAP fornisce indirizzi operativi per garantire il diritto all’affettività delle persone detenute. Sottolineando come questa sia un diritto fondamentale, da esercitare anche durante la detenzione, demanda ai direttori degli istituti penitenziari di attrezzarsi per mettere a disposizione spazi dedicati ai colloqui privati tra detenuti e persone con cui abbiano relazioni affettive stabili. Inoltre viene sottolineato come le richieste di colloqui intimi vadano valutate caso per caso, considerando la stabilità della relazione, la condotta del detenuto e le esigenze di sicurezza, prevedendo anche una dichiarazione congiunta delle parti e documentazione a supporto della relazione. Si prevede infine che gli istituti dovranno individuare e, se necessario, adeguare locali per garantire privacy e sicurezza e che le visite intime non avranno una frequenza prestabilita uguale per tutti, ma saranno valutate individualmente, anche in base alla capienza e alle risorse dell’istituto.
"La circolare disciplina le modalità di svolgimento dei colloqui intimi, demandando ai provveditori e ai direttori il compito di garantire questo diritto. Molto è rinviato a loro e ora il diritto dovrà essere pienamente assicurato a livello territoriale. Ci auguriamo che tutte le carceri si adeguino per tempo. Le sentenze della Consulta vanno rispettate. Non ci sono più giustificazioni per ulteriori ritardi. Abbiamo bisogno di promuovere un modello detentivo che sia più umano e che guardi alla Costituzione per costruire reali percorsi di reinserimento sociale". Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella.
"Oggi il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) ha emanato una circolare per assicurare, finalmente, il diritto alla affettività e alla sessualità nelle carceri. Un diritto sancito dalla Corte Costituzionale nel gennaio 2024 e ribadito nelle settimane scorse da ben tre tribunali di sorveglianza, che avevano accolto i ricorsi presentati da altrettante persone detenute i quali denunciavano l'impossibilità di svolgere rapporti intimi con i propri partner". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
In particolare la circolare del DAP fornisce indirizzi operativi per garantire il diritto all’affettività delle persone detenute. Sottolineando come questa sia un diritto fondamentale, da esercitare anche durante la detenzione, demanda ai direttori degli istituti penitenziari di attrezzarsi per mettere a disposizione spazi dedicati ai colloqui privati tra detenuti e persone con cui abbiano relazioni affettive stabili. Inoltre viene sottolineato come le richieste di colloqui intimi vadano valutate caso per caso, considerando la stabilità della relazione, la condotta del detenuto e le esigenze di sicurezza, prevedendo anche una dichiarazione congiunta delle parti e documentazione a supporto della relazione. Si prevede infine che gli istituti dovranno individuare e, se necessario, adeguare locali per garantire privacy e sicurezza e che le visite intime non avranno una frequenza prestabilita uguale per tutti, ma saranno valutate individualmente, anche in base alla capienza e alle risorse dell’istituto.
"La circolare disciplina le modalità di svolgimento dei colloqui intimi, demandando ai provveditori e ai direttori il compito di garantire questo diritto. Molto è rinviato a loro e ora il diritto dovrà essere pienamente assicurato a livello territoriale. Ci auguriamo che tutte le carceri si adeguino per tempo. Le sentenze della Consulta vanno rispettate. Non ci sono più giustificazioni per ulteriori ritardi. Abbiamo bisogno di promuovere un modello detentivo che sia più umano e che guardi alla Costituzione per costruire reali percorsi di reinserimento sociale". Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella.
Il Ministro della Giustizia Nordio ci dice che il sovraffollamento è prodotto dai giudici e non invece dalle leggi approvate dal governo. Ovviamente ciò non è vero. Ma con questa affermazione Nordio ammette dunque che le leggi introdotte sono pensate per costruire consenso e non servono a reprimere comportamenti effettivamente meritevoli di pena. Ossia ammette che il governo sta facendo semplice propaganda penale e ha usato tutte le tecniche del populismo penale fin dalla norma che introdusse il reato legato ai rave party.
Il sovraffollamento carcerario - che oggi è arrivato anche nelle carceri minorili, cosa mai accaduta prima - è indubbiamente colpa di alcune leggi del governo, come l'inasprimento delle pene per i reati di lieve entità legati alle droghe e le altre norme del decreto Caivano. E quando sarà in vigore il decreto sicurezza, con il delitto di rivolta penitenziaria che punirà chi protesta senza uso della violenza, le carceri esploderanno.
Il discorso pubblico del governo, inoltre, spinge le forze di polizia a effettuare più arresti, come sottolineano anche i dati relativi a Milano, diffusi ieri dal Questore, il quale ha riportato come negli ultimi mesi ci sia stato un aumento degli arresti a fronte di un calo dei reati. La questione della sicurezza è usata come anestetico sociale, per impaurire.
Di fronte alla catastrofe penitenziaria, alle morti, alle tragedie, alla vita resa impossibile a detenuti e operatori, non si possono proporre le solite ricette edilizie e qualche posto in più in container improvvisati. Oggi ci sono 15.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare. Il sistema è illegale. Lo Stato così perde credibilità.