Con la sentenza n. 96 del 2025, la Corte costituzionale lancia un messaggio preciso al decisore politico: trattenere una persona all’interno di un CPR significa limitare la sua libertà personale. E questo non può avvenire senza che siano garantiti diritti fondamentali, come previsto dall’articolo 13 della Costituzione.
Al momento, però, manca una legge che stabilisca con chiarezza come si debba svolgere questa privazione della libertà: le regole attuali sono generiche e spesso affidate a regolamenti o circolari amministrative e questo lascia spazio ad abusi e violazioni costanti dei diritti. Questa lacuna normativa mette a rischio i diritti delle persone trattenute nei CPR e crea una situazione di grande incertezza. Non esiste, infatti, una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale, né sono previste adeguate tutele giurisdizionali per chi si trova in queste strutture.
"La sentenza ci da ragione - sottolinea Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. La libertà personale è oggetto di riserva di legge assoluta. È sacra. Non si può trattare una persona presente in Italia senza un titolo di soggiorno che non ha commesso reati peggio di un detenuto. Non si può negargli i diritti alla salute, alla integrità psicofisica, alla dignità. Certo avremmo preferito una sentenza che smantellasse un sistema che crea dolore illegalmente ma è un passo comunque importante. Antigone aveva presentato un proprio atto di intervento davanti alla Consulta proprio per evitare che si creasse un sistema di discriminazioni e abusi".