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Due scioperi della fame nel silenzio generale

8196398253 b323a88bf7 odi Patrizio Gonnella su il manifesto

Il carcere è sofferenza, solitudine, disperazione. È un grande rimosso sociale. Quando se ne parla ci si affida a stereotipi e banalizzazioni. Non possiamo comprendere cosa sia il carcere per chi lo subisce e per chi lo vive solo attraverso le categorie della politica criminale. Il carcere è afflizione. A volte il carcere è morte. Così è stato nel caso dei due detenuti morti nell’istituto di Augusta. A seguito di un lungo sciopero della fame durato 40 e 60 giorni.

Non possiamo che ringraziare Mauro Palma, Garante nazionale delle persone private della libertà personale, per avere sottratto le loro storie all’oblio dove erano state confinate. Poco sappiamo di loro, nulla sapevamo della loro protesta e delle loro rivendicazioni. Sono morti nel silenzio e in silenzio. Sono morti senza avere l’opportunità di essere ascoltati. Non è importante se le loro richieste fossero o meno legittime.

Nel loro caso non si è creato alcun dibattito. Ogni giorno sono alcune decine i detenuti che dichiarano di fare lo sciopero della fame. A volte aggiungono anche lo sciopero della terapia, così mettendo a rischio le loro vite. Capita che lo facciano per piccole questioni di vita penitenziaria o per grandi rivendicazioni di giustizia. Nell’uno o nell’altro caso, nel giusto o nello sbagliato, meritano ascolto. Sempre.

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Le carceri ai tempi del fascismo

Adele Bei sito«Coi grandi occhi trasparenti neri, per vedere nell’ombra, stai sotto la lampada e senti il tempo vuoto che ti ingombra». E’ questo l’inizio di una poesia di Carlo Levi, medico, pittore, scrittore arrestato a Torino nel 1934. Al confino a Gagliano scrisse Cristo si è formato a Eboli. E al confino di Ventotene Altiero Spinelli, insieme a Ernesto Rossi, scrisse il Manifesto per un’Europa libera e unita. I fascisti, nonostante la loro smania persecutrice, violenta, vendicatrice, non sono riusciti a togliere la voce, il pensiero critico, la voglia di resistenza a tutti i dissidenti imprigionati. 

Ed è incredibile che a più di novant’anni dall’entrata in vigore del codice Rocco, permeato di sotto-cultura fascista, ancora nei tribunali si applichino quelle norme. Abbiamo ancora in vita un codice penale scritto da un giurista illiberale, la cui retorica forbita non ha mai inteso occultare l’ideologia autoritaria del tempo. Ricordava Pietro Calamandrei che «nell’inasprire il sistema penale e penitenziario, il ministro era ben d’accordo col suo padrone». 

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Cospito. Antigone: "demolito ancora un pezzo della ex Cirielli. Ora ci auguriamo il ministro rivaluti il 41-bis per l'anarchico"

cospitoLa sentenza della Corte costituzionale arrivata nella serata di oggi dà ragione alla Corte di assise d'appello di Torino che aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del Codice penale, che non consente che ai recidivi vengano riconosciute circostanze attenuanti prevalenti sulle aggravanti, in modo da consentire una quantificazione della pena adeguata alla minore gravità del reato in concreto commesso. Il caso riguarda Alfredo Cospito ed un suo attentato del 2006 ad una caserma di Carabinieri nel quale nessuno rimase ucciso o ferito, reato previsto dal Codice Rocco di epoca fascista e per il quale, in assenza della possibile valutazione di circostanze attenuanti, la pena prevista è solo quella dell'ergastolo. 
In merito alla questione di costituzionalità Antigone aveva presentato un Amicus curiae a sostegno delle ragioni esposte nella ordinanza di rimessione.   

"Con la sentenza di oggi la Consulta stabilisce definitivamente che la pena deve corrispondere alla gravità del reato. Non è possibile trattare allo stesso modo casi in cui ci sono morti e casi in cui, invece, non ci sono stati neanche feriti" dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "Passo passo - sottolinea ancora Gonnella - la legge ex Cirielli, che era obbrobrio giuridico in evidente conflitto con l'articolo 27, è stata demolita. Ci auguriamo che la rideterminazione della pena, a questo punto conseguente, porti anche il ministro della Giustizia Nordio ad una rivalutazione relativa al regime 41-bis in cui Cospito è attualmente detenuto".

Ergastolo ostativo e 41bis, nel frullatore di Report

Muro carceriINFORMAZIONE. Di fronte alla complessità di un’istituzione come il carcere, al dolore delle storie recluse, a questioni che richiederebbero analisi piuttosto che sentenze, ci vorrebbe cautela

di Patrizio Gonnella su il manifesto del 5 aprile 2023

Di fronte alla complessità di un’istituzione come il carcere, al dolore delle storie recluse, a questioni che richiederebbero analisi piuttosto che sentenze, ci vorrebbe cautela. Quella cautela in poenam di cui ha scritto e parlato papa Francesco a proposito dell’uso della galera. Lo scorso lunedì è andata in onda una puntata di Report che trattava di regime 41 bis, di trame nere nelle carceri, di ergastolo ostativo e varie altre cose. Lo spettatore ignaro dei fatti, del diritto, della storia penitenziaria e criminale del paese ne esce sconvolto: sembra, ripeto sembra, a seguito di una ricostruzione palesemente allusiva, che i giudici della Corte di Strasburgo sui diritti umani, i professori di svariate università italiane, i magistrati di sorveglianza (questi ultimi in quanto incompetenti), la ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, siano tutti più o meno manovrati, taluni inconsapevolmente, dalla mafia. Una tesi che ha dell’incredibile. Non c’è lo spazio per smontare e confutare buona parte delle cose dette o evocate nel servizio. Mi soffermo su una delle questioni sollevate: l’ergastolo ostativo. 

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Tortura. Antigone: "Fratelli d'Italia dalla parte di chi tortura. Meloni dica da che parte sta"

tortura smcv"Voler abrogare questa legge perché esistono i torturatori è al pari del voler abrogare il reato di omicidio perché esistano gli omicidi, il furto perché esistono i ladri". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, in merito alla proposta di legge avanzata alla Camera dei Deputati da Fratelli d'Italia, il partito della Premier Giorgia Meloni, che mira ad abrogare la legge che punisce la tortura.   

"Dopo la sua introduzione nel codice penale italiano risalente al 2017, quasi trent'anni dopo che l'Italia aveva ratificato la convenzione delle Nazioni Unite, questa legge è stata utilizzata dai magistrati per perseguire le condotte violente che avvengono ai danni di persone sottoposte alla custodia dello Stato. Tutti - ricorda Gonnella - abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini di Santa Maria Capua Vetere, definita una mattanza dagli inquirenti, o di San Gimignano (per le quali diversi agenti e 1 medico sono stati condannati). Non avere questa legge significa garantire impunità a queste persone. Oltre 200 sono quelle attualmente indagate, imputate o già condannate per fatti che riguardano torture avvenute nelle carceri italiane". 

"La tortura - prosegue il presidente di Antigone - è un crimine contro l'umanità, uno dei crimini per cui anche la Corte Penale Internazionale può perseguire dittatori e criminali. Voler abrogare la legge, cosa che finora non ha fatto nessun paese al mondo, è un affronto alla legalità, all'intelligenza, alla sicurezza delle persone ed è un'offesa anche per quella grandissima parte delle persone che lavorano nelle forze dell'ordine e sono rispettose dei diritti. Va infine ricordato che proprio per l'assenza di questa legge e quindi per l'impunità garantita ai torturatori, l'Italia fu condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per le torture avvenute nel carceri di Asti, nella caserma di Bolzaneto e nella scuola Diaz". 

"Chiediamo alla Presidente del Consiglio Meloni - conclude Gonnella - di dire come la pensa su questo tema e se per lei sia meglio abolire la tortura come reato o fare in modo che si aboliscano le torture come prassi".

Carceri. Antigone: "il CPT sottolinea cose che ribadiamo da tempo. Il governo metta il carcere tra le priorità"

8196398253 b323a88bf7 o 1Tra la fine di marzo e i primi giorni di aprile del 2022 il Comitato Europeo per la Prevezione della Tortura (CPT) del Consiglio d'Europa ha svolto una visita in Italia dove, tra le altre strutture, ha visitato anche quattro carceri: San Vittore a Milano, l'istituto di Monza, il Lorusso e Cutugno a Torino e Regina Coeli a Roma. "Quello che emerge nel rapporto pubblicato questa mattina - sottolinea Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - è in larga parte coerente con la situazione che Antigone denuncia da tempo e che avevamo avuto modo di manifestare durante la consultazione che avemmo con la delegazione, nonché con le proposte che da noi arrivano per una riforma del sistema penitenziario che guardi alla pena come elemento di risocializzazione della persona". 

Innanzitutto, quello che emerge dal report, è la situazione di sovraffollamento strutturale del sistema penitenziario italiano che, al momento della visita degli esperti del CPT, ammontava al 114%. Una situazione per cui il CPT ha ribadito la necessità di adottare una strategia coerente che possa assicurare che la detenzione sia veramente la misura di ultima istanza. "Da tempo Antigone chiede un incremento delle misure alternative, sottolineando come ci siano migliaia di detenuti con pene brevi, che ben potrebbero accedere a percorsi diversi dalla detenzione in carcere. Inoltre, da tempo, chiediamo che su alcuni temi, ad esempio quelli legati alle politiche sulle droghe, si proceda a una serie di depenalizzazioni così da affidare le persone con dipendenze a un percorso di cura e non a un percorso penale e detentivo" dichiara Gonnella. 

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Condanne per tortura a San Gimignano. Antigone: "una sentenza che restituisce giustizia in un caso riconosciuto di tortura"

16616189218 441c0ed5e5 oAltre 5 condanne per le torture avvenute nel carcere di San Gimignano. Ad essere condannati con pene da 5 anni e 10 mesi fino a 6 anni e mezzo, per torture, falso e minaccia  aggravata sono alcuni agenti penitenziari che erano in servizio in quell'istituto. Condanne, in questo caso con rito ordinario, che seguono alle 10 che avevano interessato agenti di polizia penitenziaria i quali avevano scelto il rito abbreviato. Per loro le pene erano state dai 2 anni e 3 mesi ai 2 anni e 8 mesi. Antigone è costituita parte civile. 

"Abbiamo lottato tanto negli anni affinché fosse approvata una legge che punisse la tortura e, ora che la abbiamo, ci rendiamo conto di quanto fosse necessaria per consentire di chiamare tortura ciò che prima non aveva dignità nelle aule di giustizia", a dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "Nei giorni successivi all'avvio delle indagini, l'attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Salvini andò fuori dal carcere per dirsi sempre e comunque dalla parte degli agenti penitenziari. Crediamo invece che per essere dalla parte di tutti quegli operatori che lavorano nel rispetto delle leggi e del loro mandato si debba perseguire chi abusa del proprio ruolo e della disparità di potere nelle carceri, convinto dell'impunità che un luogo chiuso, lontano dagli sguardi, possa garantire. Fortunatamente, negli anni, sempre più persone – non solo i detenuti ma anche la stessa Amministrazione Penitenziaria - hanno iniziato a denunciare questi fatti, permettendo di aprire indagini e giungere a condanne. Allo stesso tempo contro la deriva della violenza, che va sempre condannata, è necessario investire in un modello penitenziario innovativo, moderno e rispettoso dei diritti fondamentali. Inoltre bisogna investire risorse per la gratificazione dello staff che si muove nel solco della legalità." 

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Cutro. Antigone: "non è con l'aumento delle pene che si affrontano le questioni sociali e umane"

cutroTra tutte le azioni che, all'indomani del naufragio di Cutro, il governo poteva intraprendere, quella dell'aumento delle pene per i cosiddetti scafisti è sicuramente la meno utile. Le pene non sono mai un deterrente. Lo abbiamo visto in tanti casi, anche recentemente. Negli anni della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, consumi e traffici non diminuirono, ma aumentarono esponenzialmente le persone detenute, con costi economici e sociali altissimi. E' ancora meno un deterrente quando vogliono andare a colpire le catene ultime delle filiere criminali, persone - appunto i presunti scafisti - che accettano di mettersi in mare, su imbarcazioni di fortuna, rischiando a loro volta la vita, e che una volta arrivati sanno di poter essere tratti in arresto. Persone che non conosceranno in molti casi neanche una parola di italiano e non sapranno certamente se la pena che li aspetta possa essere di uno, cinque, dieci anni. E non si faranno probabilmente fermare da questa incertezza.

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Presentato oggi il primo rapporto di Antigone sulle donne in carcere

Rapporto DonneDi carcere si parla poco in generale. Di carcere al femminile si parla ancora meno, perché le donne sono poche, poco più del 4% del totale dei detenuti, e lo sono nel tempo (i dati sono simili da decenni) e nello spazio (in tutto il mondo le donne in carcere sono poche).

Con il nostro Rapporto abbiamo voluto innanzitutto accendere un faro su questo tema troppo spesso in ombra. Nei mesi scorsi abbiamo visitato tutte le carceri femminili, le sezioni femminili ospitate in carceri maschili, le carceri e sezioni femminili minorili, le sezioni per donne detenute trans in carceri maschili. Raccontiamo questi luoghi uno a uno, per far emergere uno spaccato di vita che non può ridursi, nelle sue peculiarità socio-giuridiche e nei suoi bisogni specifici, al carcere maschile.

Le donne hanno esigenze specifiche che vanno affrontate. Per questo chiediamo l'istituzione di un ufficio che si occupi solo di detenzione femminile all'interno del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. È solo una di dieci proposte che lanciamo nel Rapporto come frutto della nostra osservazione diretta. Nella convinzione che la gestione della detenzione femminile, con le sperimentazioni che può portare vista la scarsa pericolosità criminale e penitenziaria delle donne in carcere, potrà portare a un nuovo modello generale di detenzione anche per gli uomini, più aperto al territorio circostante e più vicino al dettato costituzionale di una pena diretta alla reintegrazione nella società.

LEGGI IL RAPPORTO

LA CARTELLA STAMPA

LA CARTELLA STAMPA IN INGLESE 

Ministro Nordio, ecco cosa va cambiato nel 41 bis

Carcere italiano chiavedi Patrizio Gonnella su il manifesto del 26 febbraio 2023

La decisione della Cassazione su Alfredo Cospito ributta la palla nel campo della sfera politica, dove sin dall’inizio essa vagava. Molto di quello che potrebbe accadere (o non accadere) di tragico nei prossimi giorni è nelle mani e nella coscienza del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Potrà sempre in autotutela decidere di revocare il regime di cui all’articolo 41 bis, secondo comma, dell’Ordinamento Penitenziario e determinare lo spostamento di Cospito nel regime di AS1 dove ci sono i soli detenuti declassificati dal regime durissimo di 41 bis. 

L’ho qualificato durissimo per distinguerlo dal regime penitenziario AS1 che è a sua volta duro. Tutto il dibattito pubblico sul 41 bis sembra spingere verso la narrazione di una vita in carcere che sia solitamente ben poco afflittiva e che giustifichi l’adozione di misure particolarmente severe in un caso come quello del detenuto anarchico. 

Non è così. Affermarlo significa non conoscere la realtà penitenziaria. Dall’inizio dell’anno sono già morte venti persone nelle prigioni italiane ed è dovere morale, prima ancora che giuridico, evitare che a breve ne arrivi una ventunesima. 

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