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Caso Cucchi. Finalmente ci avviciniamo alla verità

CucchiA distanza di nove anni dalla morte di Stefano Cucchi, avvenuta il 22 ottobre del 2009 nel reparto carcerario dell'ospedale Pertini, si fa finalmente un passo decisivo verso la giustizia. 

La confessione di uno dei carabinieri attualmente sotto processo, il quale ha chiamato in causa a vario titolo gli altri suoi colleghi, squarcia il muro di omertà che in questi anni si era creato attorno a questo caso e che era stato rotto solo recentemente dalla testimonianza di un altro agente, Riccardo Casamassima. 

Tuttavia questo muro non si sarebbe potuto abbattere se non fosse stato per la determinazione e la grande tenacia dimostrata in questi anni dalla sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, che mai un attimo ha smesso di lottare, e dall'avvocato Fabio Anselmo. 

Finalmente ci avviciniamo alla verità. Ci auguriamo che in tempi brevi si arrivi al termine del processo e alle conseguenti condanne e si restituisca giustizia a Stefano e alla sua famiglia.
Crediamo inoltre  che tutti quelli che propagandavano un'altra verità stereotipata ora dovrebbero chiedere umilmente scusa.

Madri e bambini dietro le sbarre

Madri in carceredi Giuseppe Mosconi, Ordinario di Sociologia del Diritto e Presidente Antigone Veneto

La tragedia del duplice infanticidio di Rebibbia catalizza atteggiamenti di fondo sulla questione carceraria: Per chi vede la pena detentiva come necessaria e inevitabile, si tratta di separare, fin da subito, i bambini dalle madri detenute, tanto più se connotate da stereotipi negativi (drogate o psicolabili).
Per chi è disponibile verso possibili alternative, il rapporto mamma/bambino va preservato e attuato in strutture adeguate, che riproducano quanto più possibile i caratteri di una situazione normale. Ma di fronte al dramma non ha senso contrapporre opzioni di principio, se non si cerca di entrare a fondo nella situazione che viene a crearsi quando una madre è detenuta con i suoi piccoli.

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Approvata la riforma dell'ordinamento penitenziario. Restano deluse le grandi aspettative, ma passi avanti su alcuni temi

carceriOggi il Consiglio dei Ministri ha approvato la riforma dell'ordinamento penitenziario. Le leggi approvate contengono alcuni passi in avanti nella nostra legislazione. Finalmente vi sono norme dedicati ai detenuti minorenni con maggiore attenzione ai loro bisogni educativi.
Tra quelle che salutiamo volentieri vi sono: l'applicazione della sorveglianza dinamica, un più ampio accesso alle misure alternative e di comunità (anche se restano troppi vincoli, come quelli ingiustificati dell'articolo 4bis), una minore possibilità di applicare l'isolamento. 

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Tragedia di Rebibbia. Lettera aperta di volontari, associazioni, operatori

img carcere-650x409La tragedia di Rebibbia: non si aggiungano danni alla tragedia provocata da una mamma detenuta
Lettera aperta di volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute - Roma, 21 settembre 2018 

La tragedia che si è consumata a Rebibbia ci ha lasciati senza fiato. Un dolore e un orrore che ha travolto tutti: i due bambini innanzitutto, quella madre che forse ancora non è consapevole di quello che ha fatto, tutti gli operatori dell’Istituto, le oltre trecento donne lì detenute, le loro famiglie e anche noi volontari, cappellani, operatori del sociale, del mondo del lavoro, della cultura, dello sport, della salute che ogni giorno entriamo in carcere per dare il nostro contributo affinché la pena risponda sempre più alle finalità dettate dalla Costituzione. 

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Rebibbia: il silenzio necessario, Bonafede e la politica del capro espiatorio

carcere-femminile-rebibbia-romaPatrizio Gonnella da il Manifesto del 20 settembre 2018 

Di fronte a due bimbi morti e alla tragedia immane avvenuta nel carcere femminile di Rebibbia avremmo tutti dovuto chiuderci in un rispettoso silenzio. Di fronte a un fatto di cronaca così terribile il silenzio ha una forza etica imparagonabilmente superiore a chi spreca parole per spiegare, strumentalizzare, sentenziare. 

Una rottura del silenzio, anche da parte mia, è però necessaria per svelare il gioco del capro espiatorio e per restituire dignità a persone che la meritano. 

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Un elettroshock su persone disarmate, è partita la sperimentazione del Taser

Taser ItaliaRepressione. In dodici città italiane viene introdotta l'arma che ha già suscitato proteste negli Stati Uniti, come racconta la maxi inchiesta di Reuters. Altissimo il rischio di abusi.

di Patrizio Gonnella da il manifesto del 06/09/2018

Da ieri una settantina di agenti in dodici città per i prossimi tre mesi (Milano, Napoli, Bologna, Torino, Firenze, Palermo, Genova, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi) avranno in dotazione una pistola che spara scariche elettriche. La pistola è comunemente chiamata Taser dal nome della prima ditta produttrice (che però oggi si chiama Axon Enterprise). 

L’ESPERIENZA statunitense, fortemente contestata da Amnesty International, dall’American Civil Liberties Union, dai gruppi di advocacy americani Truth Not Tasers e Fatal Encounters, ha evidenziato come quest’arma a partire dal 2000 negli Usa sia stata potenzialmente mortale. Essa non è stata usata come alternativa meno violenta rispetto alle tradizionali pistole che sparano pallottole ma come più facile e meno faticosa alternativa alla parola, alle manette, all’opposizione fisica. 

STRAORDINARIA per cura e ampiezza è la ricerca dei giornalisti della Reuters che la scorsa estate ha pubblicato sul web un’inchiesta approfondita sui danni collaterali da Taser. L’indagine giornalistica è stata costruita a seguito della visione di documenti giudiziari, rapporti di polizia, autopsie, certificati medico-legali e notizie di stampa locali. Dunque in un arco di tempo pari a circa sedici anni, oltre mille sarebbero state le persone morte negli Stati Uniti in scontri con la Polizia a causa dell’uso dell’elettroshock. In ben 153 casi la Reuters ha scoperto che i medici legali hanno esplicitamente citato la pistola Taser come causa della morte. In 442 casi di uso improprio della Taser sono state presentate denunce da parte dei parenti delle vittime che per ora sono costate, in termini di risarcimenti alle istituzioni o alle assicurazioni, ben 172 milioni di dollari. 

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Pistola taser, attenzione ai rischi mortali

pistola taserDal prossimo 5 settembre, in 12 città italiane, sarà sperimentata la pistola taser. Ad annunciarlo è stato il Ministro dell'Interno Salvini. È importante tuttavia sapere cosa è accaduto negli Stati Uniti che, primi fa tutti, hanno introdotto l'uso di questo dispositivo di elettroshock. 
Secondo le indagini effettuate da Amnesty International e dall'agenzia di stampa britannica Reuters, a partire dal 2000, anno di introduzione del taser, sarebbero stati circa 1.000 i morti a causa di questo tipo di pistola. Molti studi medici hanno certificato che per persone con precedenti disturbi neurologici o cardiaci la pistola taser ha rischi mortali. La stessa azienda produttrice americana è stata costretta ad ammettere che nello 0,25% dei casi c'è rischio di morte. Una percentuale allarmante. 

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Emergenza suicidi in carcere, l’ispezione annunciata e quella necessaria

8197402220 564af88270 odi Patrizio Gonnella da il manifesto del 12 agosto 2018

Dopo la denuncia del Garante nazionale delle persone private della libertà il ministro della Giustizia e il capo dell’amministrazione penitenziaria hanno annunciato un’ispezione che faccia luce sui 35 suicidi avvenuti dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane. 

I suicidi in carcere non vanno genericamente strumentalizzati. Sarebbe ingiusto nei confronti di chi fa una scelta così tragica e di chi lavora in prigione. Una persona in carcere è nelle mani dei suoi custodi legali. Non perde però la sua libertà interiore. Molto spesso accade che dopo un suicidio parta la caccia ingiusta al responsabile, spesso identificato nel poliziotto di sezione. Nelle carceri la prevenzione dei suicidi è spesso intesa in senso meccanico. Una volta identificata la persona a rischio le si toglie, non l’intenzione, ma ogni oggetto con cui possa ammazzarsi: lenzuola, asciugamani, cinture. Capita che si lasci quella persona semi-nuda o semi-vestita in cella. Il controllo visivo viene reso asfissiante. Tutto questo accade perché le inchieste giudiziarie sui suicidi sono sempre state dirette a identificare i responsabili del mancato controllo piuttosto che le cause più profonde dello stesso, così alimentando un circolo vizioso che rende la vita del detenuto ancora più difficile. 

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Un 21enne si suicida nel carcere di Viterbo, dove parrebbe non dovesse trovarsi

carcere viterboLunedì scorso nell’ospedale di Viterbo è morto Hassan Sharaf, un ragazzo egiziano di 21 anni, arrivato lì in fin di vita dopo essersi impiccato nella cella di isolamento, dove era stato condotto da poche ore, della locale casa circondariale.

“Quello che chiediamo, dopo questo suicidio, è che si faccia un’indagine approfondita anche alla luce di quanto esposto dal Garante regionale sulle presunte violenze che avverebbero a Viterbo. Quello di Hassan è la terza morte avvenuta in questo carcere nei primi sette mesi dell’anno, la seconda a seguito di un tentativo di suicidio compiuto in isolamento, segno di un malessere diffuso le cui cause devono essere portate pienamente alla luce”. A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. 

“Nel caso specifico di questo ragazzo poi – prosegue Gonnella – c’è da accertare se corrisponda a realtà quanto starebbe emergendo, ovvero che il ventunenne fosse in carcere per un reato commesso da minorenne. Se così fosse avrebbe dovuto essere recluso presso un Istituto di Pena per Minorenni. Anche in questo caso – conclude il presidente di Antigone – andrebbe quindi accertato cosa è accaduto".

Pre rapporto 2018. Attività criminale non in aumento. Cala il numero degli stranieri reclusi, il patto di inclusione paga

Calano gli ingressi in carcere dalla libertà (sono stati 24.380 nei primi mesi del 2018 erano stati 25.144 nel primo semestre del 2017), segno di un’attività criminale non in aumento – come del resto sottolineano le statistiche sui reati commessi – ma continuano a salire i detenuti, anche se di poco, aumentati di circa 700 unità negli ultimi 5 mesi. Al 30 giugno 2018 erano 58.759, 8.127 in più rispetto alla capienza regolamentare. 

È quanto emerge dal rapporto di metà anno sulle carceri della nostra associazione, nel quale abbiamo dedicato ampio spazio anche alla questione stranieri. Non c’è un’emergenza stranieri e non c’è un’emergenza sicurezza connessa agli stranieri. La detenzione degli stranieri in Italia è diminuita di oltre 2 volte negli ultimi 10 anni. Se nel 2008 il tasso di detenzione (numero dei detenuti stranieri sul numero degli stranieri residenti in Italia) era dello 0,71%, al 30 giugno di quest’anno il tasso è dello 0,33%. I detenuti stranieri sono addirittura diminuiti in termini assoluti rispetto al 2008. 

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