di Antigone Emilia-Romagna
I decreti sulla Sicurezza delle città e sull’Immigrazione – recentemente emanati dal governo italiano con la firma del Ministro dell’interno Minniti – rispondono alla logica di contenere ed escludere una parte della popolazione. La soluzione proposta si configura come risposta repressiva e semplicistica a fenomeni sociali complessi correlati, da un lato, a una gestione miope dei flussi migratori e, dall’altro, alla prolungata e intensa crisi economica e sociale che continua a produrre i soggetti marginali che risultano poi i principali destinatari di queste misure.
Questi decreti si pongono in continuità rispetto al delinearsi di un paradigma della sicurezza pervasivo e dannoso, ma allo stesso tempo evidentemente funzionale alle forze politiche – di destra e di sinistra – che cercano un riscontro rapido in termini di consenso elettorale. Ma non è più solo quella della paura la logica organizzatrice delle misure qui proposte: riemerge la difesa del decoro.I decreti in questo senso forniscono una nuova occasione di dibattito su alcune questioni fondamentali relative alla regolamentazione verticale degli spazi urbani e delle interazioni sociali che vi prendono corpo: chi definisce che cos’è uno spazio pubblico, chi ha diritto ad attraversarlo e chi ne può venire escluso? Chi ha il potere di definire decoro e sicurezza? Chi in definitiva ha diritto di parola rispetto a questi temi? E’ sufficiente essere parte della cittadinanza che deve essere “rassicurata”?
La legge sulla tortura recentemente approvata dal parlamento italiano non è conforme alla Convenzione Onu e va cambiata. La definizione di tortura aggiunge elementi che rendono la tortura difficile da dimostrare (la crudeltà, il verificabile trauma psichico, le condotte plurime), il reato è stato concepito come generico e dunque commettibile da chiunque e non solo da pubblici ufficiali, inoltre non è imprescrittibile e non c'è un fondo per risarcire le vittime. Sono tra i rilievi più importanti che il rapporteur sull’Italia del comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (CAT) ha formulato questa mattina all'Italia, durante la sessantaduesima sessione del Comitato stesso. Altro rilievo mosso al nostro paese riguarda la raccomandazione ad istituire un comitato nazionale per la promozione e protezione dei diritti umani. Molto apprezzata è stata invece l'istituzione del Garante Nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà, che risponde al Meccanismo Nazionale di Prevenzione stabilito dalle Nazioni Unite, incarico attualmente ricoperto da Mauro Palma.
Giulio Regeni. Di quale verità parla il nostro massimo responsabile della diplomazia? Fino a ieri erano due le verità certe: la tortura in Egitto come pratica sistematica e il corpo torturato a morte di Giulio Regeni. Ora ne abbiamo un’altra: l’Italia con le parole di Alfano ha scelto la via dell’ingiustizia
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 10/11/2017
Siamo sufficientemente esperti da sapere che la verità storica non è sovrapponibile alla verità processuale. Ogni investigazione su fatti criminali – di minore o maggiore rilevanza pubblica – è un procedimento più o meno faticoso, lungo, inquieto, stentato di approssimazione alla verità.
La parola ‘verità’ va usata con grande cautela, con assoluto rispetto. Ieri invece è stata maltrattata, abusata a proposito di Giulio Regeni. «Siamo convinti che il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi sia un interlocutore appassionato nella ricerca della verità»: queste le parole del ministro degli esteri Angelino Alfano.
Di quale verità parla il nostro massimo responsabile della diplomazia? Non di certo dell’unica verità di cui noi disponiamo, ossia che in Egitto la tortura è una pratica sistematica.
Con il sostegno dell’Eu-Russia Civil Society Forum, Antigone e l’Ong russa Man and Law hanno partecipato al progetto “Rights in prison. EU-Russia Civil Society Forum and the defence of fundamental rights in the penitentiary system”. Durante il progetto una delegazione russa è venuta in Italia per una visita di scambio, culminata nel seminario "La società civile in Russia e in Italia. Scambio di esperienze e possibilità di cooperazione", tenutosi presso l’Arci il 6 Luglio 2016. Il seminario, a cui hanno partecipato diverse organizzazioni della società civile italiane, è stato soprattutto un occasione di confronto sulle difficili condizioni di lavoro delle Ong in Russia, e su possibili forme di scambio e di cooperazione.Successivamente una delegazione italiana è stata in visita in Russia, ma questa volta non tutto p andato come previsto. Dal 25 al 28 giugno, in quanto attivisti di Antigone, A buon diritto ed Arcigay abbiamo svolto una visita in Russia per incontrare alcune organizzazioni della società civile e conoscere meglio il loro lavoro. La missione si è conclusa con l’irruzione della polizia e il nostro fermo, conclusosi dopo una decina di ore, ed a seguito del quale l’ambasciata italiana ci ha caldamente raccomandato un rientro anticipato in Italia.
*Patrizio Gonnella su il manifesto del 27/10/2017
Oltre 4 milioni di euro di risarcimenti e l’ennesima brutta figura internazionale. A 16 anni di distanza dal G8 di Genova, dopo le sentenze sulla Diaz, e 13 anni da quanto accaduto nella prigione di Asti, arrivano altre due condanne da Strasburgo, le ennesime, per tortura. Non una parola qualunque ma tortura.
Stavolta, tuttavia, ci sono alcune sostanziali differenze rispetto al passato nella decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
In primo luogo le condanne sono state due, per due fatti ben diversi tra loro. Da una parte ci sono le vicende del G8 di Genova e della caserma di Bolzaneto. Già in passato per le torture e le violenze avvenute nel luglio 2001 l’Italia era stata condannata dalla Corte di Strasburgo, sia per gli episodi della scuola Diaz che proprio per quanto avvenne a Bolzaneto. Dall’altro le brutalità commesse nelle prigioni di Asti nel 2004.
Al carcere di Asti fu tortura. A chiarire definitivamente ciò che Antigone ha sempre sostenuto, anche come parte civile, è stata oggi la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che, per l'ennesima volta, ha condannato l'Italia per violazione dell'art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani, per le violenze e le torture subite da due detenuti nell'istituto di pena del capoluogo piemontese.
Il caso oggetto della sentenza odierna risale a ben 13 anni fa. Nel dicembre 2004 infatti i due detenuti vennero condotti nelle celle di isolamento prive di vetri nonostante il freddo intenso, senza materassi, lenzuola, coperte, lavandino, sedie, sgabello. Gli venne razionato il cibo, impedito di dormire, furono insultati e sottoposti nei giorni successivi a percosse quotidiane anche per più volte al giorno con calci, pugni, schiaffi in tutto il corpo e giungendo, nel caso di uno dei due, a schiacciargli la testa con i piedi.
Il 24 febbraio scorso Valerio Guerrieri, un ragazzo di 22 anni, si è suicidato nel carcere di Regina Coeli. Per questo fatto nei giorni scorsi a due agenti della polizia penitenziaria è stato contestato il reato di omicidio colposo.
“Questa prima parte delle indagini - dichiara Patrizio Gonnella - non tiene conto dell’elemento probabilmente principale, ovvero se Valerio Guerrieri si dovesse trovare in carcere o meno”. “Da quanto evidenziano le memorie della difesa sembrerebbe infatti di trovarsi dinanzi ad un caso di detenzione che non avrebbe dovuto esserci. Un fatto molto grave - conclude Gonnella - che assume però ulteriore gravità nella vicenda specifica conclusasi con il suicidio di questo ragazzo”.
Dal 13 al 15 Novembre saremo a Ginevra in occasione della sessantaduesima sessione del Comitato contro la Tortura dell’ONU.
Ogni quattro anni gli Stati membri della Convenzione contro la Tortura, fra cui l’Italia, presentano un rapporto sull’implementazione della Convenzione. L’Italia ha inviato il suo ad ottobre 2015 e una settimana fa le organizzazioni non governative hanno potuto consegnare i loro rapporti alternativi a quello del Governo. In particolare, il nostro report contiene informazioni e raccomandazioni riguardanti tre grandi tematiche: legge contro la tortura, carceri e immigrazione.
Nei giorni fra il 13 e il 15 Novembre l’Italia comparirà di fronte al Comitato, che avrà modo di chiedere chiarimenti sulle problematiche principali e che ascolterà anche la voce delle ONG. La seduta pubblica di martedì 14 novembre sarà dedicata ai commenti del Comitato sull’operato italiano mentre nella seduta del 15 il Governo avrà la possibilità di rispondere alle osservazioni che gli sono state mosse il giorno precedente.
In occasione delle sedute sull'Italia, Antigone renderà fruibile nella propria sede la diretta web e organizzerà a seguire un incontro di confronto e discussione con altre organizzazioni di società civile e con soggetti coinvolti dal tema a vario titolo. Due momenti su cui nelle prossime settimane daremo maggiori informazioni.
di Carolina Antonucci
Sabato 14 ottobre è iniziata la stagione calcistica della Polisportiva Atletico Diritti. Anche quest’anno la squadra che mette insieme migranti, ragazzi in esecuzione penale e studenti, creata dalla sinergia delle Associazioni Antigone e Progetto Diritti e sostenuta dal patrocinio dell’Università di Roma Tre, per la quarta stagione consecutiva disputerà il campionato provinciale di Terza Categoria. Alla guida dei ragazzi quest’anno c’è “mister” Franco Protano aiutato dal suo secondo Lorenzo Carcani. L’esordio casalingo di sabato, contro la Real Torres di Torbellamonaca, ha visto uscire sconfitti i padroni di casa per 5 a 0, un punteggio forse troppo severo rispetto a quanto fatto vedere in campo.
"Rispetto alle vicende che hanno riguardato il caso del rinvio a giudizio dell'ex direttore del carcere di Rebibbia e di altre 13 persone, in futuro una nostra campagna riguarderà la richiesta di abrogazione del reato colpa del custode (art. 387 c.p.).
Non conosciamo i fatti che hanno riguardato nello specifico l'episodio del carcere romano di Rebibbia ma temiamo che decisioni di questo genere possano determinare una chiusura all'interno dell'amministrazione, provocando, per paura di ripercussione negative, una riduzione delle attività dirette alla socializzazione dei detenuti.
Se in ogni caso di evasione come in ogni caso di suicidio la soluzione è quella del capro espiatorio non si aiutano quei direttori e quello staff penitenziario che si dimostra più aperto e più disponibile a progetti di reintegrazione sociale".
Lo dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone